Disponibile su RaiPlay Il rossetto, un film del 1960 diretto da Damiano Damiani. La struttura di questo film è quella del genere poliziesco, collegata però alla tradizione neorealista: si avvale, infatti, della partecipazione alla sceneggiatura di Cesare Zavattini. A ciò va aggiunta la capacità, qui particolarmente manifesta, di approfondimento psicologico dei personaggi, fatto con carica di denuncia ed impegno civile che si realizza nel rispetto di alcune fondamentali regole espressive e spettacolari. Viene sottolineato un ritratto d’ambiente fatto con intelligenza e acutezza, in particolar modo riguardo alla figura d’adolescente, insolita per il cinema italiano. Prodotto da Giovanni Solito, scritto e sceneggiato da Damiano Damiani e Cesare Zavattini, con la fotografia di Pier Ludovico Pavoni, il montaggio di Fernando Cerchio, le scenografie di Sergio Baldacchini e le musiche di Giovanni Fusco, Il rossetto è interpretato da Annarosa Garatti, Bella Darvi, Bruna Cealti, Edy Nogara, Erna Schürer, Fedele Gentile, Florella Fiorentino, Georgia Moll, Ivano Staccioli, Laura Vivaldi, Lia Angeleri, Paolo Ferrari, Pierre Brice, Pietro Germi, Renato Mambor, Sara Simoni, Stefania Ré.
Trama
Gino, trentenne rappresentante scontento e arrivista ha un’amante. Un giorno la uccide e involontaria testimone del delitto è Silvana, una tredicenne che si innamora del giovane. Costui riesce in un primo tempo a far sì che la piccola non parli. Ma il commissario ha capito tutto, fa confessare la bambina e va ad arrestare l’assassino a casa della sua ricca fidanzata.
“Damiani esordisce nel lungometraggio con questo bel “giallo sociologico”, scritto con sapienza da lui stesso con Zavattini, e diretto con piglio sicuro e diritto all’obiettivo. Pur scegliendo un veicolo popolare, l’intento del regista è quello di far passare una critica alla società italiana del tempo e alla mentalità borghese che la domina(va?). Ponendosi nella scia, seppure con mire meno metaforiche, del Germi (che infatti interpreta anche qui il commissario di polizia) di Un maledetto imbroglio, tratto da Gadda, ed occhieggiando a Simenon, Damiani mette l’accento sulla disgregazione della famiglia cittadina, sul sempiterno impulso dato dal denaro alle azioni umane, sulla necessità borghese di salvaguardare le apparenze a discapito della verità. Un film più coraggioso di quanto forse poté sembrare all’epoca; un sassolino gettato nello stagno dell’Italia democristiana che al cinema soffocava nella bambagia della censura il dissenso, preso invece a scelbiane manganellate sulle piazze”.
(FilmTv)
“Interessante esordio al lungometraggio per Damiano Damiani (anche sceneggiatore con Cesare Zavattini), che dirige un dramma a sfondo giallo dalle forti connotazioni sociologiche. Più che l’intrigo al centro della narrazione (l’assassinio di una prostituta e le presunte responsabilità dello sgradevole Gino), a emergere prepotenti sono i risvolti ambigui e torbidi (il sentimento di una tredicenne nei confronti di un uomo che ha più del doppio dei suoi anni), condotti comunque senza la minima morbosità, oltre che l’analisi delle ipocrisie tipicamente italiche: nessuno è disposto a credere alla testimonianza di Silvana, giudicata inadeguata alla morale dell’epoca e spinta alla disperazione a causa dell’esclusione e dell’isolamento. Damiani dimostra mano sapiente, confezionando un’opera prima tutt’altro che banale. Notevole performance di Pietro Germi nel ruolo del commissario Fioresi; Giorgia Moll è Lorella Severano. Musiche di Giovanni Fusco, fotografia di Pier Ludovico Pavoni”.
(LongTake)
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