La casa delle ombre lunghe (House of the Long Shadows) è una commedia dalle tinte horror realizzata dalla Cannon Films nel 1983 e diretta dal regista inglese Pete Walker, che riuniva quattro vecchie glorie (due inglesi e due americane) del cinema di paura: Peter Cushing, Christopher Lee, Vincent Price e John Carradine. Il film era tratto da un romanzo dell’americano Earl Derr Biggers, Seven Keys to Baldpate, pubblicato nel 1913 e già adattato altre volte per il grande schermo, ad esempio alla fine degli anni Venti con Le sette chiavi (Seven Keys to Baldpate, 1929, di Reginald Baker) e negli anni Quaranta con Il mistero delle sette chiavi (Seven Keys to Baldpate, 1947, di Lew Landers).
I quattro attori, le cui età all’epoca andavano dai 61 ai 77 anni (Lee, classe 1922, era il più giovane; Carradine, nato nel 1906, era il più anziano), si ritrovarono tutti insieme per la prima ed unica volta sullo stesso set, in un film che voleva rendere un divertito omaggio alle atmosfere classiche del cinema del terrore gotico, pur ambientando la storia nella contemporaneità. Peter Cushing, Christopher Lee e Vincent Price, in particolare, erano ancora gli indiscussi maestri del brivido e negli anni Ottanta, nonostante il cambiamento di mode e di gusti del pubblico, continuavano a dare un volto inconfondibile al cinema horror nobilitando il genere: il primo si era fatto apprezzare dal grande pubblico soprattutto per le sue magiche interpretazioni del cacciatore di vampiri Van Helsing e del cinico Barone Frankenstein nei film prodotti dalla piccola casa inglese Hammer; Lee aveva dato nuova vita al personaggio del conte Dracula, interpretato per la prima volta nel 1958 nel film Dracula il vampiro di Terence Fisher, in coppia con Cushing, donandogli un magnetismo e una carnalità mai visti prima; Price era stato definitivamente consacrato al genere horror negli anni Sessanta con il meraviglioso ciclo di pellicole tratte dai racconti di Edgar Allan Poe e dirette da Roger Corman (I vivi e i morti, Il pozzo e il pendolo, I racconti del terrore, I maghi del terrore, La maschera della morte rossa, La tomba di Ligeia). John Carradine aveva alle spalle una sterminata filmografia, con sporadiche incursioni nel genere dell’orrore: ricordiamo almeno L’uomo invisibile (The Invisible Man, 1933) e La moglie di Frankenstein (Bride of Frankenstein, 1935) di James Whale, La casa degli orrori (House of Dracula, 1945) di Erle C. Kenton, Il sonno nero del dottor Satana (The Black Sleep, 1956) di Reginald Le Borg. Ma questa singolare operazione di revival, nonostante non fosse priva di meriti, era destinata ad apparire troppo rétro per i tempi e a diventare un commovente oggetto di culto solo per gli affezionati sostenitori dell’horror vecchio stile. L’esito commerciale fu deludente e anche i critici non si dimostrarono molto indulgenti.
