Disponibile su RaiPlay Storie scellerate, un film del 1973 diretto da Sergio Citti. Prodotto da Alberto Grimaldi, con il soggetto e la sceneggiatura di Sergio Citti e Pier Paolo Pasolini, la fotografia di Tonino Delli Colli, il montaggio di Nino Baragli, le scenografi di Dante Ferretti e le musiche di Francesco De Masi, Storie scellerate è interpretato da Ninetto Davoli, Franco Citti, Nicoletta Machiavelli, Silvano Gatti, Enzo Petriglia, Giacomo Rizzo, Elisabetta Genovese, Nicoletta Machiavelli. Alberto Grimaldi voleva sfruttare il successo dei film decamerotici. Si affidò a Pier Paolo Pasolini il quale propose alla regia il suo stretto collaboratore Sergio Citti. Il lungometraggio è ispirato a La nuova storia, nonostante l’ambientazione sia differente. È stato girato prevalentemente nella zona del viterbese.
Trama
Nella Roma papalina dell’Ottocento Bernardino e Mammone vengono catturati e condannati a morte per aver derubato un uomo. In cella i due raccontano alcune storie per scontare le ore che li separano dal patibolo. La prima storia narra del Duca di Ronciglione e di Nicolino che scoprono di essere stati cornificati da alcuni ragazzetti del paese e persino dal parroco. Nella seconda i protagonisti sono due pecorai, di cui uno taglia i genitali all’altro avendo scoperto che gli metteva le corna con la moglie. Nella terza storia un prete a cui piace la bella vita e le donne un giorno, a causa di una delle ragazze, è ucciso dal suo servo per vendetta. La quarta e ultima novella narra di un giovane che, corteggiando una donna, viene assassinato dal marito e da un altro amante. La scena si sposta in una specie di paradiso dove il Padreterno è un contadino che punisce i tre per ipocrisia e assolve il giovane pugnalato.
“L’idea originale alla base di Storie scellerate era quella di usare due novelle del Boccaccio, già sceneggiate da Citti e Pasolini per Il Decameron ma poi tagliate in sede di realizzazione. Quando Pasolini decise di non girare il film ma di passare la regia a Citti, che aveva già ben debuttato in Ostia, la premessa si modifica radicalmente e il taglio del racconto si fa molto più estremo. Pare che l’intuizione sia stata del produttore Alberto Grimaldi, che voleva sfruttare il successo commerciale de Il Decameron e, per far questo, suggerisce di cambiare ambientazione: non più quell’età intermedia tra Medio Evo e Rinascimento ma la Roma papalina (1800), così come la fonte del racconto non è Giovanni Boccaccio ma Matteo Bandello. Il film che ne viene fuori è tutt’altro che commerciale, in primo luogo perché esce in un periodo di “decamerotico” gioioso ed eccessivo, un sottogenere che estremizza dal punto di vista erotico e comico i contenuti del film di Pasolini, pellicole girate in poco tempo e senza molta cura, solo per sfruttare una moda del momento.
Storie scellerate, invece, è un film molto curato da un punto di vista scenografico e fotografico, girato da una troupe pasoliniana che vede all’opera professionisti come Nino Baragli (montaggio) e Tonino Delli Colli (fotografia), Dante Ferretti (scenografo) e Francesco De Masi (musica). Il problema è che spettatori e critica non compresero la differenza, al punto che la pellicola venne inserita nel ghetto del sottogenere, senza un vero pubblico di riferimento, snobbata dai cinefili e non adatta a quelli che cercavano solo divertimento e sesso. Altro motivo di poca commerciabilità fu dato dal fatto che Citti calcò in alcuni passaggi (evirazioni, omicidi): il sesso esibito non risulta gioioso e liberatorio, come nella trilogia di Pasolini, ma cupo e crudo, più vicino agli ambienti claustrofobici e mortiferi di Salò.
Storie scellerate è un film sulla vita e sulla morte, vista come continuazione della vita, molto attento ai particolari scenografici e a un’ambientazione credibile. Lo schema seguito da Citti ricalca quello de Il Decameron di Pasolini, con storie concatenate e intersecate tra loro che, a un certo punto, trovano soluzione e si concludono con la vicenda principale dei due narratori. Molto sangue esibito, diverse castrazioni, rapporti sessuali in certi casi espliciti e molti nudi (maschili e femminili) comportarono il divieto ai minori. Il film di Citti accumula episodi ed elementi derivati dalla tradizione novellistica italiana, e ambientati in epoche diverse, oscillanti tra il Cinquecento e l’Ottocento. Le storie scellerate del titolo sono raccontate da due ladruncoli che, per avere commesso un omicidio, attendono l’impiccagione. Il tratto che accomuna tutti i personaggi del film è la sensualità: si accoppiano, mangiano, defecano e muoiono – quasi sempre ammazzati – in un tripudio di carne e sangue che unisce con un filo rosso il papa e l’ultimo tagliagole.
Tra gli attori sono fondamentali Davoli e Citti, perfetti nei ruoli di malandrini e come narratori onniscienti, filo conduttore delle storie collegate tra loro. Il resto del cast è composto da volti pasoliniani, da interpreti pescati – come ne Il Decameron – tra i ragazzi di vita, ma una menzione la meritano Nicoletta Machiavelli“.
(Gordiano Lupi, inkroci.it)
Eugenio Flajani Galli dice
capolavoro del cinema grottesco!