Ora che è un sequel bell’e fatto, vale la pena metterlo in chiaro subito: tra il primo e il secondo Blade Runner meglio non fare paragoni. Non è possibile, né sono utili, esclusi i nostalgici rimandi voluti da Villeneuve sui tasti di un pianoforte o tra le pieghe di un origami. Salti pure se Deckard sia o no un replicante, ognuno ha la propria risposta ed è giusto tenersi questa.
Oggi siamo lacrime di una pioggia ancora più incessante e copiosa, un fluido ancestrale di connessioni umane ed extra umane, tonante (anche troppo) nella musica di Zimmer e nel lapidario incipit di un Bautista che sottende il miracolo.
Ancora una volta la storia apre sul rifiuto di essere schiavi. Eppure quando pensi che nient’altro possa essere aggiunto o scalfito, ci si aggancia a un “prodigio” che stravolge la genetica.
Abbandonato il neon-noir della Los Angeles di Ridley Scott, la visione di Villeneuve volge in atmosfere più ostili e fosche, dove i sopravvissuti dimorano tra due parti di un segreto e l’amore di ieri sfiora gli ologrammi di oggi. Ruotiamo attorno a Gosling e si sapeva, ma tutto è più esasperato, robotizzato, nascosto nel sottosuolo dei nuovi ribelli. 2049 a volte spiega troppo, dilata un frammezzo fino all’estremo, sintetizza un personaggio come Wallace (Leto) rischiando il trapasso da concetto a pura fruizione filmica, ma ti ripaga nella forza muscolare dell’intenzione. Nei gesti dosati e nelle tessere certosine di un labirinto che collega trame e albori.
Nel ripristino del mondo 35 anni dopo non mancano i marchi, i simboli, la grandezza visiva di panoramiche autoriali. Deckard ha passato il testimone a K, K si chiama Joe e sembra destino di un’attuale alienazione kafkiana (il Josef K de Il processo).
Villeneuve se l’è guardate bene le versioni di Scott e ha capito che prima del cult c’è stata una direzione precisa, accennata quanto bastava per scorrere nelle vene del cinema senza alcuna “data di ritiro”. È dal subbuglio degli esseri sintetici che cristallizza quel dolore che noi umani non possiamo immaginare, dando identità ad un sequel-omaggio, evolvendo i motivi che muovevano i Replicanti di Houer e mandando a caccia il successivo creatore.
Nessuno raggiungerà mai l’archetipo, ma gli si deve dar credito d’aver attualizzato l’inattuabile in un’opera di straordinaria tempra umanista. Di aver approfondito un capolavoro primigenio senza risucchiarlo in una moderna landa fantascientifica. Blade Runner 2049 lascia più strati di indagine, persino sul volto di Gosling, immerso nel torpore del suo paradosso emotivo. Ford raccoglie i pezzi in una buona interpretazione drammatica, al filo di Arianna si arriva prima della regia, ma pazienza.
Sebbene fosse quasi tutto scritto: scenari dentro archivi di Voight-Kampff, memorie impiantate, emozioni non vissute, questioni ontologiche, rischi epistemologici, perenne inquietudine del non sapere quanto sia vero ciò che sentiamo, quando ritornano le note di Vangelis pare tutto ancora un sogno.
Perché non si è trattato di svelare un dubbio, né di ridisegnare la genesi di una guerra tra divino e materico. Abbiamo sfiorato solitudini connesse col mondo e sconnesse con la vita. Abbiamo assistito alla sconfortante ricerca di un’anima, all’impossibile risposta scientifica e a un senso apocalittico di rilascio.
Essere vivi non significa vivere. Se non è futuro questo…
BLADE RUNNER 2049: TRAILER
SCHEDA FILM:
Titolo: Blade Runner 2049
Regia: Denis Villeneuve
Sceneggiatura: Hampton Fancher, Michael Green (Basato su Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick)
Cast: Ryan Gosling, Harrison Ford, Ana de Armas, Jared Leto, Sylvia Hoeks, Robin Wright, Mackenzie Davis, Dave Bautista
Musiche: Hans Zimmer, Benjamin Wallfisch
Genere: fantascienza
Durata: 162′
Distribuzione: Warner Bros.
Nazione: Usa
Uscita Ita: 5 ottobre 2017
VOTO: 7-
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