Disponibile su Youtube Effetto notte (La nuit américaine), un film francese del 1973, diretto da François Truffaut. Tredicesima regia del geniale autore, è considerata una delle più riuscite pellicole dedicate al cinema stesso e un capolavoro della cinematografia mondiale. Il titolo si riferisce alla tecnica di ripresa che veniva usata per far sembrare serali o notturne delle scene esterne girate di giorno: l’effetto notte appunto, ottenuto soprattutto con la sottoesposizione della pellicola, ed eventualmente con il soggetto controluce e l’applicazione di filtri polarizzatori e colorati davanti all’obiettivo (rosso e verde per i negativi in bianco e nero, invece blu per quelli a colori). L’espressione gergale francese “notte americana”, titolo originale del film, è dovuta al fatto che si cominciò a usare questo metodo in particolare nei western – mentre a Hollywood il metodo è chiamato Day for night (« il giorno per la notte »), che infatti è anche il titolo dato al film nei Paesi di lingua inglese. Il film vinse un Oscar nel 1973 per il miglior film straniero. Con François Truffaut, Jacqueline Bisset, Valentina Cortese, Jean-Pierre Léaud, Jean-Pierre Aumont, Dani, Alexandra Stewart.
Trama
Il regista Ferrand sta girando il film _Vi presento Pamela_ negli studi della Victorine di Nizza. Il soggetto ha come base la storia di una giovane inglese appena sposata a un ragazzo altrettanto giovane. La donna finisce per innamorarsi del suocero, che dopo essere fuggito con lei viene ucciso dal figlio tradito. Alla lavorazione del film si intrecciano le storie private dei protagonisti.
“Perché un film sul cinema? Perché l’avevo in testa da tempo. E ho l’impressione di aver aspettato tantissimo a farlo, nella misura in cui, per esempio, ho girato film dedicati ai libri in genere, come Fahrenheit, o a un libro particolare, come Le due inglesi. Il mestiere del regista è misterioso per tutti: lo avvertiamo dalle domande che ci rivolgono e alle quali facciamo fatica a rispondere. Durante la guerra chiesi a un adulto: “In quanto tempo si fa un film?” E lui mi rispose: “In tre mesi”. Ecco, così appresi che ciò che succede sullo schermo in due ore era girato in tre mesi. Ma all’interno di questi tre mesi tutto è mistero. A dir la verità, ogni volta che giravo un film pensavo a quanto sarebbe stato interessante fare un film sul cinema, per la semplice ragione che in fase di lavorazione accadono sempre cose sbalorditive, buffe, curiose, interessanti, ma di cui il pubblico non godrà, perché avvengono al di fuori della macchina da presa. […] C’è qualcosa di meraviglioso nella pratica quotidiana di questo lavoro. Merita un film, perché questo mestiere, che è prestigioso nel suo insieme, nei dettagli è costantemente sorprendente”.
(François Truffaut in François Truffaut. Tutte le interviste sul cinema, a cura di Anne Gillain, Gremese, Roma 2005)
Nel corso di Effetto notte rendo un omaggio particolare a Quarto potere, il film che ha cambiato il cinema e anche la mia vita. Attraverso il giovane attore interpretato da Jean-Pierre Léaud, giro sempre attorno alla domanda che mi tormenta da trent’anni: il cinema è più importante della vita? Forse è una domanda tanto intelligente quanto quest’altra: “Preferisci tuo padre o tua madre?”. Penso al cinema per così tante ore al giorno e da così tanti anni che non posso fare a meno di mettere in concorrenza la vita e i film, e di rimproverare alla vita di non essere così ben congegnata, interessante, densa e intensa come le immagini che noi creiamo. “Nei film non ci sono intasamenti”, dice Ferrand a Jean-Pierre Léaud, “né vuoti, né tempi morti. I film avanzano come treni nella notte”.
(François Truffaut in François Truffaut. Tutte le interviste sul cinema, a cura di Anne Gillain, Gremese, Roma 2005)
“La costruzione di Effetto notte era stata fatta da Jean-Louis Richard e da me e io mi riservavo di scriverne i dialoghi man mano che andava avanti il film, diciamo ogni domenica per la settimana seguente, spesso recitandoli a voce alta con Suzanne Schiffman. come è mostrato in una scena tra Ferrand e la sua script-girl Joëll in una camera d’albergo. Perché scrivere i dialoghi all’ultimo momento? Senza dubbio perché, affianco a me e a Jean-Pierre Léaud, c’era un certo numero di attori e di attrici con i quali io stavo lavorando per la prima volta e volevo ascoltare il loro modo di parlare (Jean-Pierre Aumont, Dani, Nathalie Baye, Bernard Menez) o tenere conto del loro accento o dei limiti del loro vocabolario francese, nel caso di Jacqueline Bisset e Valentina Cortese. Alcune cose sono state improvvisate mentre giravo.
(François Truffaut in François Truffaut. L’uomo che amava il cinema, Rotazione e Rivoluzione, Napoli 1989)
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