“Perchè occuparsi di François Truffaut? Perchè è un regista originale, nell’ambito di quella Nouvelle Vague che, alla fine degli anni 50 e all’inizio degli anni 60, aprì una nuova pagina del cinema francese, che si definiva allora Le Cinema Du Papa, allundendo non solo ai registi minori, ma anche ad importanti registi quali Jean Renoir, Marcel Carnè ed Henri-George Clouzot, che avevano operato nel cinema francese dagli anni 30 in avanti”.
Inizia così il bellissimo libro di Giorgio Penzo: “L’intimismo favolistico di François Truffaut“.
L’autore, triestino poliglotta e viaggiatore, laureato con una tesi sulla storia del cinema, si era già occupato di Orson Well, Stanley Kubrick, Ingmar Bergman, Akira Kurosawa e Andrej Tarkovskij, con analisi dal taglio originale delle loro opere, grazie ad una prospettiva che metteva in luce aspetti inediti, mai scontati.
Parlando di Truffaut, di alcuni dei suoi lavori più amati, Penzo ne ricerca il cuore, l’intimo, che è sempre connesso con il favolistico e con la fiaba. Il regista francese infatti è il cantore per eccellenza del sentimento amoroso, ma anche dell’infanzia, uno stato d’animo rievocato (Gli anni in Tasca) oppure sofferto (Il ragazzo Selvaggio, I 400 Colpi), che non smette mai di essere al centro di tutte le storie, permenando di una certa dose di candore e di malinconia persino il genere noir.
L’intimismo favolistico di François Truffaut è un libro perfetto sia per i neofiti che vogliono accostarsi per la prima volta a colui che fu il giovane ribelle della nouvelle vague, ma anche per chi già ama Truffaut e ne ricerca il senso più profondo, ne rievoca il desiderio di libertà, l’innovazione stilistica e di contenuto. Il regista non si stanca di far ricercare ai protagonisti dei suoi film le risposte agli interrogativi essenziali della vita.
“François Truffaut è un pensiero doloroso e al contempo tenero, proprio come le lacrime della bambina ne “L’uomo che amava le donne”, la quale prova piacere e consolazione in quel pianto. Il grande regista, scomparso prematuramente, è infatti il cantore della giovinezza, di quell’età appassionata, piena di interrogativi, nostalgia dell’infanzia, sentimento e sete d’amore, che ci appartiene, ci è appartenuta e che è anche l’emblema di quella gioventù ribelle che cambiò il modo di fare cinema.
Il cinema di Truffaut è un ragazzino che corre, non più bambino, non ancora uomo e che senza una meta precisa arriva in prossimità di una spiaggia, vede per la prima volta il mare, non più prigioniero, non ancora libero e spera, respira, desidera quell’immenso.
Leggere il libro di Giorgio Penzo “L’intimismo favolistico di François Truffaut” significa ritornare ad immergersi in quell’universo appassionato e selvaggio, eppure formalmente perfetto, come una bellissima ragazza in abito da sera bianco piumato, che si muove silenziosa, fatale, a piedi nudi, con una pistola nella borsetta...” (dalla prefazione)
L’intimismo favolistico di François Truffaut, in ordine cronologico, racconta Un visite, del 1955, fotografato da Jacques Rivette, montato da Alain Resnais, fino ad arrivare a Finalmente domenica! del 1983, interpretato dalla sua meravigliosa musa e compagna degli ultimi giorni, Fanny Ardant.
Quello di Giorgio Penzo è un libro che vale la pena leggere ed avere nella propria libreria per conoscere ma anche per non dimenticare mai uno degli autori più importanti della storia del cinema europeo, quel Truffat cineasta ma permeato di letteratura che si occupa di cose apparentemente piccole, di fatti non eclatanti, per raccontarci il mondo, non solo come cinicamente e realisticamente è, ma soprattutto come potrebbe essere: un luogo pieno di passione, immaginazione, avventura, poesia e bellezza.
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