Disponibile on line Lo straniero, un film del 1967 diretto da Luchino Visconti. Il soggetto è tratto dal romanzo omonimo di Albert Camus. L’idea di trarre un film dal romanzo era stata pensata dallo stesso autore durante gli anni Cinquanta. Alla regia si ipotizzava, inizialmente, il nome di Jean Renoir, mentre per il ruolo da protagonista furono considerati i volti di Alain Delon e Tony Curtis. La sceneggiatrice D’Amico sostenne, in un’intervista, che l’opera di Visconti fosse riuscita solo parzialmente. Prodotto da Dino De Laurentiis e Alfredo De Laurentiis, con la sceneggiatura di Suso Cecchi D’Amico, Georges Conchon, Emmanuel Roblès e Luchino Visconti, la fotografia di Giuseppe Rotunno, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le scenografie di Mario Garbuglia e le musische di Piero Piccioni, Lo straniero è interpretato da Marcello Mastroianni, Anna Karina, Bernard Blier, Georges Wilson, Bruno Cremer, Jacques Herlin, Georges Géret, Mimmo Palmara, Angel Luce.
Trama
Mersault, modesto impiegato che vive e lavora ad Algeri, riceve la notizia della morte della madre. Senza essere particolarmente addolorato si reca a vegliare la salma e ad accompagnarla al cimitero. Al ritorno, dopo i funerali, incontra Marie, una dattilografa sua amica, e inizia una relazione con lei. Un suo vicino di stanza, Raymond, che si fa mantenere dalle donne, gli offre la sua amicizia e gli chiede aiuto per vendicarsi di una ragazza araba. Meursault, indifferente e disponibile a tutto, acconsente e uccide un arabo accanendosi a revolverate sul cadavere.
Le vicende che ne hanno segnato la produzione possono spiegare, anche se solo in parte, il suo destino, questa sorta di damnatio memoriae.
Subito dopo l’improvvisa scomparsa di Camus e sull’onda del rinnovato interesse per il romanzo, Dino De Laurentis ne acquistò i diritti cinematografici ma, nel contratto Francine Camus, vedova dello scrittore, si garantì la scelta del regista e il controllo costante sul lavoro di adattamento, anche attraverso un collaboratore di sua fiducia. Per i ruoli dei protagonisti Visconti pensò inizialmente ad Alain Delon e a Claudia Cardinale ma poi – troppo giovane lui e troppo bella lei – furono scelti Marcello Mastroianni e Anna Karina. Furono necessarie sei diverse stesure dello script prima di arrivare al copione definitivo, nel novembre del 1966. La vedova Camus insistette per una riduzione assolutamente fedele al testo e pretese che fossero eliminati tutti i riferimenti anche larvati alle tensioni sociali e razziali dell’Algeria del periodo. Mortificò in questo modo l’idea originaria di Visconti che avrebbe voluto rileggere la storia di Meursault alla luce dell’evoluzione storica dei fatti d’Algeria e sottolineare il valore simbolico dell’arabo ucciso e del suo gesto. Il 1° dicembre 1966 iniziarono le riprese jn francese, ad Algeri; la stagione particolarmente fredda e piovosa impedì di girare la scena dell’omicidio, che fu realizzata in giugno a Sperlonga, sul litorale tirreno. Dopo l’approvazione di Francine Camus, il 6 settembre 1967 il film fu presentato ufficialmente in concorso alla 28° mostra del cinema a Venezia, in versione italiana con, tra gli altri, Edipo Re di Pasolini e Belle de Jour di Buňuel che vinse il Leone d’Oro. Fra il 14 ottobre 1967 (rappresentazione in prima nazionale a Roma) e la fine del 1968 il film fu proiettato in Italia e nelle principali capitali europee. Inizialmente Visconti difese il suo film contro le critiche più severe sottolineando le affinità profonde che lo legavano allo scrittore francese.
Lo straniero è ricordato all’unanimità (lo stesso regista la pensava così) come il film più malriuscito di Visconti. Ma alla luce del pregevole restauro, risalente ormai al 99, a cura della Scuola Nazionale di Cinema verrebbe da ricredersi o, almeno, di fare della sana revisione storica.
Dai documenti viscontiani risulta infatti chiaro ciò che ha reso calligrafico il film – e chi conosce il suo cinema sa che l’artista milanese era invece maestro nell’adattare i libri per lo schermo -: la vedova Camus. Il libro di Albert Camus è stupendo, ma lo era anche l’idea di Visconti di raccontare la storia secondo i vari punti di vista (Mersault, assassino per stanchezza; gli amici della vittima; la fidanzata di Mersault; i poliziotti vicini di casa ecc.), con una struttura a flash back un po’ alla Rashomon. Madame Camus invece pretese che il libro fosse rispettato alla lettera, non una parola in più né una in meno, e mise un suo supervisore di fiducia alla sceneggiatura, col risultato di ottenere un film in stile sceneggiato televisivo, e infedele nelle atmosfere e significati. Visconti si ribellò prima, si disgustò dopo, ma fu obbligato da De Laurentiis a realizzarlo. Eppure, sebbene sia nato male, Lo straniero è un film che vale più dei prodotti medio-alti del cinema contemporaneo. Visconti lascia la sua impronta nelle inquadrature, nei ritmi, nei colori, soprattutto nel magnifico nero nichilista in cui sprofonda il protagonista alla fine della storia Quindi benvenuto al restauro, che se purtroppo non ha riportato, come si sperava, il film nelle sale, lo ha almeno reso accessibile in dvd, insieme a una serie di altri restauri viscontiani: Ossessione, La terra trema, Il gattopardo, Senso; ai quali speriamo che si aggiungano le rimanenti opere, per completare la filmografia. Luchino Visconti è infatti un regista che troppi pochi critici e colleghi apprezzano adeguatamente (ci vengono in mente i nomi di Lino Micciché, Carlo Lizzani, Martin Scorsese, Michael Cimino) mentre i più, soprattutto all’estero, sono pronti a magnificare Fellini o Rossellini. Nulla contro gli altri grandi testé citati, per carità, ma ci sembra che il cinema di Visconti dovrebbe essere meglio conosciuto e non limitato a semplici cliché (quelli del melodrammatico e del decadente, oppure del neorealista, a seconda delle opere prese in considerazione), soprattutto dalle giovani generazioni, perché ha toccato punte estetiche e abissi dell’anima come forse nessun altro e, spesso, la visione dei suoi film è un’esperienza esistenziale. Non solo esistenzialista, come Lo straniero.
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