É uscito in questi giorni per le edizioni Weird Book il libro di Roberto Lasagna Dario Argento. Le tenebre del mondo, una pubblicazione che precede l’uscita del nuovo film del maestro italiano del brivido, Occhiali neri, annunciata per la prossima primavera.
Anche se meno apertamente rispetto all’illustre collega americano George A. Romero (ricordiamo il fondamentale La notte dei morti viventi, del 1968), Dario Argento ha avuto il merito di contribuire a rendere l’horror e il thriller un “territorio espressivo dove la dimensione politica anarchica si eleva a quintessenza di denuncia verso le cattive abitudini della civiltà”, a farne generi trasversali e adulti in grado di portare avanti, come ha ben evidenziato Lasagna, “discorsi alti pur ridestando gli istinti primordiali e muovendo verso lo spavento”. Dal punto di vista stilistico, invece, la grandezza di Dario Argento è consistita nell’aver saputo imporre una grammatica personale fatta di emozioni forti, stravolgendo prevedibili logiche narrative e convenzioni.
Luci e tenebre del cinema di Dario Argento, in un libro che ne analizza sapientemente l’intera filmografia proponendo nuovi e stimolanti spunti di riflessione, anche grazie a interviste inedite ad alcuni collaboratori del regista romano: Dardano Sacchetti, Luigi Cozzi, Marco Werba, Antonio Tentori, Matteo Cocco.
Classe 1940, figlio di un produttore cinematografico e di una fotografa, fin da bambino Dario Argento è stato a stretto contatto con il mondo dello spettacolo e ha coltivato la passione per il cinema: una passione che lo ha portato dapprima a intraprendere un’intensa carriera giornalistica di critico cinematografico e poi, dalla seconda metà degli anni Sessanta, a diventare collaboratore di Sergio Leone e a esordire come sceneggiatore (su tutti, il film C’era una volta il West, scritto insieme a Leone e a Bernardo Bertolucci). Una volta approdato alla regia, si è imposto con una poetica personale dando anche prova di una vasta cultura cinefila, dimostrando di aver assorbito la lezione dei grandi maestri e disseminando le proprie opere di numerose citazioni: Alfred Hitchcock, Mario Bava (ingiustamente poco considerato nel nostro paese), l’espressionismo, la Nouvelle Vague.
Dalla inquietante trilogia thriller “zoonomica” (L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code, 4 mosche di velluto grigio), che all’inizio degli anni Settanta fece conoscere un nuovo autore italiano anche al di fuori dei confini nazionali nonostante le critiche severe, al Dracula 3D del 2012, film giocattolo “più divertente che spaventoso”, Roberto Lasagna ci accompagna in un viaggio affascinante nell’estro creativo di un professionista che, come ha detto Luigi Cozzi, “non ha uguali”, “è uno che non si accontenta mai e che vuole sempre e unicamente il meglio di tutto”.
Profondo rosso (1975), codificazione del cinema di Argento nel genere thriller, Suspiria (1977), suo film paradigma nel genere horror, e poi Inferno (1980), Tenebre (1982), Phenomena (1985), Opera (1987), Trauma (1993), La sindrome di Stendhal (1996), Il fantasma dell’Opera (1998), Non ho sonno (2001), Il cartaio (2004). Lasagna analizza a uno a uno tutti i film di Dario Argento, anche quelli meno significativi e meno belli, con la stessa attenzione e serietà, nella convinzione che, come ha sottolineato Antonio Tentori, sia “necessario considerare l’opera di un autore nella sua interezza”. Nel caso di Argento, “anche nei suoi film meno riusciti esistono sempre raggelanti scene di tensione, squarci visionari, momenti di grande cinema”. Quest’idea di insieme e di completezza, nel libro di Lasagna si concretizza in uno sguardo scrupoloso e totalizzante su tutta l’opera filmica di un autore che, almeno in Italia, è stato troppe volte sottovalutato. La verità è che, col suo cinema capace di “suscitare sensazioni vive e intense”, Dario Argento è stato un grande innovatore, ancora prima dell’osannato Quentin Tarantino. Forse la carica di novità dei suoi film non è stata ancora sufficientemente messa in giusta luce. Ma se è vero che il tempo è “galantuomo e rimette quasi sempre le cose a posto”, questo libro contribuisce senza dubbio, a oltre cinquant’anni dall’esordio di Argento dietro la macchina da presa, a colmare questo vuoto.
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