Disponibile su YouTube Teorema, un film del 1968, scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini, prodotto da Franco Rossellini e Manolo Bolognini. Il film è divenuto poi un omonimo romanzo che ricalca l’impronta visiva del film, ma è arricchito da snodi e approfondimenti. Scritto e sceneggiato da Pier Paolo Pasolini, con la fotografia di Giuseppe Ruzzolini, il montaggio di Nino Baragli, le scenografie di Luciano Puccini e le musiche del maestro Ennio Morricone, Teorema è interpretato da Silvana Mangano, Massimo Girotti, Terence Stamp, Laura Betti, Anne Wiazemsky, Ninetto Davoli, Susanna Pasolini, Carlo De Mejo, Adele Cambria, Cesare Garboli, Alfonso Gatto, Luigi Barbini.
Trama
Lucia (Mangano) e Paolo (Girotti) sono una tranquilla coppia borghese con due figli studenti, Odetta (Anne Wiazemsky) e Pietro (Cruz Soublette). In casa vive anche la domestica Emilia (Betti). Poi arriva un ospite (Stamp) che diventa il centro dell’attenzione, e non solo platonica, di tutta la famiglia. Sarà il principio della fine: il padre lascia la fabbrica agli operai, la madre si scopre ninfomane, la figlia impazzisce, il figlio si dà all’arte e la cameriera muore in odore di santità.
“Il perdurare dei grandi miti nel contesto della vita moderna mi ha sempre colpito, ma più ancora la continua ingerenza del sacro nella nostra vita quotidiana. È questa presenza, a volte indiscutibile, e che sfugge all’analisi razionale, che io tento di discernere: di scoprire, di distinguere nella mia opera scritta o filmata, e che ho cercato di esplicitare, sotto forma di parabola, in Teorema. Io difendo il sacro perché è la parte dell’uomo che offre meno resistenza alla profanazione del potere, ed è la più minacciata dalle istituzioni delle Chiese. D’altronde mi rendo conto che in questa mia nostalgia di un sacro idealizzato e forse mai esistito, – dato che il sacro è sempre stato istituzionalizzato, all’inizio, per esempio, dagli sciamani, poi dai preti, – che in questa nostalgia, dicevo, c’è qualcosa di sbagliato, di irrazionale, di tradizionalista. Nella creazione mi lascio andare, e il mio uso del mito è autentico (!), pur tenendo conto della trasposizione autobiografica. Invece quando critico tale o talaltra posizione di un uomo politico, avverto che la mia è una posizione che rientra nell’utopia, ed è quindi, sotto questo aspetto, reazionaria.
Come indica il titolo, Teorema si fonda su un’ipotesi che si dimostra matematicamente per absurdum. Il quesito è questo: se una famiglia borghese venisse visitata da un giovane dio, Dionisio o Jehova, che cosa succederebbe? Parto dunque da una pura ipotesi. L’ideologia comincia con questa constatazione: la società industriale si è formata in totale contraddizione con la società precedente, la civiltà contadina (rappresentata nel film dalla serva), la quale possedeva in proprio il sentimento del sacro. Successivamente, questo sentimento del sacro si è trovato legato alle istituzioni ecclesiastiche ed è talvolta degenerato fino alla ferocia, specie quando alienato dal potere. Ecco, in ogni caso il sentimento del sacro era radicato nel cuore della vita umana. La civiltà borghese lo ha perduto. E con che cosa l’ha sostituito, questo sentimento del sacro, dopo la perdita? Con l’ideologia del benessere e del potere. Per ora, viviamo in un momento negativo il cui esito ancora mi sfugge, posso quindi proporre solo ipotesi e non soluzioni. La società di oggi mi costringe a vivere in una continua menzogna, e questo mi esaspera. L’inizio del film lo mostra con evidenza. È una constatazione, non una condanna. Noi viviamo in una condizione di inautenticità. In questo mondo di menzogne, l’autenticità mi sembra fatta di mistero. Queste contraddizioni tra menzogna e autenticità non si possono descrivere in termini logici, comuni e quotidiani. Sarebbe stato impossibile al visitatore, eroe del film, far cambiare la gente e convincere solo con le parole. Era necessario perciò che ci fossero tra lui e i componenti della famiglia borghese dei rapporti amorosi nei quali si concentrasse tutto il simbolo e il significato del film.
Il visitatore, è un personaggio ambiguo, a metà strada tra l’angelico e il demoniaco. È bello, dolce, ma ha anche qualcosa di volgare (non per niente è un borghese anche lui). Non c’è borghese non colto (perché soltanto la cultura può purificare) che non sia volgare. E lui ha quel tanto di volgarità che ha accettato di avere per scendere tra questi borghesi; è perciò che è ambiguo. Ciò che è autentico, invece, è l’amore che suscita, perché è un amore fuori dai compromessi, fuori dai patti con la vita, un amore scandaloso. Per me l’erotismo è un fatto culturale, e in Teorema lo esprimo come un sistema di segni. Non è l’eros antico, semplice manifestazione di una forza naturale. Tale forza, certo, vi è implicata. Ma viene relegata in secondo piano (è un’istanza secondaria), in forma di dati di fatto che non m’interessano direttamente. Voglio dire che l’erotismo del film si identifica con il suo linguaggio. Questo dio, ad esempio, questo angelo comunica con gli altri attraverso un sistema di segni specifici, diversi dal sistema linguistico. Forse l’unico che sia in grado di usare.Infatti, a quale lingua umana potrebbe far ricorso per evangelizzare? Del resto, non è venuto a evangelizzare, ma a testimoniare se stesso. Per tutta la durata del film, egli si limita a pronunciare qualche frase, a leggere dei versi di Rimbaud. Il rapporto muto e, insieme, questo sistema di segni erotici, stabiliscono l’unico mezzo di comunicazione fra i protagonisti del film. Infatti, il rapporto semiologico erotico esiste soltanto nella prima parte del film. Nella seconda parte, ognuno ritrova la propria storia. Storia tutta interiore: donde il proseguimento interamente muto del film. Il visitatore non è identificabile con Cristo; è se mai Dio, il Dio Padre (o un inviato che rappresenta il Dio Padre). È insomma il visitatore biblico dell’Antico Testamento, non il visitatore del Nuovo Testamento.
(Pier Paolo Pasolini, Le regole di un’illusione)
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