Disponibile su RaiPlay Mogliamante, un film del 1977 diretto da Marco Vicario. Prodotto da Franco Cristaldi, con il soggetto e la sceneggiatura di Rodolfo Sonego, la fotografia di Ennio Guarnieri, il montaggio di Nino Baragli, le scenografie di Mario Garbuglia e Carlo Gervasi e le musiche di Armando Trovajoli, Mogliamante è interpretato da Laura Antonelli, Marcello Mastroianni, Leonard Mann, Gastone Moschin, William Berger, Luigi Diberti, Daniele Gabbai, Olga Karlatos, Stefano Patrizi, Enzo Robutti. Il film fu girato in provincia di Treviso, in particolare a Cison di Valmarino dove, per l’abitazione di Luigi e Antonia e per il granaio di Vincenzo, vennero utilizzati due edifici che si trovavano davvero uno di fronte all’altro in piazza Roma, e poi a Farra di Soligo, al Molinetto della Croda, al castello Papadopoli Giol di San Polo di Piave, alla Villa Rinaldi di Asolo e a Vittorio Veneto. Mogliamante si aggiudicò un David di Donatello nel 1978 per il miglior musicista (Armando Trovajoli).
Trama
Luigi De Angelis, commerciante di vini in un paese del Padovano, tradisce accanitamente la moglie Antonia, cui rimprovera d’essere frigida. La donna, dal canto suo, si è relegata in un letto, per una paralisi immaginaria. Un giorno, coinvolto in un delitto di cui non ha colpa, all’insaputa di tutti, Luigi si nasconde, per sfuggire alla polizia, nel granaio di casa di suo cugino Vincenzo. Costretta a occuparsi lei degli affari di famiglia, Antonia abbandona il letto e, col calesse del marito, comincia a visitare i suoi clienti. In questo modo scopre, un poco alla volta, la doppia vita di Luigi, che all’attività amatoria univa anche quella di scrittore clandestino di saggi anarchico-libertari. Antonia comincia così non solo a gustare sempre di più autonomia e libertà, ma anche il piacere di farsi amanti occasionali o stabili, come un giovane medico ingiustamente accusato di omosessualità. Dal granaio, che sta proprio di fronte a casa sua, Luigi spia, esterrefatto, la trasformazione di Antonia, finché un giorno, alzando gli occhi, costei intuisce chi si cela dietro quelle imposte. Provocato a bella posta da Antonia, che si fa amare sotto i suoi occhi dal medico, Luigi decide allora di abbandonare il suo rifugio, tanto più che il vero assassino è stato arrestato. Antonia che è sempre innamorata di lui, lo riaccoglie volentieri in casa, ma è certo che ella non sarà più la donna di un tempo.
“Scritto da Rodolfo Sonego che, esagerando un po’, la considerava la sua migliore sceneggiatura (nata da un racconto della sua infanzia su un cavallo che era solito fermarsi davanti alle osterie di una strada percorsa abitualmente dal suo padrone, gran bevitore), avrebbe dovuto essere diretto da Marco Bellocchio (ma anche Louis Malle si era interessato al copione ma non voleva Claudia Cardinale, originaria scelta di Cristaldi, come protagonista). Con ogni probabilità il film sarebbe stato diverso, forse meno sbilanciato sul versante melò-romantico-romanzesco, ma l’altro Marco (il regista Vicario), abituato a destreggiarsi con disinvolta abilità tra tematiche pruriginose in versante commedia grottesco-scollacciata (suoi Il prete sposato, Homo eroticus con il Lando nazionale e Paolo il caldo con Giancarlo Giannini), porta a casa un lavoro dignitoso, intrigante e tutt’altro che da buttare. Sbeffeggiato e liquidato con sufficienza tanto dal Morandini (“dramma psicologico pretenzioso e superficiale”) e dal Mereghetti (“farsa di costume”, ma leggendo il giudizio, sull’edizione 2009, viene il forte dubbio che forse si abbia un ricordo opaco del film quando si scrive “Era il periodo in cui la Antonelli si spogliava” dal momento che qui l’incantevole Laura fa tutto tranne che spogliarsi), Mogliamante è un raffinato e, a tratti persino commovente, ritratto di signora.
