Disponibile su RaiPlay Kaos, un film del 1984 diretto dai fratelli Taviani. È tratto da quattro Novelle per un anno di Luigi Pirandello, a cui si aggiunge un quinto racconto immaginato dai registi, ma ispirato alle novelle Una giornata (Colloquio con la madre), e Colloquii coi personaggi (seconda parte). Con questo lavoro i Taviani hanno iniziato la loro collaborazione con il direttore della fotografia Giuseppe Lanci (gireranno insieme cinque film di seguito, ultimo dei quali Tu ridi). Kaos è anche il film che ha visto recitare insieme per l’ultima volta Franco e Ciccio. Del film esistono la versione cinematografica (157′) e quella televisiva in quattro episodi, della durata complessiva di 188′. Prodotto da Giuliani G. De Negri, con la sceneggiatura di Paolo e Vittorio Taviani e Tonino Guerra, la fotografia di Giuseppe Lanci, il montaggio di Roberto Perpignani, le scenografie di Francesco Bronzi, i costumi di Lina Nerli Taviani e le musiche di Nicola Piovani, Kaos è interpretato da Margarita Lozano, Claudio Bigagli, Massimo Bonetti, Gianni Musy, Enrica Maria Modugno, Anna Malvica, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Omero Antonutti, Tony Sperandeo, Regina Bianchi, Biagio Barone.
Trama
Film a episodi. Nel prologo, alcuni pastori predano il nido di un corvo che, lasciato libero, vola sulla Sicilia; ne L’altro figlio, una madre (Margarita Lozano) rifiuta il figlio, frutto di una violenza; in Mal di luna, una giovane sposa (Enrica Maria Modugno) combatte con i problemi del marito (Claudio Bigagli), colto da attacchi bestiali durante il plenilunio, e con l’attrazione per il proprio cugino (Massimo Bonetti); in La giara, un proprietario terriero (Ciccio Ingrassia) chiede l’aiuto di un artigiano (Franco Franchi) per riparare un enorme vaso; nell’epilogo, Luigi Pirandello (Omero Antonutti), autore delle novelle da cui sono tratti i racconti, torna a casa dalla madre (Regina Bianchi).
«Io […] sono figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti (Agrigento), corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Kaos».
(Luigi Pirandello)
“In Kaos la finzione si somma alla finzione. Se Pirandello usa quel cannocchiale rovesciato per allontanarsi dalle cose più vicine, dalla propria terra, per raccontarne l’ironia e il grottesco, i Taviani si avvicinano ad una terra che non è la loro per trovarvi lo scenario più consono al proprio immaginario. Si costruisce così una dialettica, un canto e un controcanto tra le immagini dell’uno e quelle dei due fratelli, il primo a volare alto, molestando con il suo scampanio l’immobilità di quegli splendidi paesaggi, i secondi che scendono carrellando fino in primissimo piano sul volto di personaggi, che raccontano il proprio ricordo. Il corvo osserva dall’alto, mentre in basso la parola e la macchina da presa trasformano avvenimenti, emozioni, sentimenti. Il corvo dei Taviani non è più Il corvo di Mizzaro. Là il corvo si faceva corvaccio, presenza magica, demoniaca, un po’ come il gatto di Poe compiaciuto artefice della rovina del suo persecutore. In Kaos l’uccello di malaugurio, allontanato a sassate dai contadini, non compie alcuna vendetta. È tenuto a prudente distanza. I Taviani tradiscono quel teatro di maschere nude che Pirandello costruisce intorno alla solitudine dei suoi personaggi.
Il suicidio, l’omicidio, la follia, che sembrano essere le uniche soluzioni per le figure pirandelliane avvolte nel disordine, nel caos come coscienza del vuoto, al contrario si aprono nei Taviani ancora una volta all’utopia. Non a caso la scelta dei registi è caduta su quelle novelle ove Pirandello al grottesco, all’umorismo, all’avvertimento del contrario, esemplificata dallo scrittore siciliano in quella vecchia imbellettata, aggiunge la pietà, quel sentimento del contrario che spinge a vedere più a fondo, a riflettere e comprendere di quella vecchia i sofferti tentativi per trattenere il marito più giovane. Quando i Taviani parlano di Pirandello sembra avvertire in loro una sottile sfumatura di insofferenza, un autore che non possono accettare nella sua totalità. I personaggi che i registi ritrovano in Sicilia sono ancora quelli più amati, i contadini costretti ad emigrare come il Gavino di Padre Padrone, quella madre che racconta la propria esistenza tra storia e favola come in San Lorenzo, la lotta dei contadini per un pezzo di terra che custodisca la propria morte che rimanda agli sforzi di Salvatore in Un uomo da bruciare, o quel viaggio inaspettato e affascinante che porta ancora in quel mare dove Fulvio cerca di tradire con i suoi compagni il sogno di una cosa. Tornare in Sicilia per i due fratelli, se si vuole, sta a segnare un nuovo inizio, un nuovo modo di porsi dietro la macchina da presa, una stagione diversa con ritmi, tagli, scansioni rinnovati. Kaos mette un punto fermo nella loro produzione cinematografica. Questo film non nasce certo all’improvviso. La voglia di fare spettacolo è un desiderio a lungo coltivato da Paolo e Vittorio, ma anche sempre rinviato, contenuto, schiacciato da esigenze più urgenti, improrogabili, come la necessità di frenare il dato soggettivo e irrazionale, di porlo a confronto con la lucidità della Storia e della coscienza”.
(Fulvio Accialini, Lucia Coluccelli, Cineforum n. 241, 1/1985)
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