Disponibile su Youtube La strada, un film del 1954 diretto da Federico Fellini. È l’opera che diede notorietà internazionale al regista, nel 1957 vinse l’Oscar al miglior film in lingua straniera alla 29ª edizione, in cui fu istituita tale categoria di premio. Il film è stato in seguito selezionato tra i 100 film italiani da salvare. L’idea de La strada risaliva già al periodo de Lo sceicco bianco. Tullio Pinelli racconta che durante un viaggio in auto vide per strada una coppia di girovaghi che tiravano una carretta e pensò che su dei personaggi così si potesse fare un film. Al suo rientro a Roma raccontò l’idea a Federico Fellini il quale, a sua volta, espose la sua idea riguardo ai circhi. Insieme strutturarono il film ed in seguito ne parlarono con Ennio Flaiano che però sembrava essere contrario. Fellini incontrò molte difficoltà prima di realizzare il film: venne rifiutato da tutti i produttori e distributori ai quali lo propose poiché ritenuto di scarso appeal commerciale. Il produttore Lorenzo Pegoraro propose invece a Fellini e Flaiano di realizzare una commedia: il risultato fu I vitelloni che ebbe un grande successo. L’unico ad accettare La strada fu Dino De Laurentiis. Il film venne presentato alla 15ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia dove fu accolto male dalla critica di “sinistra”, poiché accusato di rifiutare il realismo e aprire alla favola e allo spiritualismo, mentre la critica “cattolica” se ne appropriò. De Laurentiis decise di far uscire il film in Francia; affittò quindi un locale agli Champs-Élysées e ottenne un enorme successo. Con Giulietta Masina, Anthony Quinn, Richard Basehart, Aldo Silvani, Marcella Rovere, Livia Venturini.
Trama
Gelsomina è una ragazza candida che ha uno strano rapporto, fatto d’amore e soggezione, con Zampanò, un rozzo girovago che si guadagna da vivere con numeri circensi. Un giorno questi uccide il “Matto”, altro giramondo a cui Gelsomina si è legata d’amicizia. La ragazza, sconvolta, impazzisce. Zampanò l’abbandona ma, più tardi, avuta notizia della sua morte, scoppia in pianto dirotto.
“All’inizio de La strada c’era solo un sentimento confuso del film, una nota sospesa che mi procurava un’indefinita malinconia, un senso di colpa diffuso come un’ombra; vago e struggente, fatto di ricordi e di presagi. Questo sentimento suggeriva con insistenza il viaggio di due creature che stanno insieme fatalmente, senza sapere perché. Era un pezzo che volevo fare un film per Giulietta: mi sembra un’attrice singolarmente dotata per esprimere con immediatezza gli stupori, gli sgomenti, le frenetiche allegrezze e i comici incupimenti di un clown. Credo che il film l’ho fatto perché mi sono innamorato di quella bambina-vecchina un po’ matta e un po’ santa, di quell’arruffato, buffo, sgraziato e tenerissimo clown che ho chiamato Gelsomina e che ancora oggi riesce a farmi ingobbire di malinconia quando sento il motivo della sua tromba”.
(Federico Fellini)
“Vidi La strada – la storia di una povera giovane donna venduta a un uomo forte itinerante – quando avevo circa tredici anni, e mi colpì in modo particolare. Era un film ambientato nell’Italia del dopoguerra ma che si svolgeva come una ballata medievale, o qualcosa di ancora più remoto, come un’emanazione di un mondo antico. La strada, uscito nel 1954 (e negli Stati Uniti due anni dopo) era una favola fondata sugli elementi: terra, cielo, innocenza, crudeltà, affetto, distruzione. Per me, assunse un’ulteriore dimensione. Lo vidi per la prima volta con la mia famiglia in televisione e la storia risuonava familiare ai miei nonni, rivistisi nelle difficoltà che si erano lasciati alle spalle in Italia. La strada non fu ben accolto in Italia. Per alcuni fu un tradimento del Neorealismo (molti film italiani dell’epoca venivano misurati su questo standard), e immagino che ambientare una storia così dura nel quadro di una favola fosse semplicemente troppo strano per gran parte dell’audience italiana. In tutto il resto del mondo fu un successo enorme, il film che consacrò davvero Fellini. Era il film per il quale Fellini sembrava aver lavorato più a lungo e sofferto di più: la sua sceneggiatura di lavorazione era così dettagliata che copriva 600 pagine, e verso la fine della produzione – estremamente difficile – ebbe un esaurimento nervoso e dovette sottoporsi alla prima (io credo) di molte terapie psicoanalitiche, prima che riuscisse a concludere le riprese. Era anche il film a cui tenne di più per il resto della sua vita”.
(Martin Scorsese)
“È finita la fase della ricognizione in superficie dei primi materiali offerti dalla memoria, è finita la rievocazione macchiettistica e aneddotica del mondo minore conosciuto durante le prime esperienze giovanili; è compiuto il cammino a ritroso tra i vitelloni e dal confronto con essi è iniziata la scoperta della propria personalità. L’io che aveva finora riflettuto e ricordato la realtà, si è affacciato alla soglia dello schermo. Comincia ad effettuarsi, con La strada, l’esteriorizzazione completa della poetica di Fellini e la rivelazione cauta di quel personale intimo rapporto con le cose e il modo che egli ha cercato di instaurare prima raccontando, poi confessandosi”.
(Carlo Lizzani, Il cinema italiano 1895-1979, Editori Riuniti, 1980)
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