Disponibile su RaiPlay Anna, un film del 1951 diretto da Alberto Lattuada. Prodotto da Dino De Laurentiis e Carlo Ponti, con il soggetto e la sceneggiatura di Giuseppe Berto, Franco Brusati, Ivo Perilli, Dino Risi e Rodolfo Sonego, la fotografia di Otello Martelli, il montaggio di Gabriele Varriale, le scenografie di Piero Filippone, i costumi di Giulia Mafai e le musiche di Nino Rota (dirette da Franco Ferrara, Gino Redi, Franco Giordano e Armando Trovajoli), Anna è interpretato da Silvana Mangano, Raf Vallone, Vittorio Gassman, Faby Morlay, Jacques Dumesnil, Piero Lulli, Dina Romano, Rosita Pisano, Bianca Doria, Rocco D’Assunta. Nel film appare, nel piccolo ruolo dell’assistente di Vittorio Gassman al night-club, anche un’allora esordiente e sconosciuta Sophia Loren, accreditata nei titoli con il suo primo pseudonimo, Sofia Lazzaro. La colonna sonora di Anna comprende due celebri temi cantati da Flo Sandon’s. Non Dimenticar, musica di Gino Redi e testo originale di Michele Galdieri, ottenne grande successo nella versione di Nat King Cole nel 1958 e in seguito venne reinterpretata da artisti come Jerry Vale e Sergio Franchi. La samba (baião) El Negro Zumbón scritta da Franco Giordano ma depositata in Siae insieme ad Armando Trovajoli, sulle cui note balla Silvana Mangano, divenne popolare all’estero anche con il nome Anna. La pellicola è stata il maggior successo commerciale del regista: Anna fu infatti il primo film italiano a raggiungere il miliardo di lire (dell’epoca) d’introito, risultando il maggior incasso in Italia della stagione cinematografica 1951-52, rimettendo dunque in sesto le finanze di Lattuada.
Trama
Anna, una giovane suora infermiera, si vede arrivare in ospedale il suo ex fidanzato in gravi condizioni. Mentre il chirurgo porta a termine la delicata operazione, alla donna tornano in mente immagini del suo passato e del suo legame con l’uomo. La riflessione sulle decisioni prese è inevitabile e a volte Anna si trova pentita di aver preso i voti, ma per altre circostanze la sua risoluzione le appare giusta.
“Potrebbe essere solo un classico melodramma dell’amor sacro e dell’amor profano, ma Anna, pellicola di record commerciali per Alberto Lattuada – primo film italiano a incassare oltre un miliardo di lire sul mercato nazionale e con distribuzione Usa – è forse, soprattutto, un apologo di emancipazione femminile attraverso il ritratto, e i dilemmi, di una suora ospedaliera. A darle intensità iconografica il corpo (nascosto/sinuoso) e il volto (attonito/ammiccante) di Silvana Mangano che interpreta Anna, religiosa sul punto di prendere i voti quando il passato – un ex fidanzato (Raf Vallone) frequentato lavorando come ballerina di night – fa irruzione in corsia tra i ricoveri d’urgenza. Il primo flash back – con il mambo di Anna/Silvana tra i neri – è un piccolo condensato di cinefilia: citato in Caro diario da Nanni Moretti “fissato” di musical – l’esilarante sequenza in cui tenta di imitare la danza di Anna proiettata sul televisore di un bar – e già da Giuseppe Tornatore in Nuovo Cinema Paradiso (dove il film di Lattuada inaugura la nuova vita della sala dopo l’incendio), la scena in realtà ripropone, a due anni di distanza, quella ancora più sensuale della mondina che balla in Riso amaro ed è a sua volta riproposta, tre anni dopo, dentro la coreografia più tecnica e ingessata del Mambo di Rossen.
Stessa protagonista, dal 1949 al 1954, Silvana Mangano. Stessa coppia attoriale (per la presenza di Vittorio Gassman), anzi terna visto che Lattuada scommette in Anna su alcuni ingredienti mutuati dalla fortunata opera di De Santis, a cominciare dal triangolo sentimentale Vallone/Gassman/Mangano. E se in entrambi i lavori – Riso amaro e Anna – Vallone e Gassman incarnano le due facce dell’amore “sano” (Vallone) e della passione “insana” (Gassman), a evitare l’avvitamento sui cliché (del resto inevitabili in un’opera come Anna solidamente costruita secondo le regole drammaturgiche del genere) c’è soprattutto l’interpretazione di Gassman, compiuto uomo della perdizione e della caduta. C’è anche la scelta di una rigorosa psicologia musicale e visiva: inscindibile il passato notturno di Anna cantante e ballerina dai popolari temi Non Dimenticar ed El Negro Zumbón (il mambo amato da Moretti), come i dilemmi morali di Suor Anna dal bianco e nero, fortemente contrastato e impressionistico delle inquadrature (oscure) della passione, o dal passaggio dalle radiose architetture esterne del Niguarda, dentro i campi lunghissimi di apertura, alla luminosità più modesta delle sale di degenza. Tornare indietro, ad una ancora possibile vita coniugale, o restare a lavorare tra i malati è il bivio principale, che si riflette e giustifica, malgrado l’ovvietà – melo – della trama, in altri dualismi di genere: amore e morte (di Gassman, la cui analoga fine in Riso Amaro ha però un taglio più marcatamente espressionistico e spettacolare, a partire dall’ambientazione in un macello); sacrificio estremo e appagamento; erotismo/liberazione sessuale e negazione/nascondimento del corpo (tema erotico ricorrente, con vari registri, in Lattuada dal dramma verghiano de La lupa alla commedia grottesca Venga a prendere un caffè da noi)”.
(Elisabetta Vitti, Sentieri Selvaggi, 6 Novembre 2015)
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