Un libro prezioso e insieme un’esperienza immersiva, per l’appassionato di cinema e televisione, e per chi saprà cogliere l’invito dei due autori di tornare con l’immaginazione sui banchi di scuola. “Andare a scuola a Hollywood”, scritto da Massimo Benvegnù e Mattia Bertoldi, ci accompagna dentro e fuori le aule delle “High School” e dei “College”, in quegli ambienti che il cinema stelle strisce e la televisione hanno fatto conoscere e favoleggiare come qualcosa in grado di plasmare desideri e attitudini, regalando sogni agli studenti di casa nostra, ovverosia a tutti coloro che leggendo le pagine del libro edito dalla torinese Las Vegas potranno ritrovarsi.
Non si trascura alcun aspetto saliente dell’argomento, in queste pagine avvolgenti, che si leggono come il diario di due appassionati meticolosi, in grado di regalarci momenti gustosi, di illuminare con la scrittura il momento magico del ricordo attraversato da una nota illuminante quando non dalla nostalgia. Un testo che si può leggere tutto d’un fiato, ma che consigliamo di gustare come il confronto tra i modelli culturali proposti dalle scuole americane e quelle nostrane: universi di cui i due autori dimostrano di conoscere aspetti noti e meno noti, ripercorrendo volti e situazioni, tra cui secchioni superstar, attimi fuggenti, atleti, sbruffoni, mascotte, scampagnate dentro le aule e tra i campus. “Andare a scuola ha Hollywood” assolve allora a un triplice compito.
In primo luogo, il libro è un prontuario, pratico e ragionato, dei moltissimi incontri in cui è facile incappare frequentando le aule del cinema e della televisione negli Usa, portati come pietra di paragone non sempre e necessariamente illuminante a confronto con le scuole italiane. In secondo luogo, il libro è un racconto lucido, di come intellettuali, spettatori, media, giornalisti e opinionisti abbiano compreso o più facilmente travisato le regole e le abitudini della vicenda scolastica “vista” attraverso il cinema statunitense e i telefilm. Infine, si tratta di un libro che spazia in campi limitrofi alla scuola, con note pungenti in grado di suggerire momenti di riflessione. Un aspetto, quest’ultimo, che lo rende particolarmente consigliabile agli studenti ma soprattutto a chi intenda rispolverare le aule e il mondo scolastico come territorio del mito, come una cultura che è stata a sua volta oggetto di strali e revisioni.
Gli autori quindi, entrambi bravi conoscitori della materia, nell’inquadrare con minuzia il loro tema (davvero sfaccettato) e proponendosi auto-ironicamente come conseulor, non perdono il gusto di raccontare salvaguardando un aspetto autobiografico, perché questa radiografia dei film, dei personaggi e delle scuole, è prima di tutto un patrimonio culturale trattato con affettuosa e ironica competenza, nella consapevolezza che il cinema statunitense e l’industria culturale hanno saputo convogliare le infinite tensioni sociali assorbendo alto e basso, film d’autore e intrattenimenti più scanzonati. I due autori sono al contempo spettatori di un’epoca e fini analisti, ma il bello di un libro che reca come sottotitolo “High School, college e altri disastri dell’educazione sul piccolo e grande schermo” è nella schiettezza competente in grado di raccontare con tono arguto tutto un modo di propagare la cultura. Naturalmente nel libro non si nasconde l’attenzione degli stessi autori, e di numerosissimi lettori-spettatori, rivolta nel tempo a figure entrate di diritto nell’immaginario, come il Bluto Blutasky/John Belushi di Animal House, film capace di rivendicare il diritto degli studenti a rimanere anche fuori da rigidi schemi. Così come non è possibile dimenticare il modello pedagogico fornito da Peter Weir e Robin Williams ne L’attimo fuggente, punto d’avvio per altre situazioni più o meno pedagogiche in copiosi film e telefilm. Più in generale, i modelli scolastici divengono nel saggio dei due autori uno spaccato della cultura stelle strisce e anglosassone che noi spettatori abbiamo potuto intravvedere e magari sognare, importando usi e tendenze, nell’evidenza che dalle nostre parti quella cultura non ci apparteneva, almeno non più di tanto, e tutto un cinema “scolastico” italiota era costruito su altri fronti di stereotipi e personaggi tipici (gli autori non dimenticano di citare la lunga serie di commedie sexy che, definite figlie impure dell’Amarcord felliniano e del Decameron pasoliniano, invasero gli schermi del cinema e delle tv private degli anni Settanta in poi, trovando spesso nell’ambientazione scolastica un cast impegnato in situazioni boccaccesche).
Un confronto di culture, quello inquadrato dal libro, grazie a cui Benvegnù e Bertoldi invitano a riscoprire, come in un gioco per il lettore, riferimenti, personaggi, punti di vista anche sorprendenti, regalando una lettura stimolante ed esaustiva.
“Andare a scuola a Hollywood”, un libro di Massimo Benvegnù e Mattia Bertoldi, Las Vegas Edizioni, Torino, euro 14,00, pp. 160, www.lasvegasedizioni.com
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