Dalla mente passionale e fanciullesca del regista iberico Juan Antonio Bayona e sostenuto dal Maestro Guillermo Del Toro, nasce il capolavoro horror The Orphanage, presentato come proiezione speciale alla 46° edizione della Semaine de la Critique, al Festival di Cannes 2007. Caratterizzato da una luminosità e freschezza alquanto innaturale per il suo genere, immortala in una fotografia giocosa, presenze continue di leggerezza, in cui lo spettatore avverte la sensazione d’ascoltare una favola che intreccia la vita con la
morte.
Non a caso, gli scrittori J.M.Barrie con Peter Pan e i fratelli Grimm con Hansel e Gretel, fanno da apripista alla pellicola, quasi a suggerire la traccia che lo spettatore dovrà seguire per la visione del film: il rapimento della fanciullezza, la morte dell’anima puerile che conduce alla vita logica e razionale, nonché al compimento della fase adulta, sono contrastati da eterne presenze bambine che invece guidano il pubblico attraverso l’esortazione al credere oltre a ciò che si vede.
I personaggi, fusi nel contesto scenografico, completano un quadro fulgido, con prorompenti ombre di morte, innescando nello spettatore un processo di nostalgici deja vu, attraverso la recitazione di formule in un gioco, pronunciate da qualcuno divenuto oramai assente. Bayona ,da eccentrico artista qual è, sceglie con cura per il suo dipinto dinamico, volti con mimiche caricaturali che si vanno ad incastrare alla perfezione nel puzzle demoniaco, proiettando sensazioni di turbamento ed attrazione; la caratteristica delle maschere facciali infatti, centrano il loro intento, provocando sentimenti di repulsione portando alla ribalta l’oscurità dell’inconscio, mescolati ad una morbosa curiosità nei confronti della pellicola. Deformità Miròniane, che ben si sposano con la perfezione dei panorami e architetture di bellezza straordinari, dando luogo così ad un palcoscenico conturbante.
La mostruosità è vista come bellezza agli occhi di un bambino, quelli grandi, vivaci e neri come voragini, del piccolo Simon, interpretato da uno spontaneo Roger Printop, che con la sua innocenza regala bellezza all’orrore, mentre la morte e l’ignoto diventano solo semplici indovinelli da risolvere, che stimolano in chi guarda la voglia di partecipazione ad un pericoloso diversivo.
Vero è che il tema morte e fanciullezza è stato trattato in svariate pellicole nella storia del cinema horror e in questo caso preme la voglia di porre l’accento su di un’opera che riprende la fragilità bambinesca, anche se in una traccia apparentemente diversa, ma che mette a confronto l’ adulto con il bambino, come detto in principio.
Il capolavoro horror è dell’anno 2013, diretto dal regista argentino Andrés Walter Muschietti, che sarà artefice nel 2019, del sequel IT chapter 2; l’ opera qui a cui si vuole fare cenno è La Madre, di cui, nella produzione esecutiva, come in The Orphanage, compare il nome di Guillermo Del Toro, che forse avrà voluto abbracciare entrambi i progetti, a causa di quella forza attrattiva infantile, che predomina nelle due pellicole.
JA Bayona con il suo intenso The Orphanage, evidenzia il lato giocoso dell’horror, dove anche i lati più oscuri e inquieti, vedendoli con gli occhi dell’innocenza, divengono favole, che in esse mostrano la luce con le sue oscurità più intriganti, raccontando il mondo delle ombre, che diviene chiarore attraverso lo sguardo candido di un bambino e portando la sala ad addentrarsi in esse.
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