Due occhi diabolici (1990) si apre con un breve prologo documentario realizzato da Dario Argento che riproduce, in sequenza, la statua che a Baltimora campeggia in prossimità dell’abitazione di Edgar Allan Poe, gli interni della casa, lo scrittoio, il corvo commemorativo dell’omonima composizione poetica e, sulla pietra tombale del romanziere, l’omaggio a Poe per voce del regista italiano (“ho sognato sogni che nessun mortale aveva osato sognare prima”), a sua volta chiave d’accesso al mondo dei due cineasti, George A. Romero e Dario Argento, insieme al lavoro per un film a episodi che avrebbe dovuto includere in un primo tempo anche gli interventi di John Carpenter e Stephen King. Romero, prendendo avvio da “I fatti nella vita di Mr. Valdemar”, porta avanti il suo discorso sui “non-morti” nella società della sopraffazione, mentre Argento, con il suo capitolo intitolato Il gatto nero, prepara il momento più ispirato del film, con uno stile realistico per riflettere sull’attualità del pensiero di Poe.
Il gatto nero è un apologo sulla tendenza umana a fare del male, e sottolinea la presenza di istinti arcani e radicati, di fobie represse che covano nel profondo della psiche e possono ridestarsi quando la follia e i disturbi dell’animo prendono il sopravvento. Si tratta di un tema che Argento inquadra in uno scenario a lui congeniale: il mondo dell’arte e l’ipersensibilità al confine con la patologia di una coppia di americani, lei giovane insegnante di musica, lui errabondo fotografo di scene del crimine. La vicenda prende avvio a Pittsburgh, dove Rod Usher, interpretato da un impressionante Harvey Keitel, è un fotografo che vive vendendo le sue foto ai giornali. Specializzatosi in immagini raccapriccianti, è sottoposto alle pressioni dei committenti che vogliono immagini-shock sempre più originali e inquietanti, quando Rod è già abituato a fotografare donne tagliate in due o altre a cui vengono strappati i denti. La sua compagna Annabel, insegnante di violino, un giorno porta a casa un gatto nero, ma la reazione di Rod non è delle più affettuose. Rod è sovente ubriaco e maltratta il gatto. Mentre Annabel si trova a un concerto con i suoi allievi, l’uomo utilizza il gatto per delle foto “artistiche”; in realtà lo maltratta e lo strangola fotografando i suoi lamenti, utilizzando dei quadri quali fondali per il supplizio. Quelle foto faranno parte del suo nuovo libro fotografico, mentre Annabel, non trovando più l’animale, comincerà a sospettare di Rod. Questi intanto è sempre di più preda dell’alcool e confonde realtà con immaginazione.
Trova in un bar un gatto, identico al suo, con una macchia bianca a forma di cappio sotto il collo, e, forse dapprima intenzionato a regalarlo alla moglie, si farà poi scoprire da Annabel mentre a casa decide di impiccarlo. La donna cerca di impedirglielo ma Rod, senza più freni inibitori, massacra la moglie a coltellate e la mura, mentre anche il gatto scivola dietro la parete nascosta da una insospettabile libreria. Ma dietro quei libri, adattissimi per i racconti di Poe, il gatto troverà una via d’uscita qualche giorno più tardi facendo un buco nel muro, allorché Rod lo ucciderà con una sega. Il film si apre con la voce fuori campo di Rod che preannuncia il tema fondamentale del racconto: “lo spirito della perversità è in ognuno di noi. A chi non è capitato di commettere una cattiva azione per la sola ragione che sapeva di non doverla fare? Essere malvagi solo per il piacere di esserlo?”. Lo spirito di Poe è rispettato da Argento, che in più momenti e per diversi aspetti cita e omaggia lo scrittore, a partire dal sorprendente avvio in cui si vede una donna orrendamente tagliata in due, ad evocazione del racconto “Il pozzo e il pendolo”, per procedere con il dettaglio dei nomi dei personaggi (Rod Usher rimanda a Roderick Usher, l’uomo agonizzante di “La caduta di casa Usher”, mentre Annabel evoca il poema “Annabel Lee”, e la donna del bar, dal volto sinistro, si chiama Eleonora come il personaggio dell’omonimo racconto). Rod Usher è un personaggio profondamente tormentato. La sua è, seppure in chiave estrema, una vita d’artista. Rod, come Poe, è un alcolista, e le sue foto riprendono delitti che omaggiano direttamente alcuni aspetti del mondo letterario di Poe. In questo personaggio, che Harvey Keitel riproduce con la scrupolosa dedizione dell’Actors’ Studio, Argento vede anche se stesso, l’artista che si domanda fino a che punto l’arte possa arrivare a portare in scena i lati più sinistri e disturbanti dell’esistenza.
La sceneggiatura di Argento e Ferrini è precisa e scrupolosa nel seguire l’ispirazione dello scrittore. Alcune sequenze sono ambientate nella casa di Baltimora, dove campeggiano i quadri del traduttore europeo, Charles Baudelaire. Il tono è a tratti hitchcockiano, con citazioni come l’incursione di Martin Balsam quale vicino di casa che proviene direttamente da Psycho. L’idea perseguita da Argento è di allontanarsi dallo stile di Roger Corman, molto visionario e dalle tinte vistosamente pittoriche, per avvicinarsi a una dimensione estetica più realista e violenta, che non perda il richiamo simbolico ma suggerisca soprattutto l’effetto disturbante della “perversità” (così è ad esempio dell’immagine della donna senza denti, vittima di un fantomatico “mostro” contemporaneo, che rimanda alla “Berenice” di Poe).
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