Disponibile su RaiPlay L’onorevole Angelina, un film italiano del 1947 diretto da Luigi Zampa. Per esso, la grande protagonista Anna Magnani si aggiudicò la Coppa Volpi alla miglior attrice al Festival di Venezia. Il film uscì per la prima volta nelle sale cinematografiche italiane il 12 Novembre del 1947; mentre negli Stati Uniti il film venne distribuito, col titolo internazionale Angelina, a partire dal 5 Aprile 1948, e in Francia il 2 Marzo dell’anno successivo. Raggiunse il 4° posto nella graduatoria dei maggiori incassi della stagione cinematografica 1947-48. Scritto e sceneggiato da Piero Tellini, Suso Cecchi D’Amico, Luigi Zampa e Anna Magnani, con la fotografia di Mario Craveri, il montaggio di Eraldo Da Roma, le scenografie di Piero Filippone e le musiche di Enzo Masetti, dirette da Ugo Giacomozzi, L’onorevole Angelina è interpretato da Anna Magnani, Nando Bruno, Ave Ninchi, Ernesto Almirante, Agnese Dubbini, Armando Migliari, Maria Donati, Maria Grazia Francia, Franco Zeffirelli, Gianni Musy, Ughetto Bertucci, Marco Tulli.
Trama
Dopo aver guidato le donne della sua borgata in alcune azioni di protesta, Angelina viene attratta dalla politica ma il suo temperamento non si addice al sistema. Premio per Anna Magnani a Venezia 1947.
“I soggetti buoni nascono sempre dalle cose vere. Anche L’onorevole Angelina. Era il momento in cui si stava riorganizzando la vita politica e intervistammo una donna che abitava a Città Giardino, una popolana che ci raccontò che il giorno in cui non avevano distribuito il pane con la tessera aveva capeggiato tutti per occupare i fabbricati, e che tutti ora volevano portarla in Parlamento, ma lei non voleva andarci perché sapeva appena leggere e scrivere. Mi hanno accusato di avere fatto un finale conformista, lo so. Ma noi ci siamo attenuti alla realtà, forse sbagliando. Questa donna, la vera “onorevole Angelina”, volevano portarla in Parlamento e invece lei fece un discorso e disse: «Io so appena leggere e scrivere, finché c’è stato da battersi per ottenere il pane che non ci davano o da occupare i fabbricati l’ho fatto perché sapevo farlo, ma non posso andare in parlamento, io che so a malapena leggere e scrivere; date questo posto a qualcuno che sia più preparato di me, che abbia una cultura». Nel film noi abbiamo tenuto questa conclusione che ci era sembrata giusta. Gli altri avrebbero voluto che l’onorevole Angelina avvolta in un panno rosso marciasse contro tutte le barriere. Ma a me, che sono comunista e ho sempre votato PCI, sembrava un finale retorico. Cioè, loro avrebbero voluto che l’onorevole Angelina finisse con l’andare in parlamento. io pensavo che sarebbe stata una cosa tutta sbagliata, che si sarebbe sintetizzata nella retorica della rivoluzione”.
(Luigi Zampa in L’avventurosa storia del cinema italiano, a cura di F. Faldini, G. Fofi, Feltrinelli, Milano 1979)
“Zampa parte ancora una volta da un fatto di cronaca, da un aneddoto legato a moti di protesta nelle periferia romana. Ma rappresenta una realtà sociale molto meno accomodante dei film precedenti, e molto più bruciante. In una borgata le madri di famiglia esasperate decidono una serie di azioni drastiche, violente e non, per affermare i propri diritti: avere generi alimentari senza passare attraverso il mercato nero, spostare una fermata dell’autobus, avere acqua potabile, una mensa per i figli, un tetto sicuro sotto cui dormire evitandogli allagamenti cronici in caso di pioggia. Anche se tra le popolane c’è una madre che ripete sempre «Ha da veni’ baffone», Zampa evita ogni coloritura ideologica. Eppure l’adesione al ribellismo proletario è incondizionata, ispirata a un senso di giustizia primigenio e preideologico, che trova motivazione anche nelle origini proletarie del regista. Girando per la prima volta in una Roma di periferia, Zampa sente una sintonia, uno slancio sentimentale che va al di là della retorica letteraria dei film precedenti. Il suo populismo non è una posa o un dogma ideologico, ma un imperativo morale”.
(Alberto Pezzotta)
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