George, lo scanzonato autista di autobus che s’innamora della ragazza nicaraguense Carla in quel film intenso e imperfetto che si intitola La canzone di Carla (Carla’s Song, 1996), riconosce come “tutta questa storia è difficile da credere”. Il riferimento è affidato all’attore Robert Carlyle, già muratore protagonista di Riff-Raff, il quale, come uno spettatore interno al film che prende avvio nella Glasgow del 1987, scopre, innamorandosi della profuga Carla fuggita dalla guerra in Nicaragua tra Sandinisti e Contras, che questa ragazza salita un giorno sull’autobus senza biglietto è portatrice di una visione del mondo con cui lui, animo impulsivo e trasgressivo, non può non fare i conti. Salita su un autobus pubblico senza biglietto, Carla è maltrattata da un controllore e in suo aiuto sopraggiunge proprio George, il quale, impietositosi, riesce a farla fuggire. George viene sospeso per una settimana e, ritrovando di nuovo la ragazza di cui è affascinato, riesce a farsela amica nonostante le resistenze di lei, viene licenziato per aver utilizzato il mezzo pubblico per una gita a due, la convince a trasferirsi in casa di un amico evitandole così la miserabile pensione in cui alloggia.
George, nell’interpretazione vitale di Robert Carlyle, farebbe di tutto per conquistare una ragazza, e conoscendo Carla, scopre il suo dramma. Egli non sa nulla del Nicaragua e innamorandosi della splendida e dolente donna interpretata da Oyanka Cabezas, scopre il suo tentativo di suicidio, apprende la sua condizione di donna esule da un Paese in guerra da cui Carla è fuggita mentre il suo compagno Antonio è stato catturato. In questo film diviso in due parti, dove alla progressiva scoperta dei misteri della ragazza nello stile coinvolgente e liberatorio delle riprese a Glasgow succede il viaggio di George e Carla in Nicaragua per ritrovare Antonio da cui la donna ha avuto anche un bambino, Loach realizza un film romantico e insieme drammatico, dove l’innamoramento di George viaggia in parallelo con la presa di coscienza di una condizione sociale che dilata lo sguardo del personaggio, lo porta a una visione che sconfina con la prospettiva internazionalista, politica e consapevole dell’autore.
Ken Loach, che ha appena girato uno dei suoi più apprezzati film sulla Storia – il ritratto della guerra civile spagnola nel 1936 di Terra e libertà (Land and Freedom, 1995) – con la giovane Carla, piena di ferite nascoste, disegna l’emblema del sentimento che l’individuo occidentale medio, se riuscisse ad aprire gli occhi, potrebbe essere capace di provare per le cause dei diritti di popoli, vessati e impegnati per una giusta causa. E con il suo film Loach si mette proprio al livello di George, a cui a un certo punto l’americano Bradley (Scott Glenn) si rivolge come se fosse lo spettatore del film, e gli apre gli occhi sulla condizione di un popolo che lotta per i propri diritti, i Sandinisti con i quali naturalmente Loach parteggia contro i Contras che l’amministrazione Reagan rafforza per contenere il rischio di un’estensione dei venti di emancipazione nel Sud America. Lo stesso attore americano Scott Glenn, che nel film è chiamato a interpretare Bradley, non era al corrente del coinvolgimento del suo Paese in quella sporca guerra, e l’indignazione è un aspetto che attraversa l’impegno recitativo degli interpreti del film di Loach, alla cui causa contribuisce la scrittura dello sceneggiatore Paul Laverty, avvocato di Glasgow concretamente impegnato, dal 1984 al 1987, in un’organizzazione per i diritti civili in Nicaragua. Laverty porta la sua testimonianza di combattente nel film, ed è spunto d’avvio per il lungometraggio che Loach decide di realizzare dopo aver ricevuto una convincente lettera dall’avvocato. Con Laverty nasce una collaborazione duratura e fortunata, nonché un film, La canzone di Carla, che vede Loach in grado di raccogliere uno sguardo su un popolo, quello nicaraguense, dai toni caldi e miti, ma anche animato da valori e attitudini come pazienza e impegno, nella vivida adesione a un’ideale rivoluzionario che ha visto i campesinos favoriti dal fronte sandinista di liberazione nazionale, con la grande riforma agraria che dopo la vittoria nelle libere elezioni del 1984 distribuì loro delle terre da coltivare. Una nuova condizione che allarmò però i benestanti, le multinazionali e gli Stati Uniti che, con l’appoggio della Cia e del Pentagono, organizzarono i Contras contro i Sandinisti.
Nel film, il sentimento dell’innamorato George diventa, man mano che il racconto procede e che il viaggio porta i personaggi in Nicaragua, quello di un individuo la cui ingenuità si dissolve alla scoperta delle nefandezze dei Contras, con i patimenti e la resistenza di un popolo che recano una vera consapevolezza sociale al personaggio interpretato con splendida adesione da Robert Carlyle. Attraverso la passione per la misteriosa profuga nicaraguense Carla, George ha potuto conoscere, e con lui lo spettatore, intensi momenti poetici, con cui Loach ha voluto esprimere con intensità quell’attenzione per le atmosfere intime che conosciamo dai suoi esordi per il grande schermo. Nella seconda parte il film abbonda tuttavia di sottolineature didascaliche con cui si fa avanti una realtà sempre più agghiacciante di morte e violenza, come quella che ha visto Antonio, il marito di cui Carla va alla ricerca, con la lingua mozza e la colonna vertebrale fortemente compromessa. Carla, che ritroverà l’amato, preferirà restare accanto ad Antonio, mentre George accetterà la sua scelta a malincuore, ritornando nel suo Paese.
Loach ambienta il suo film negli anni Ottanta dell’amministrazione Reagan, fa cioè un balzo indietro nel tempo e racconta il destino di un popolo contrappuntato da dolcezza e bonarietà, un popolo che visse il riscatto della Rivoluzione Sandinista e a cui il cineasta Michael Cimino si è probabilmente ispirato preparando il suo maestoso western I cancelli del cielo (Heaven’s Gate, 1980), dove le violenze organizzate dai grandi allevatori e subite dai contadini nella contea di Johnson nel Wyoming nel 1890 ritraevano una disputa fittizia tra i proprietari terrieri e gli immigrati europei destinata a tradursi nella sanguinosa guerra raccontata nel film.
Loach con La canzone di Carla realizza un film sentito e disarmante, dove la passione per l’ideologia e per l’internazionalismo è riflessa nella fiducia che Carla manifesta di poter trovare ancora in vita Antonio, possibilità di cui lo stesso Bradley dubita.
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