Martin Eden
Regia: Pietro Marcello; drammatico, Italia/Francia 2019
Interpreti: Luca Marinelli, Jessica Cressy, Carlo Cecchi, Marco Leonardi, Vincenzo Nemolato, Pietro Ragusa
Lunedì 16 maggio, ore 22.15, Rai 5, canale 23; durata: 129′
Nel 1909 il romanziere statunitense Jack London pubblicava Martin Eden, una storia con riferimenti autobiografici che ha per protagonista un marinaio di estrazione sociale molto umile e poco istruito che, mosso dall’amore per una giovane dell’alta borghesia di San Francisco, intraprende un difficile percorso formativo di autodidatta per diventare uno scrittore affermato. Tra stenti materiali, derisioni e dispiaceri (tra cui l’abbandono da parte dell’amata Ruth), con caparbia e autodeterminazione raggiunge finalmente la notorietà e la ricchezza. Ma le incertezze e un profondo senso di disillusione lo porteranno, infine, a lasciare la posizione ch’era riuscito a costruirsi (ma che in fondo non gli apparteneva) e a suicidarsi in mare.
Adattato più volte per il grande schermo e per la Tv (ricordiamo almeno l’omonimo film del 1942 con Glenn Ford), la più recente libera trasposizione cinematografica del romanzo di London è quella italo-francese diretta da Pietro Marcello e interpretata da Luca Marinelli, che per la sua intensa performance si aggiudicò la Coppa Volpi come miglior attore alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia del 2019.
Martin Eden di Pietro Marcello trasferisce la vicenda a Napoli, in un tempo sospeso a cavallo tra il Biennio Rosso (1919/20) e gli anni Settanta, e sceglie un finale apparentemente aperto dove, anziché vedere il personaggio suicidarsi annegando, lo vediamo nuotare. Ma a proposito di questa scelta, lo sceneggiatore Maurizio Braucci ha precisato: “Questa è una scelta registica, è stato un modo visivo di raccontare la morte direi visionariamente. […] Gli spettatori legittimamente hanno un loro modo di vedere l’opera in base a quella che è la propria visione delle cose… per noi quel nuotare è un suicidio, è uno che si allontana nel mare, ricalca quello che c’è nel libro dove Eden si butta a mare e si lascia annegare. Non è poi una scena felice, è un po’ un andare ad una deriva. […] E’ una forma di suicidio raffinata, aristocratica” (www.polytroponmagazine.com).
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