“L’Italia è in fortissimo ritardo su questi temi – così inizia il suo intervento – è l’unico grande Paese europeo che non si è dotato di una legge contro i crimini d’odio. Voglio chiarire: il ddl Zan non è una legge che tutela le minoranze, è una legge che tutela tutti contro ogni forma di discriminazione. Le donne in Italia sono in cima alla piramide d’odio, ad esempio. C’è una direttiva europea del 2012 alla quale tanti Paesi in questi anni si sono adeguati. L’Italia non l’ha fatto. Come noi ci sono Paesi come la Polonia o l’Ungheria che non sono proprio esempi di civiltà giuridica”.

Il rischio è l’affossamento, lo dice senza mezzi termini Alessandro Zan: “Il testo – dice – è fermo al Senato perché molti senatori hanno presentato degli emendamenti. Se dovesse essere modificata al Senato, la legge dovrà tornare alla Camera ed il rischio è il binario morto. Il primo tentativo è stato fatto nel 1996, poi altri cinque tentativi falliti e questo è il sesto. Capite bene il mio senso di angoscia”. Eppure, si tratta di una legge di cui l’Italia ha davvero bisogno, spiega Zan: “ Ogni giorno – ha detto – ci sono episodi frequentissimi di violenza e di aggressione. Una legge non risolve tutti i problemi, certo, ma darebbe il là ad una rivoluzione culturale. Significherebbe che lo Stato non accetta che nessun cittadino possa essere discriminato per ciò che è. Sarebbe un messaggio fortissimo e darebbe una svolta ad un Paese con sacche di patriarcato e di sessismo molto forti. Si farebbe un salto di qualità davvero importante”.
Il ddl Zan è molto atteso, in particolare dai giovani: “Le nuove generazioni – ha detto il deputato – sono molto attente a questi temi. Nella politica italiana, invece, i diritti civili vengono considerati quasi come un corollario. Al contrario sono la cartina di tornasole dello stato di salute di un Paese. Laddove i diritti vengono riconosciuti tutti si sentono parte della comunità. Laddove tutti hanno le stesse opportunità si va insieme verso una direzione positiva. Non è un caso che si viva meglio dove vengono riconosciuti i diritti civili. Il fatto che rispetto al ddl Zan il dibattito sia molto acceso da un lato dimostra l’arretratezza – perché se si ascoltano alcuni senatori sembra di essere in Polonia – ma dall’altro lato si capisce quanta attenzione ci sia da parte dei giovani, della generazione Z. Riuscirete a cambiare il mondo, di questo ne sono certo, da Giffoni e non solo da qui”.

Zan sa di dover adesso difendere con i denti il Ddl che porta il suo nome perché la dinamica parlamentare non lo condanni a morte: “Viviamo dentro una specie di schizofrenia parlamentare – ha spiegato – Abbiamo costruito un testo condiviso dove l’articolo 4 non c’era perché non è nient’altro che l’estensione a tutte le altre ipotesi discriminatorie di un articolo già vigente. Una parte del Parlamento, in particolare i parlamentari di estrazione cattolica, è preoccupata che questo articolo possa limitare la libertà di espressione delle persone. Io non lo avrei messo ma nella mediazione parlamentare si deve arrivare ad un punto di incontro. In tutte le mediazioni, però, il limite è rappresentato dalla dignità delle persone che non può essere lesa così come non ci possono essere discriminazioni in una legge che vuole essere anti discriminatoria. Ora al Senato si sostiene che l’articolo debba essere tolto. Con i senatori vicini mi sono arrabbiato. Con gli emendamenti si corre il rischio di riportare la legge alla Camera. Abbiamo poco tempo per approvarlo. Ci sarà il Recovery, ci sarà la sessione di bilancio, le sedute comuni per l’elezione del Presidente della Repubblica. Insomma, non c’è tanto spazio”.
La tecnica è nota ed è quella dell’ostruzionismo: “Salvini – ha aggiunto Zan – ha detto: troviamo dieci minuti per approvare la legge. Poi però la Lega presenta quasi settecento emendamenti. E’ una contraddizione. La battaglia sarà dura ma credo che ce la faremo. Confido però che ci sia un senso di responsabilità. Il Paese è molto avanti, il Senato meno, ma credo che ci sia la possibilità di farcela. Sarà una battaglia complicata ma possiamo vincerla”.
Lo scoglio è culturale, questo è ovvio. Ci sono retaggi da superare: “In questo caso – ha raccontato Zan– non si è mossa la Cei, si è mossa la diplomazia vaticana, con l’obiettivo di far ritirare il ddl perché sarebbe in contrasto con il Concordato. Una cosa iperbolica. Poi il Vaticano ha fatto un passo indietro. Secondo me il problema non è la Chiesa, il problema è lo Stato. Ho apprezzato molto la risposta del Presidente Draghi che ha ribadito come il nostro non sia uno Stato confessionale e che nel nostro ordinamento esistono tutte le garanzie per il rispetto degli accordi internazionali, compreso il Concordato. È questa la risposta che deve dare uno Stato laico. Voglio anche aggiungere che dal mio punto di vista una legge che combatte le discriminazioni dà un messaggio cristiano. Poi c’è anche una Chiesa attenta al sociale e che è d’accordo con il ddl Zan, che ne è favorevole all’approvazione”.
L’incontro, molto apprezzato dai ragazzi, si è concluso con la consegna ad Alessandro Zan della Riggiola d’autore di Giffoni. Presente in sala Pietro Rinaldi, presidente dell’Ente Autonomo Giffoni Experience. In rappresentanza dell’amministrazione comunale di Giffoni Valle Piana, il consigliere comunale Vincenzo Cavaliero: “In aula – ha detto – abbiamo approvato una richiesta indirizzata al Parlamento italiano perché si proceda quanto prima è possibile all’approvazione della legge. Sono certo che tra vent’anni questo testo farà ridere i nostri nipoti perché sarà superata”.
C’è l’elogio della creatività e quello della diversità nelle parole di Riccardo Nencini, presidente della Commissione Pubblica Istruzione e Cultura del Senato, oggi ospite di #Giffoni50Plus. Fuori dall’aplomb istituzionale, Nencini incontra i ragazzi di Giffoni IMPACT! con grande partecipazione emotiva.

