Secondo lo scrittore e filosofo francese René Guénon, la terra era, in un tempo remotissimo, popolata da creature inimmaginabili, esseri simili agli umani la cui esistenza oggi è ritenuta impossibile, e che sopravvivono solo nell’immaginario onirico e nel mito: giganti, elfi, ninfe, sirene… Ed è proprio questa forse la chiave del problema. Infatti il medico rinascimentale Paracelso, che credeva nell’esistenza degli esseri elementali, ovvero appartenenti ai vari elementi (terra, aria, fuoco, acqua) affermava che solo la fede, sia in Dio che nella certezza della loro presenza, in quanto manifestazione dei miracoli divini, potesse renderli visibili ai nostri occhi. Insomma, credendo vides: “credendo riuscirai a vedere”. Ma nella moderna visione iper materialista e scientista, nessuno ha più fede nella magia del mondo.
Tra le tante creature meravigliose di cui si narra, un posto d’onore spetta alle sirene, che hanno come elemento naturale l’acqua, la cui immagine e mito è trasversale a molteplici culture disseminate nel mondo. Nell’Odissea, queste donne ammaliatrici, erano alate. Guai a perdersi nel loro canto. Il navigante non avrebbe fatto ritorno.
L’arte ha ritratto più volte le abitanti degli abissi marini, fino a che l’immagine occidentale della sirena non è stata stigmatizzata con precisione. Essa cerca di attrarre gli uomini, vuole la loro compagnia e volentieri si mostra a chi le piace. La ragione è semplice: desidera possedere un’anima che, in quanto abitante degli elementi, non ha. La sirena vuole amare ed essere amata, ed è una vera donna sotto ogni aspetto, sia fisico che intellettivo. Ma solo l’amore fedele e ricambiato potrà dotarla di una vita oltre la morte.
La letteratura e più tardi, l’arte cinematografica, hanno attinto a piene mani da queste antiche credenze, ricche di poesia e mistero. L’aristocratico francese Friedrich de la Motte Fouqué, in pieno romaticismo, scrisse “Ondina“, la storia di uno spirito dell’acqua, figlia del re del mare, innamorata di Uldebrando, un nobile cavaliere che sembra incarnare ogni qualità. Ma la tragedia è in agguato: l’uomo le sarà infedele e pagherà il tradimento con la morte, che la sirena gli dispenserà con un bacio fatale.
Non a caso il titolo del film di Christian Petzold, uscito nel 2020, è proprio “Undine“, presentato in concorso al 70º Festival di Berlino, dove la protagonista, Paula Beer, ha vinto il premio per la miglior attrice. La vicenda narrata è infatti quella di Ondina, rivisitata in chiave moderna. L’amore che muore e rinasce in eterno è anche la storia della città di Berlino, descritta nei suoi stadi evolutivi. Antichità e modernità si affiancano, si confondono, esattamente come il passato e il presente, in questo film tedesco incantevole e inaspettato.
La sirenetta, di Hans Christian Andersen, è la notissima fiaba triste (come quasi tutte quelle dello scrittore danese) che la Disney ha trasformato a suo piacimento (come sempre fa). Ma quanto è commovente la storia della più giovane delle figlie del Mare, che per amore rinuncia a tutto, alla sua vita acquatica, al suo regno, anche alla sua voce, pur di restare accanto al ragazzo che ama? L’epilogo drammatico svela che, anche in questo caso, l’uomo non le sarà fedele. Ma l’unione tra umano ed elementale è assai rischiosa, come afferma lo stesso Paracelso nel favoloso e introvabile “Liber de nymphis, sylphis, pygmaeis et salamandris”. Abbastanza simili per attrarsi ma troppo diversi per riuscire a rimanere insieme: nè con te, nè senza di te.
