Disponibile su Youtube Sinfonia d’autunno, un film del 1978 di Ingmar Bergman, tratto da un testo teatrale dello stesso cineasta; di produzione congiunta svedese e, per ragioni fiscali, tedesco-occidentale, fu l’ultimo film realizzato per il cinema da Bergman; i successivi lavori, seppur usciti in sala, furono concepiti originariamente per la televisione. Per la prima e unica volta nella sua carriera professionale Ingmar Bergman diresse la sua omonima, e altrettanto famosa, Ingrid Bergman, affiancata sulla scena da altri artisti già noti al regista, prima tra tutte Liv Ullmann (Sussurri e grida, L’immagine allo specchio), nell’occasione accompagnata dalla di lei (e dello stesso Bergman) figlia Linn, all’epoca undicenne; Gunnar Björnstrand (Il settimo sigillo) o ancora Erland Josephson (Verso la gioia, Scene da un matrimonio). Il titolo originale del film, Höstsonaten, parla di una sonata, e non di una sinfonia com’è stato tradotto in italiano; e proprio la parola sonata fa comprendere il taglio che Bergman vuol dare alla sua opera. Se infatti una sinfonia viene composta per l’orchestra, una sonata è un brano per strumenti, così come i personaggi del film, che sono dei solisti che si confrontano. Con Ingrid Bergman, Liv Ullmann, Lena Nyman, Halvar Björk, Marianne Aminoff, Gunnar Björnstrand, Erland Josephson.
Trama
Eva, moglie di un pastore protestante, invita per un soggiorno in casa sua, dove è ospitata anche la sorella Helena immobilizzata da una grave infermità, la madre, affermata pianista. Bastano poche ore perchè la situazione si carichi di pesanti frizioni, alimentate da reciproche accuse. Soprattutto Eva è molto dura con la madre, e questa riparte. La figlia spedirà poi una lettera in cui offre pace. La “sonata” (che i nostri ineffabili traduttori confondono con sinfonia) è per due “strumenti”: Eva (Liv Ullman) e la madre (Ingrid Bergman, per la prima volta diretta dal suo omonimo).
“Si tratta dell’unico film in cui Ingmar Bergman ha diretto la sua celebre omonima Ingrid, un capolavoro di introspezione psicologica duro e spietato, che analizza, squadernandoli, sentimenti ancestrali ritenuti ovvi e scontati come il reciproco amore tra genitori e figli. Girato in Norvegia con capitali tedeschi, è un kammerspiel di grandissima intensità, in cui recitazione e sceneggiatura dominano su tutto il resto. I dialoghi sono taglienti, profondi, Liv Ullmann e Ingrid Bergman, allora già malata di tumore, e qui alla sua ultima apparizione al cinema (morirà nel 1982, anno in cui partecipò al film tv Una donna di nome Golda – Gibson), sono magnifiche. Il titolo italiano è un clamoroso errore frutto di un’eccessiva semplificazione che sconfina in superficialità. L’originale Höstsonaten, infatti, in realtà ‘sonata di autunno’, viene trasformato in ‘sinfonia’, cosicché l’idea di una composizione eseguita da più strumenti – i pochi personaggi in scena in un film paragonabile alla musica da camera – si perde completamente immaginandone una sinfonica e quindi concepita per un’orchestra.
Il film è completamente girato in interni, fatta eccezione per l’arrivo di Charlotte e per la sequenza finale in cui Eva passeggia nel piccolo cimitero vicino la chiesa, in cui è sepolto anche il piccolo. Bergman, inoltre, si concede altre sequenze analettiche in quello che è già una storia interamente narrata in flashback. Le gira per dare immaginare al racconto di Charlotte sull’agonia di Leonardo, il suo compagno, morto in ospedale, e per delineare con pochi tocchi l’infanzia di Eva (la bambina è interpretata da Lynn Ullmann, figlia dell’attrice e del regista) e il peggioramento della malattia di Helena. Alcune di queste sono realizzate come tableaux vivants, a camera fissa: nella prima la stanza d’ospedale è invasa dalla luce proveniente da un’enorme serliana che occupa l’intera parete opposta alla mdp; nella seconda Eva bambina aspetta fuori dalla porta della sala in cui la madre sta suonando; l’apertura delle due ante regala lo stesso effetto di luminosità mentre la piccola Eva corre a servire una caffè alla mamma, che per tutta risposta la allontana dicendole che ora deve rimanere sola. E poi il racconto di una Pasqua trascorsa tutti insieme, in famiglia, con Leonardo, Helena, Eva e Charlotte, ennesima storia rivangata dalla figlia per accusare e punire la madre che apparentemente non si è mai resa conto di nulla.
Sinfonia d’autunno è bellissimo nella sua essenzialità, proprio quella che all’uscita fu in parte criticata. La stessa concisione scenografica, degna del più grande regista scandinavo precedente a Bergman, Carl Theodor Dreyer, permette di non distogliere l’attenzione dai volti di Liv Ullmann e Ingrid Bergman, il vero soggetto del film, di cui la mdp sottolinea ogni espressione, ogni minimo dettaglio. Allo stesso modo le loro parole e le loro riflessioni entrano nella mente dello spettatore e non lo lasciano molto presto”.
(Gianni Pittiglio, 19 Settembre 2017)
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