Disponibile sul portale La7 La famiglia, un film del 1987, diretto da Ettore Scola. Il film, presentato in concorso al 40º Festival di Cannes, è il ritratto di una famiglia borghese italiana visto dall’interno di un appartamento del rione Prati di Roma, dal 1906 al 1986. Il protagonista Carlo è seguito dal suo battesimo fino all’ottantesimo compleanno. Scritto e sceneggiato da Ruggero Maccari, Furio Scarpelli ed Ettore Scola, con la fotografia di Ricardo Aronovich, il montaggio di Francesco Malvestito, le scenografie di Luciano Ricceri, i costumi di Gabriella Pescucci e le musiche di Armando Trovajoli, La famiglia è interpretato da Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Fanny Ardant, Philippe Noiret, Ottavia Piccolo, Massimo Dapporto, Athina Cenci, Carlo Dapporto, Monica Scattini, Sergio Castellitto, Renzo Palmer, Ricky Tognazzi, Andrea Occhipinti, Dagmar Lassander, Cecilia Dazzi, Jo Champa. Il film ha ottenuto una nomination agli Oscar come miglior film straniero e ha vinto sei David di Donatello (Miglior film a Ettore Scola e Franco Committeri, Miglior regia a Ettore Scola, Migliore sceneggiatura a Ruggero Maccari, Furio Scarpelli e Ettore Scola, Miglior attore protagonista a Vittorio Gassman, Miglior montaggio a Francesco Malvestito) e sei Nastri d’Argento (Regista del miglior film a Ettore Scola, Miglior produttore a Franco Committeri, Migliore attrice straniera a Fanny Ardant, Miglior attrice non protagonista a Ottavia Piccolo, Migliore sceneggiatura a Furio Scarpelli, Ettore Scola e Ruggero Maccari, Migliore colonna sonora a Armando Trovajoli).
Trama
Carlo, anziano insegnante in pensione, rievoca la saga della famiglia borghese di cui è l’ultimo patriarca, dai primi del Novecento ai nostri giorni. Attraverso vari quadretti, con la Storia che fa da sfondo alle vicende personali e ai sentimenti di una ben caratterizzata galleria di personaggi.
“I film raramente ci danno l’ampiezza di un vecchio romanzo per famiglie, come quelli scritti da Dickens, Zola, Balzac o Tolstoj. Ma il nuovo film di Ettore Scola – candidato all’Oscar per film stranieri – La famiglia pullula di vita, muovendosi abilmente di anno in anno, di generazione in generazione. È un tratto meraviglioso e dorato di un film, una cronaca familiare di prodiga gamma e varietà, anche se Scola lo limita deliberatamente al secondo piano di una casa di città, mostrandoci l’esterno solo attraverso le finestre. Inoltre non apprendiamo mai il cognome di questo clan italiano le cui fortune sono registrate dal 1906 al 1986. Sono, in un certo senso, tutte famiglie – e Scola mantiene la storia in bilico tra stilizzazione e realismo, astrazione e individualità. Alla fine – incorniciati da due ritratti di famiglia, scattati a 80 anni di distanza, con un solo soggetto comune – intuiamo che tali incontri possono nascondere una moltitudine di peccati e ferite, momentaneamente dimenticati nel bagliore dell’unione.
L’unico personaggio comune nei due ritratti è il narratore del film, Carlo, un accademico poco avventuroso la cui unica crisi cruciale si verifica nella sua giovinezza, quando deve scegliere una delle due sorelle – e sceglie quella che ama meno appassionatamente – come sua moglie. Carlo è interpretato da tre attori: il bambino Emmanuele Lamaro, Andrea Occhipinti e Vittorio Gassman – che interpreta brillantemente la parte dai 40 agli 80 anni – e interpreta il nonno del giovane Carlo. Gassman è un grande attore i cui migliori ruoli comici e commoventi sono stati spesso scritti da Scola. Qui, Carlo non ha il controllo di nulla: non su sua moglie, Beatrice (interpretata da Cecilia Dazzi e Stefania Sandrelli); non su suo fratello Giulio (interpretato da quattro attori, padre e figlio Massimo e Carlo Dapporto); non certo sulla figlia ribelle e sul figlio risentito, e nemmeno sui nipoti, che lo ignorano. Carlo ha una maschera di patriarca su un’anima mite e piena di sensi di colpa. È un saltimbanco, la cui vita è costruita su una serie di bugie, la più grave delle quali è la sua infatuazione per tutta la vita per la sorella di sua moglie. Eppure è un punto fisso del film che la famiglia stessa ritiene una specie di eroe. Le vere eroine del film sono Adriana (Jo Ciampa e Fanny Ardant), la sorella che ha lasciato Carlo, e Beatrice, la sorella che è rimasta. Tra loro, le sorelle definiscono i limiti del desiderio e della rispettabilità di Carlo, e senza di loro non ci sarebbe famiglia: l’unica vera conquista nella vita trascurabile di quest’uomo di second’ordine.
Scola gira questo film come una commedia a orologeria. Lo comprime magnificamente, costruendolo in nove episodi, ciascuno a distanza di un decennio, con tutti, tranne il primo, che iniziano in modo identico: la macchina da presa segue il corridoio e vira in una stanza dove inizia l’azione, spesso nel mezzo delle cose. Man mano che gli anni passano e i personaggi invecchiano, anche la casa invecchia. Ogni decennio porta un nuovo decoro, una magica metamorfosi dello scenografo Luciano Ricceri, che commenta sottilmente il mondo invisibile all’esterno preservando frammenti del passato. Carlo e la famiglia attraversano cicli: giovinezza, età, romanticismo, delusione, ribellione, acquiescenza. Ma, in ogni fase, riescono, magicamente, a sostenersi o a rinnovarsi. Come nel film di danza senza parole di Scola del 1983, Ballando ballando, La famiglia dà libero sfogo al suo amore per l’artificialità e il gioco cinematografico, le lunghe riprese e le intricate carreggiate, la sua critica sociale e la visione ironica dei sogni e dell’idealismo. Il suo ensemble è esperto; non solo Gassman, ma anche Sandrelli, Ardant ed entrambi i Dapporto offrono prestazioni notevoli. Il punto di vista di Scola sulla famiglia, sua e di tutti, è critico ma tenero. È come quell’amante sfacciato che riesce a percepire i difetti della sua amata, eppure la abbraccia con fervore. L’abbraccio non è meno caldo per essere così consapevole; questa famiglia non meno apprezzata per essere stata così completamente e argutamente esposta”.
(Vincent Canby, The New York Times, 22 Gennaio 1988)
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