La sceneggiatura di Sonego non sempre riesce ad evitare facili scorciatoie (come Antonia intuisce che il marito è ancora vivo o il repentino passaggio della donna da casalinga annoiata ed inquieta a vivace e competente imprenditrice, dopo anni di assoluta inattività), colpi di scena truffaldini (lo spiazzante sparo del prefinale) o accenni di politica sociale piuttosto ininfluenti, ma è apprezzabile la delicata regia di Vicario che, pur citando a più riprese il cinema di Mauro Bolognini (come evidenzia sempre il Mereghetti), è attento a non scadere nell’erotismo più triviale o nella volgarità più risaputa, a valorizzare sia la straordinaria fotografia di Ennio Guarnieri (sia per gli interni aristocratici lussuosi che per gli autunnali e malinconici esterni) sia le splendide scenografie di Mario Garbuglia, a costruire un intreccio denso, accattivante e dall’inesorabile crescendo melodrammatico, ricco di pagine di toccante intensità (i primi viaggi di Antonia sulla carrozza del marito, le confidenze e le progressive aperture con Dario, amico prima cha amante, lo splendido finale, enfatico ma dal pregevole impatto emotivo), con poche cadute di gusto, nonostante il tema “scabroso” (piuttosto banale, per esempio, il montaggio alternato, quasi a inizio film, tra il tedioso rosario di Antonia e il divertimento erotico con Clara di Luigi, appena rientrato dal solito giro di lavoro, nella stanza accanto), dimostrandosi anche lodevole direttore d’attori.
Laura Antonelli, reduce dall’altrettanto sottovalutato L’innocente di Visconti, “casta e pura” (per citare un altro suo titolo) si concede pochissimo (un accenno di masturbazione, un fugace bacio saffico e un altrettanto fugace rapporto a tre), ma sa ben trasmettere la presa di coscienza di Antonia, il suo essere vittima rassegnata e infelice, in una condizione all’epoca comune a molte donne e il suo ribellarsi a uno status quo che non le appartiene e che rifiuta con orgoglio e fermezza. Marcello Mastroianni, già con lei in Divina creatura di Giuseppe Patroni Griffi del 1975, e lo stesso anno meraviglioso protagonista del fondamentale Una giornata particolare, in un ruolo di supporto, tutt’altro che facile, conferma la sua straordinaria grandezza, recitando in sottrazione e con misura, spesso solo con gli occhi. Da menzionare però anche le partecipazioni dell’ottimo Gastone Moschin (il giudizioso ed assennato cugino Vincenzo) e di Enzo Robutti nei panni di un infervorato sacerdote (vera e propria macchietta a cui spettano i siparietti comici), le cui prediche dal pulpito dell’altare si trasformano in violente invettive contro il degenerare indecoroso dei costumi (all’inizio lo vediamo mentre tenta di sabotare anche un locale di ballo). Stefano Patrizi che interpreta Enrico, lo sfortunato fidanzato di Clara (una seducente e seduttiva Annie Belle), nonché presidente del locale Circolo Cattolico, deciso ad arrivare vergine al matrimonio ed inconsapevole dei ripetuti tradimenti della promessa sposa, l’anno successivo sarà il protagonista di Ritratto di borghesia in nero di Tonino Cervi. All’affascinante Olga Karlatos che interpreta la dottoressa Pagano, “prima donna laureata in medicina in provincia”, spetta la battuta più illuminante. Quando Antonia le chiede sorpresa come venga considerata dalla gente, risponde autoironica ma lapidaria: “Più o meno come una puttana!” Meritato David di Donatello alle dirompenti (per alcuni invadenti) musiche di Armando Trovajoli, vero valore aggiunto del film tanto da conferirgli, soprattutto nella parte conclusiva, toni quasi lirici. Produce Franco Cristaldi”.
(Degoffro, FilmTv)
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