50 Primavere
Regia: Blandine Lenoir; commedia/drammatico; Francia, 2017.
Interpreti: Agnès Jaoui, Thibault de Montalembert, Pascale Arbillot, Sarah Suco, Lou Roy-Lecollinet, Philippe Rebbot.
Ore 21,10; Rai Movie, Canale 24; durata: 89’
Inutile negarlo: secondo un comune atteggiamento culturale esiste una specifica età nella vita di una donna a partire dalla quale essa è considerata sessualmente sempre meno attraente e nella quale diventa difficile anche trovare lavoro: insomma un vero e proprio pregiudizievole punto di partenza verso il declino. Così realizzare una commedia accattivante e brillante su una cinquantenne, per giunta sola e con due figlie, che perde il lavoro, non era impresa facile. Invece la regista Blandine Lenoir, al suo secondo lungometraggio, ci è riuscita perfettamente.
50 Primavere è una commedia romantica che affronta tabù e dona originali spunti di riflessione. Girata a La Rochelle, nella provincia francese, sull’Oceano, il film narra le vicissitudini di Aurore (Agnès Jaoui), una donna vera, sia per le forme – esaltate raramente in modo positivo al cinema – che per carattere: un misto di fragilità e forza che rendono autentico e credibile il suo personaggio. Il suo mondo è reale, fatto anche di discriminazioni sociali, debolezze, litigi e incomprensioni familiari, ma questa bella e fiera signora di mezza età, non si arrende facilmente, e strizzata in gonne di pelle e golfini colorati, ci mostra come se ne può uscire ugualmente vincenti.
Blandine Lenoir aveva già affrontato argomenti del genere, accanto al legame tra le diverse generazioni, in Zouzou, il suo primo lungometraggio. Anche stavolta si focalizza più sui personaggi che sulla storia, e la solidarietà femminile ne esce protagonista, in una carrellata di protagonisti buffi, divertenti, sorprendenti: l’impiegata di un ufficio di collocamento che non finisce mai le frasi, l’ottuagenaria ospite di una casa di riposo reduce da un amore sensuale e travolgente, la migliore amica di Aurore, la spiritosa e intraprendente Mano (Pascale Arbillot). Anche i rapporti madre/figlia sono affrontati con sensibilità ed umorismo, in particolare la “sindrome del nido vuoto”, cioè il delicato momento in cui i figli, ormai adulti, vanno via di casa.
Nel film è stata inserita una vera intervista all’antropologa etnologa femminista Francoise Héritier che spiega come fino a poco tempo fa, una volta raggiunta la menopausa, l’esistenza di una donna diventava di colpo priva di significato, non essendo più il suo corpo utile per fare figli. Il discorso dell’emancipazione femminile da stereotipi e ruoli socialmente imposti sta diventando sempre più rappresentato al cinema, spesso grazie a registe donne, che sanno imporsi per accuratezza della narrazione, punti di vista non scontati e una buona dose di ironia. Due esempi sono il film Bad Moms o la serie I Love Dick.
Forse alla nostra protagonista, non tutto va per il verso giusto, ma l’anima di Aurore non smette di sognare, desiderare, ascoltare la musica, amare la vita. Secondo le parole della stessa regista: “non è l’innamoramento che la salva, è grazie al fatto che ritrova la sua dignità che è in grado di innamorarsi di nuovo”.
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