Disponibile on line Una vita difficile, un film del 1961 diretto da Dino Risi. Prodotto da Dino De Laurentiis, con il soggetto e la sceneggiatura di Rodolfo Sonego, la fotografia di Leonida Barboni, il montaggio di Tatiana Casini, le scenografie di Enzo Eusepi, i costumi di Lucia Mirisola e le musiche di Carlo Savina, Una vita difficile è interpretato da Alberto Sordi, Lea Massari, Lina Volonghi, Franco Fabrizi, Claudio Gora, Antonio Centa, Loredana Nusciak, Daniele Vargas, Franco Scandurra, John Karlsen, Mino Doro, Renato Tagliani, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Alessandro Blasetti. Il film è stato inserito fra i 100 film italiani da salvare.
Trama
Silvio Magnozzi ha combattuto nelle formazioni partigiane comuniste; nel Dopoguerra si trova a lavorare come giornalista. L’uomo non accetta però compromessi e la sua vita va incontro a ostacoli economici e sociali di ogni tipo. Per questo motivo la moglie si decide a lasciarlo fino a quando non riuscirà ad elevarsi socialmente. Per riconquistarla Silvio abbandona il suo idealismo e inizia a lavorare e a umiliarsi al soldo di un industriale.
“De Laurentiis voleva fare un film per Sordi che non fosse il solito film comico. Con Sonego, che è stato gran parte di questa operazione, ci siamo detti: ‘perché non fare un affresco, una cavalcata italiana, qualcosa che sia un po’ lo specchio della realtà degli anni precedenti?’. Volevamo raccontare una storia di quegli anni significativa per gli anni che vivevamo. In fondo era un film drammatico e c’era un po’ di paura nell’usare Sordi. Partiva come un ex partigiano, era un Sordi idealista! Uno che credeva in qualcosa mentre nei suoi film non credeva mai a niente, come anche nella vita. Era un bel rischio, c’erano anche momenti di commozione. Sordi fu bravissimo e mi pare che questo resti uno dei suoi film più importanti. Il film ebbe successo ma non enorme, direi che ha guadagnato con gli anni. Tanto che in qualche modo Scola è partito da lì per C’eravamo tanto amati, come è partito da Straziami per Dramma della gelosia“.
(Dino Risi)
“Nello scrivere Una vita difficile vi avevo messo dentro un po’ delle mie esperienze autobiografiche. D’altronde era una storia che non era solo mia. L’Italia riscopriva la Resistenza, in quegli anni, e se ne appropriava come aveva fatto subito dopo la guerra, quando l’azione di quei pochi partigiani, certamente una minoranza della popolazione, era servita a tutti per liberarsi dalla responsabilità di aver subito e voluto il Fascismo. Psicologicamente è stato un fenomeno molto importante, una specie di psicoanalisi, di rigenerazione collettiva. Il protagonista era un piccoloborghese, abbastanza un mediocre, nei cui cedimenti il pubblico poteva riconoscersi ma valutandone anche il fondo ancora integro, con delle possibilità”.
(Rodolfo Sonego)
“Prima de Il sorpasso e I mostri, Dino Risi costruisce questo piccolo affresco di quindici anni di vita italiana osservati attraverso gli sforzi e i fallimenti di un modesto giornalista in lotta per vedere trionfare i suoi ideali democratici. Il film è essenziale nel suo collocarsi a cavallo fra lo spirito costruttivo rivolto all’avvenire del neorealismo e il cinismo, lo sbeffeggiamento della commedia all’italiana degli anni Sessanta. Una vita difficile è il film delle speranze deluse, della generosità ridicolizzata, una prima tappa, apparentemente irreversibile, nel processo di disillusione della società italiana. Se si tratta, moralmente e socialmente, di un’opera di transizione, Una vita difficile è perfettamente riuscito sul piano formale, mantenendo un equilibrio ammirevole fra l’ambizione, la serietà dei propositi (che anticipano i film affresco degli anni Settanta come C’eravamo tanto amati di Scola) e lo humour, l’ironia, l’amarezza ancora piena di emozione (per l’ultima volta) del tono. Le sequenze della cena dei monarchici e dell’esame di Sordi, le due scene di ubriachezza di quest’ultimo sono da antologia. Bisogna d’altra parte considerare come coautori del film, allo stesso titolo di Risi, Alberto Sordi e il suo sceneggiatore di riferimento Rodolfo Sonego. Per quarant’anni, incarnandone speranze e disillusioni, ha per così dire elaborato una vera biografia sociale del popolo italiano. Nessun autore in Europa può su questo piano rivaleggiare con lui”.
(Jacques Lourcelles)
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