François Truffaut, il re dell’amour fou, ne avrebbe fatto un film, ed infatti il titolo originale de La Mia Droga si chiama Julie è La Sirène du Mississipi, tratto da un racconto di Cornell Woolrich. Catherine Deneuve è una bellissima incantatrice, bugiarda ed assassina, che fa perdere la testa al semplice Belmondo. Il quale, però, ha perlomeno il buon gusto di amarla senza remore e per questo (forse) si salva la vita. Il mare non c’è, ma i due si muovono nel finale nel mezzo di una neve fittissima, che altro non è se non acqua solida, ghiacciata e cristallina.
Infine, impossibile non menzionare tre capolavori letterari. Il primo è il racconto La signora del mare, del grande scrittore di fantascienza H. G. Wells: una sirena arriva sulle coste inglesi con l’intenzione di sedurre l’uomo di cui si era invaghita anni prima. Il giovane, in procinto di sposarsi, le cadrà tra le braccia. Non finirà bene.
Il secondo racconto è forse tra i più belli che siano mai scritti: La sirena di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. L’autore de Il Gattopardo ci svela i ricordi di gioventù di Rosario La Ciura, professore in pensione, illustre grecista, il quale, un tempo, amò una sirena, Lighea. Il racconto, fatto ad un giovane che si muove con spensierata superficialità tra umanissimi amori libertini, segna ancora più fortemente il confine abissale tra l’umanità e coloro che non sono figli di Adamo, trasportandoci in una passione sopraterrena, divina, animalesca e degna degli antichi dei: un amore impossibile da dimenticare che segnerà ogni istante della vita del siciliano professor La Ciura, fino all’ultimo dei suoi giorni.
Infine, Oscar Wilde, elegantissimo ribelle, scrive “Il Pescatore e la sua anima” nella raccolta di fiabe per i suoi bambini, e rimanda al mittente la tanto ambita salvezza ultraterrena. Il pescatore, pur di rimanere accanto alla sua piccola e amata sirena, osteggiato e criticato da preti e benpensanti, che considerano pagano e malefico il popolo del mare, si libera della sua anima tagliandone l’ombra con un coltello, di notte. Perchè l’amore è il dono più grande e non conosce la paura, neppure della morte.
Un film che non rende la sirena macchietta o pretesto cinematografico per una storiella rosa o adolescenziale è senz’altro The Lady in the Water, del 2006, diretto da M. Night Shyamalan. Qui la sirena, che è uno spirito dell’acqua, non reca morte o vendetta, tantomeno passione amorosa. Di certo però movimenta la vita di un tranquillo condominio di Philadelphia e del suo custode tuttofare (Paul Giamatti), donandole molta suspance. Come nella poetica di Shyamalan, il protagonista, non propio fortunato nella vita, avrà il suo riscatto. Notevole è la delicatezza con la quale viene ritratta la ninfa acquatica che è al centro della vicenda: una Bryce Dallas Howard nuda, inerme e pallidissima, che resta una fragile dea anche nella piscina condominiale.
Insomma, le sirene esistono, o sono realmente esistite? Se l’uomo è ciò che pensa e soprattutto quello in cui crede – secondo la sapienza alchemica – la risposta dei poeti, degli scrittori e degli artisti, anche della pellicola, è: sì. Come esistono fenomeni attorno a noi che non siamo in grado di vedere, così esistono creature magiche – la magia non è altro che la capacità di riconoscere nella Natura l’alfabeto di Dio e l’uomo è la sua parola – alcune delle quali vivono nelle profondità del mare e vengono chiamate sirene.
Saremo abbastanza affascinanti, conoscitori delle lingue antiche (i rimandati al liceo classico e i promossi con sei meno sono già tagliati fuori), o dotati di poteri spirituali così profondi, da attirare la loro attenzione e spingerli a mostrasi a noi? La verità è che non sono loro a non esistere, siamo noi che non esistiamo più, persi in un’inesorabile stolida mediocrità, resi incapaci di vedere oltre, per loro, eterni abitanti del cielo, dell’aria e dei mari.
Simone dice
Articolo bellissimo!
Emanuela Di Matteo dice
Grazie! 🙂