Rosa
Regia: Katja Kolia; dram., Italia, 2019
Interpreti: Lunetta Savino, Boris Cavazza, Simonetta Solder, Anita Kravos, Maurizio Fanin.
Ore 22.15, Rai 5, canale 23; durata: 80′
“Rosa ha sessant’anni ed è sposata con Igor da quaranta. Lei è mingherlina, italiana, lui è imponente, sloveno: un matrimonio che è sopravvissuto a molte tempeste ma che, ormai, sembra essersi congelato. Il dolore incolmabile per la scomparsa della figlia più giovane, Maja, ha portato Rosa e Igor ad erigere confini invalicabili, oltre i quali ciascuno di loro vive la propria sofferenza in solitudine. A casa gli spazi sono rigorosamente limitati, l’unica eccezione è quando arrivano gli ospiti, in modo da dare un’illusione di serenità. Ma ogni volta che rimangono soli, ognuno si rifugia nel proprio angolo, al riparo dagli sguardi, dai pensieri e dalle emozioni dell’altro. Igor trascorre il suo tempo sulla barca a vela di Maja, come per mantenere vivo qualcosa che non esiste più, ma è difficile lasciarsi andare. Rosa invece si è avvolta nel muto dolore tra le mura della loro casa e nella tomba di Maja nel cimitero, dove sta costruendo una cappella per le sue ceneri. Ma la vita sorprende e lo fa in modi più inaspettati e l’amore vince oltre e al di là di tutto”.
La sceneggiatrice e documentarista Katja Kolia con Rosa si cimenta nella sua opera prima, scritta insieme a Elisa Amoruso e Tania Pedroni. Il film è candidato al David di Donatello 2020 per la Migliore Attrice Protagonista. Lunetta Savino infatti si mette a nudo, donando al suo personaggio, una donna e una madre inizialmente distrutta e sofferente, un’interpretazione emotivamente forte, coraggiosa ed intensa.
E’ possibile rieleborare il lutto più inaccettabile di tutti e riuscire a risollevarsi dopo la morte di un figlio? Forse solo mutando, lentamente, la propria pelle. Quella di Rosa è una resurrezione, una metamorfosi che parte dalla pettinatura dei capelli, dalle consuetudini di vita, ma soprattutto trova una risorsa fondamentale nella propria sessualità.
Come racconta la stessa protagonista, Lumetta Savino: “Si può iniziare ad amare anche a sessanta anni, la vita è una continua esplorazione e scoperta: quando invecchi non è tutto finito, ma puoi baciare, amare, guardare il mondo con lo sguardo di una ragazzina e innamorarti. Non è stato facile raccontarlo attraverso il lutto di una donna, ho provato a farlo con uno sguardo tutto mio”.
Rosa è un film che affronta in modo originale per il nostro cinema due gradi tabù: la morte e piacere femminile. Senza mai cadere nella tragedia o nel dramma, quella che inizialmente era prevista come una commedia, diventa un film toccante, atutentico e al contempo dalle tematiche inusuali.
“L’idea – spiega la regista durante la presentazione del film alla stampa – nasce da mia madre, che dopo il grave lutto di mio padre ha iniziato a rivivere, si è innamorata un’altra volta; da figlia ero sorpresa, non l’avevo mai vissuta come una donna che a sessantacinque anni sembrava una ragazzina di diciotto, l’avevo sempre e solo vista come una madre. La morte ci tocca tutti, ma è difficile raccontarla. Come volontaria sono stata in un gruppo di madri che hanno perso i propri figli e una signora mi ha fatto notare che in nessuna lingua esiste una parola che possa raccontare la perdita di un figlio. È complicato farlo con le parole, meglio i silenzi. Sono partita da qui”.
La protagonista di Rosa ribadisce: “Spero che il cinema italiano possa sperimentare, osare e smettere di fare tremila commedie corali. Viviamo in un mondo da sempre pensato e governato da uomini e per gli uomini, ma siamo fatti di due, non c’è un pensiero univoco”.
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