Lo scrittore Kenneth Magee (Desi Arnaz Jr.) scommette col suo editore Sam Allyson (Richard Todd) di essere in grado di scrivere un romanzo avvincente e di sicuro successo in sole ventiquattr’ore. Ma per farlo ha bisogno di un posto tranquillo, dove restare completamente isolato dal mondo. Allyson gli propone un vecchio maniero nel Galles, di proprietà di un suo amico, inabitato da molti anni e dove manca addirittura l’energia elettrica. Accettata dunque la sfida, Kenneth si reca al maniero, un luogo suggestivo con atmosfere gotiche da film dell’orrore, e inizia a scrivere. Ma una serie di strani eventi, non previsti, distoglie la sua attenzione dal libro. Ad uno ad uno fanno irruzione i membri della famiglia Grisbane, gli storici proprietari della casa da oltre trecento anni. I primi a comparire sono John Carradine, nel ruolo del padre Lord Grisbane, e Sheila Keith (che aveva già lavorato con Pete Walker in altri film), sua figlia Victoria. I due all’inizio si presentano come semplici custodi. Poi è la volta di Peter Cushing, che sapremo più avanti essere un altro figlio di Lord Grisbane, Sebastian: garbato, simpaticamente insicuro e pauroso, è un personaggio diversissimo dai ruoli con i quali Cushing si era imposto sul grande schermo ottenendo fama internazionale. Dopo di lui entra in scena Vincent Price, nel ruolo di Lionel, il primogenito di Lord Grisbane, che con la consueta ironia che distingueva l’attore si lancia in un gigionesco soliloquio mentre osserva il degrado in cui versa la casa di famiglia: “Decadenza, non c’è più niente all’infuori del fetore della decadenza. Il tempo ha così poco rispetto per la vanità umana, non ha nessun riguardo per le cose di questo mondo…”. Alle sue parole faranno eco quelle più pessimistiche del padre: “Tutte le cose passano, la morte è il nostro vero destino”. Infine vediamo arrivare Christopher Lee, con l’imponenza aristocratica del suo indimenticabile Dracula e, fedelmente ad altri suoi celebri ruoli, molto serio e altezzoso. Si presenta come Mr. Corrigan e dice di essere il nuovo acquirente della casa. Ma quando gli eventi precipitano e i membri della famiglia cominciano a morire uno dopo l’altro, allora si scopre che Corrigan in realtà è l’altro figlio di Lord Grisbane, Roderick, che quarant’anni addietro era stato condannato dai suoi congiunti ad essere rinchiuso in una stanza del maniero per punirlo di un orribile crimine perpetrato ai danni di una povera ragazza del villaggio, sedotta e messa incinta quando lui aveva solo quattordici anni. Roderick era riuscito a fuggire e a rifarsi una vita, rincasando di tanto in tanto per far credere a sua sorella Victoria, che gli passava il cibo ogni giorno attraverso una fessura, di essere ancora prigioniero. Ora è tornato per compiere vendetta sull’intera famiglia, perché in realtà il vero autore del misfatto è Lionel.
Le morti violente che si susseguono sono gli unici momenti truci di un film che, in sostanza, è una commedia, anche se molte delle scene più dichiaratamente umoristiche furono tagliate dai produttori Menahem Golam e Yoram Globus, che in realtà si aspettavano un vero film horror. Quando nel finale Roderick, svelata la propria identità e i propri intenti, affronta con un’ascia il fratello Lionel, la fisicità di Christopher Lee ci riporta con nostalgia alle creature Hammer del passato: Dracula, la Mummia, il mostro di Frankenstein. Ma, con meraviglia del giovane Kenneth e nostra, l’immaginaria quarta parete viene sfondata mostrando a lui e a noi che in realtà si è trattato di una messinscena con attori professionisti concepita dall’editore per distrarlo dalla sua impresa.
Christopher Lee e Vincent Price, concordando con i giudizi negativi della critica, si dichiararono insoddisfatti del film. L’unico rammarico di Cushing, invece, fu quello di essersi preso la bronchite. “Stavamo girando in una bella casa dello Hampshire”, disse l’attore, “ma una parte dell’edificio era da molti anni in disuso. Mancava il riscaldamento e c’era sporcizia e faceva molto freddo. Penso che l’intera troupe si sia presa malanni di ogni tipo” (M. Galeotti, Peter Cushing e i mostri dell’inferno, Falsopiano, Alessandria 2020, p. 148). Per Desi Arnaz Jr., infine, fu un grande onore e un’esperienza gratificante, perché era sempre stato un fan della coppia Cushing & Lee. “Sono cresciuto guardando Peter Cushing nei panni dell’eroe dei film di Dracula, in cui lui rappresentava le forze del bene che vincevano su quelle del male”, disse Arnaz. “Quando alla fine lo conobbi durante le riprese di questa pellicola, vidi che lui era davvero la personificazione della bontà e della gentilezza. Aveva un grande senso dell’umorismo e mi fu di grande aiuto […] quando parlava diceva sempre qualcosa che valeva la pena di ascoltare. Mi piacque molto come persona e sono contento di aver avuto l’opportunità di lavorare con un simile attore imparando davvero molto da lui”. “Mi divertii tanto ad ascoltare lui e Lee che raccontavano aneddoti sulla lavorazione dei film di Dracula in cui interpretavano gli arcinemici, anche se nella vita reale erano invece due grandissimi amici” (M. Galeotti, Peter Cushing e i mostri dell’inferno, cit.).
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