Pare che di buchi, fosse e aperture che danno direttamente sugli oscuri abissi, sparsi per il mondo, sia reale che virtuale, ce ne siano parecchi, quindi bisogna stare attenti a non cadere in quello sbagliato. Infatti si tratta spesso porte che danno accesso al mondo degli inferi, declinato in modo sempre diverso, a seconda del genere e dei punti di vista.
C’è stato il bellissimo e drammatico Il Buco – The hole ( 1998) di Tzai Ming Liang, ma The Hole è anche il titolo di un horror del 2001 diretto da Nick Hamm. Poi c’è il maestro Joe Dante che con The Hole racconta una favola per bambini dagli aspetti, ovviamente, orrorifici. Hole – L’abisso, è un altro horror del 2019, diretto da Lee Cronin.
Infine veniamo all’oggetto della nostra recensione, ovvero il più recente Il buco di Galder Gaztelu-Urrutia, che dell’horror possiede solo i contenuti violenti e il largo spargimento di sangue, ma è un film che attraverso una visione fantasiosa, priva di connotazioni spazio-temporali, vuole raccontare il presente, facendone un’impietosa analisi sociale, economica e psicologica.
In una sorta di prigione verticale, alcuni ospiti o detenuti sono imprigionati in una esigua cella con un compagno, per una quantità di mesi variabile. Ogni piano è numerato e due compagni ogni mese vengono spostati da un livello all’altro insieme, perlomeno se uno dei due sopravvive. In cima all’edificio infatti, è presente una cucina attrezzatissima il cui personale ha il compito di imbandire ogni giorno una tavola, la “piattaforma”, con ogni ben di dio. Putroppo però, mano a mano che la piattaforma scende ai piani sottostanti, la tavola si svuota e gli abitanti degli ultimi piani trascorreranno interi mesi senza alcuna forma di sostentamento.
Il Buco, El Hoyo, è un film interamente metaforico, dall’inizio alla fine. Nascosta dietro un thriller angoscioso e spietato c’è la descrizione di come funziona il nostro pianeta e della pessima gestione che gli uomini ne fanno, incosapevoli di sciupare e sperperare le sue sue risorse, a scapito dei meno fortunati. Scioccante, rivelatore, onirico e visionario, il film dello spagnolo Galder Gaztelu-Urrutia è stato presentato in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival nel 2019, dove ha vinto il premio del pubblico. L’anteprima europea è avvenuta al Sitges – Festival internazionale del cinema fantastico della Catalogna, dove si è aggiudicato quattro premi. Il film, visionabile sulla piattaforma Netflix, in breve tempo è entrato nei primi 10 film più visti.
Il protagonista della vicenda è Goreng, interpretato da Ivàn Massagué – il partigiano balbuziente in ll labirinto del fauno di Guillermo del Toro, uno dei pochi personaggi in grado di conservare, nonostante tutto, un po’ di umanità. Un uomo che decide di portare con sè, nel buco, un libro: il “Don Chisciotte”di Miguel de Cervantes, la storia del cavaliere che lotta contro i mulini a vento, contro l’impossibile.
Che le difficoltà, la paura e la fame spingano le persone alla più crudele ferocia ed egoismo, e che il benessere e l’abbondanza le rendano ancora più insensibile ed avide, è un triste dato di cui la storia, passata e recente, ci dà conferma.
Eppure resta un barlume di speranza, conquistato attraverso l’utopia e il sacrificio. Perchè le cose non cambiano mai da sole, è sempre necessario agire.
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