L’immenso e immaginifico mentore dei più oscuri recessi dell’animo umano, Edgar Allan Poe, nel corso degli anni è stato degnamente rappresentato dal cinema, anche se non a sufficienza. Basti ricordare I vivi e i morti (House of Usher) del 1960, diretto da Roger Corman, tratto da La Caduta della Casa degli Usher, ma anche Il Pozzo e il pendolo e Sepolto Vivo, dello stesso regista.
Nel 1968 esce Tre Passi nel delirio, un film collettivo suddiviso in 3 episodi liberamente ispirati a racconti di Poe, diretto da Federico Fellini, Louis Malle e Roger Vadim. Il successo del film alla sua uscita, nonostante gli interpreti di grande richiamo (Jane Fonda, Alain Delon, Terence Stamp e Brigitte Bardot), non è travolgente. Eppure a distanza di decenni Tre Passi nel delirio rimane una rappresentazione esemplare del richiamo oscuro delle tenebre, un omaggio alle potenze misteriose che dominano il destino umano, il cui nome resta ignoto, ma alle quali è impossibile sfuggire.
Metzengerstein è stato il primo racconto di Edgar Allan Poe ad esser dato alle stampe. Descrive un orfano cresciuto in una famiglia aristocratica, il giovane Frederick, l’ultimo membro della famiglia Metzengerstein, che porta avanti una lunga faida con la famiglia Berlifitzing. E Metzengerstein è anche il primo titolo della triologia, per la regia di Roger Vadim. Il regista e l’attrice Jane Fonda lavorarono al film subito dopo la conclusione di Barbarella e le riprese ebbero luogo nella regione francese di Finistère.
Il personaggio di Frederik nella mani di Vadim diventa Frederika, una bellissima nobildonna avvezza ad avere esaudito qualsiasi desiderio, del tutto priva di freni morali. L’incontro col solitario cugino, inviso per tradizione familiare, la turba profondamente. Proprio quando sente nascere dentro di sè un sentimento sconosciuto, Frederika si sente rifiutata e giudicata. La rabbia che ne nasce la travolge al punto tale da ordinare il rogo delle stalle del cugino, dove si trova l’amato cavallo di lui. Inaspettatamente, l’uomo muore nel tentativo di proteggere l’animale.
Da quel momento in poi Frederika non avrà più pace. Un cavallo nero dagli occhi di fuoco, incarnazione del cugino, fuoriesce dalle fiamme dell’incendio e si dirige verso il suo palazzo, indomabile con tutti tranne che con lei. Un mutamento profondo si produce nell’animo della giovane contessa, dilaniata dal rimorso e dall’amore per quell’animale misterioso, un cambiamento che la porterà a cavalcare seminuda tra le fiamme infernali, verso quell’unico destino ormai possibile.
La narrazione che Vadim fa del racconto di Poe è una rappresentazione classica che però accoglie le ossessioni, anche visive, dello scrittore (gli occhi dell’animale nell’arazzo sono il tipico dettaglio fisico che spesso perseguita i sogni del protagonista) ed appare il quasi onnipresente senso di colpa che porta l’individuo ad un’autopunizione alla quale contribuiscono animali, oggetti, simboli ed ombre.
La musica è interrotta da silenzi improvvisi che immettono in un altro mondo fatto di emozioni e paure inconfessabili, il cui tempo è scandito solo da un ticchettio ritmico, un battito cardiaco. Forse l’episodio di Vadim resta il più incompreso, penalizzato da una narrazione volutamente erotica, senza voli pindarici, nella quale però i volti spaesati dei protagonisti, in balia della furia dei sentimenti, raccontano molto più delle parole.
William Wilson è il secondo episodio narrato per la regia di Louis Malle.
William Wilson è il nome comune per antonomasia, una sorta di Mario Rossi che chiunque potrebbe avere. Alain Delon incarna quest’uomo che, fin da bambino, è dominato da istinti sadici e criminali. Al culmine delle sua azioni malvage però, appare un suo perfetto sosia, sia nelle fattezze che nel nome, che ne ostacola le malefatte. Un suo alter ego “buono”, che senza pronunciare una sola parola, ferma la sua mano assassina. William Wilson impazzisce dalla rabbia ma non riesce mai ad afferrarlo, fino al giorno in cui…
Il disturbante tema del doppelgänger appare in questo racconto morale e al contempo surreale. Per il personaggio femminile Malle aveva richiesto Florinda Bolkan ma i produttori pretesero un nome più famoso. La parte fu accettata da Brigitte Bardot che secondo il regista non era adatta al ruolo. In effetti la dolcezza vagamente infantile dell’attrice francese non regge bene nella scena della feroce partita a carte che l’uomo ingaggia con una coraggiosa sconosciuta e che si volgerà a favore di Wilson solo grazie alle sue doti di baro.
Il volto perfetto dell’attore è una maschera che contrasta bene con l’abiezione morale del protagonista. Le scene del duello sono state girate a Bergamo, in Piazza Vecchia.
Il terzo ed ultimo episodio di Tre Passi nel Delirio è Toby Dammit di Federico Fellini. Sicuramente si tratta dell’episodio più celebrato e citato, anche se il più dissonante e personale dei tre. Mentre Vadim e Malle si rifanno ad una narrazione rispettosa degli stilemi classici, Fellini osa e va oltre il racconto.
Un attore inglese alcolizzato, il pallido e sublime Terence Stamp, accetta di girare in Italia un western “cattolico” solo perché gli viene offerta una Ferrari in cambio. Allucinato, ubriaco, precipita in un mondo grottesco avvolto da nebbie, tra premiazioni, interviste e pazze corse in automobile. Una donna bellissima tra la folla gli offre il suo amore eterno, ricoprendolo di lusinghe e promesse. L’uomo esita. Ormai il suo fato è deciso. Infatti una bambina, da prima che iniziasse il viaggio, lo sta seguendo. Si tratta di una bella bambina bionda dalle unghie laccate di rosso che gioca con una palla, con la quale l’attore ha un appuntamento ineluttabile.
Il riferimento al film Operazione Paura, capolavoro del gotico italiano, di Mario Bava è evidente. Anche lì infatti, oltre che la ditatazione onirica delle inquadrature, c’è una bambina inquietante che gioca a palla, la quale potrebbe essere stata a sua volta una citazione presa da M – Il mostro di Düsseldorf.
In ogni caso, il raggelante sguardo della bambina si dimentica difficilmente e così sarà anche per lo stralunato protagonista, destinato ad una morte cruenta e fatale inseguita con ostinazione. Già dal titolo Fellini manifesta la sua autonomia, ispirandosi al racconto Mai scommettere la testa col diavolo, che Poe fece pubblicare nel 1841. Toby Dammit è la rappresentazione meno didascalica di un racconto di Poe, e la più sulfurea, delirante, che probabilmente lo stesso Poe avrebbe saputo apprezzare.
Insomma, la trilogia Tre Passi nel Delirio rappresenta nella sua interezza un autentico gioiello da rivalutare e da rivedere per immergersi in quelle atmosfere oniriche, lugubri e nebbiose del poeta americano che altro non sono che lontane regioni dell’animo umano, poste ai confini remoti, quelli più vicini all’anima.
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