L’invito è a non perdere mai l’autonomia di pensiero, a coltivare il dubbio, a mescolarsi con chi esprime una diversità: “La rappresentazione del nemico – ha detto – è sempre coincisa con ciò che è diverso. Non esiste, però. alcuna possibilità di creare una civiltà se non c’è sinergia e se non ci si mescola. Immaginate che noia vivere mescolandosi con chi la pensa sempre come te. Sarebbe un mondo noiosissimo. La divisione in comparti non funziona mai. Funziona, invece, l’esperienza che sa avere più sfaccettature. La si conquista con lo studio, con la capacità di mescolarsi con chi non la pensa come te. Se ti nascondi nella folla, le tue caratteristiche non emergeranno mai. Nella folla si perde la capacità di un pensiero autonomo. Meglio essere politicamente scorretti che perdere l’autonomia del proprio pensiero”.
E poi un accoratissimo ai ragazzi: fatevi valere, ha detto, fate sentire la vostra voce, insistere perché i vostri diritti siano riconosciuti. Al riguardo un paio di esempi: “ Chiedete con forza– ha detto – che le leggi vigenti vengano applicate. C’è una norma tra le più inapplicate d’Italia: la 717 del 1949 che prevede che in caso di lavori pubblici il 4% delle risorse utilizzate debba essere dedicato all’abbellimento. Significa dare opportunità alle nuove generazioni che spesso si occupano di creatività, di arte, di bellezza”.

E, poi, la promozione dei creativi: “ Va data loro – ha aggiunto il senatore Nencini – un’opportunità. Bisogna investire su di loro. In Olanda, ad esempio, questo ha funzionato. Serve un modello Giffoni. Va fatto un Giffoni delle arti dove se hai merito hai diritto ad un’occasione”. Ampio il passaggio sull’Italia come Paese del bello, dell’arte, dei beni culturali. Il discorso è impreziosito da citazioni rinascimentali. Speso il riferimento è alla Firenze di Masaccio e Brunelleschi, a quel mecenatismo che oggi può essere rappresentato dal pubblico che investe sull’arte. Il Recovery Fund è una straordinaria occasione in questo senso: “ Ci sono risorse specifiche – ha spiegato Nencini – per il recupero di giardini storici, di teatri storici. E poi c’è il pacchetto delle caserme dismesse, quelle che con la caduta del Muro di Berlino non sono state più utilizzate. E, ancora, i borghi storici di cui la dorsale appenninica italiana è ricchissima. Proprio ieri in Commissione c’è stato assegnato un affare che riguarda il censimento dei beni abbandonati. Se andiamo verso la secolarizzazione della società, a breve avremo tantissime chiese destinate alla chiusura. Ecco perché un censimento di questi beni, cui si affianca la digitalizzazione, diventa obbligatorio. Abbiamo un patrimonio straordinario che spesso non può essere valorizzato al meglio per scarsità di risorse. I borghi, poi, possono vivere solo se dotati di servizi. Senza scuole, senza farmacia e soprattutto senza rete sono destinati alla morte. E poi serve la capacità che possono avere i singoli. Anche in questo senso Giffoni rappresenta un modello. Qui si è fatto qualcosa di inimmaginabile. Grazie ad una persona che ha avuto la volontà di impegnarsi, di metterci le idee“.
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