Disponibile su RaiPlay Così parlò Bellavista, un film commedia italiano del 1984, tratto dal romanzo omonimo, sceneggiato e diretto da Luciano De Crescenzo. Nel 1985 è uscito il seguito diretto sempre da Luciano De Crescenzo, Il mistero di Bellavista. Prodotto da Mario Orfini ed Emilio Bolles, con il soggetto e la sceneggiatura di Riccardo Pazzaglia e Luciano De Crescenzo, la fotografia di Dante Spinotti, il montaggio di Anna Napoli, le scenografie di Franco Vanorio e le musiche di Claudio Mattone, Così parlò Bellavista è interpretato da Luciano De Crescenzo, Renato Scarpa, Isa Danieli, Lorella Morlotti, Marina Confalone, Sergio Solli, Benedetto Casillo, Gerardo Scala, Geppy Gleijeses, Gerardo Scala, Giovanni Attanasio, Luigi Uzzo, Riccardo Pazzaglia, Tommaso Bianco, Patrizia Loreti, Francesco De Rosa, Renato Rutigliano, Lucio Allocca, Pia Velsi, Gino Maringola, Antonio Allocca, Nunzio Gallo, Vittorio Marsiglia, Franco Javarone, Antonio Casagrande, Marzio Honorato, Carmine Faraco, Vincenzo Falanga, I Fatebenefratelli. Il film vinse due David di Donatello (miglior regista esordiente a Luciano De Crescenzo, migliore attrice non protagonista a Marina Confalone) e due Nastri d’Argento (miglior regista esordiente a Luciano De Crescenzo
migliore attrice non protagonista a Marina Confalone).
Trama
Il dottor Cazzaniga, milanese trasferito a Napoli come dirigente dell’Alfasud, si trova a disagio: troppa confusione. Abita nel suo palazzo il professor Bellavista, che nutre per lui forte antipatia. La figlia di Bellavista, incinta, si sposa: il marito è un architetto disoccupato. Complice un ascensore guasto, Cazzaniga e Bellavista fanno amicizia e i guai della giovane coppia potranno risolversi.
«In questo mondo del progresso, in questo mondo pieno di missili e bombe atomiche, io penso che Napoli sia ancora l’ultima speranza che resta all’umanità per sopravvivere.»
(Professor Bellavista)
“Un Manifesto della cultura partenopea degli anni ’80. Una pellicola in grado di catturare l’essenza di Napoli con i suoi vizi e le sue virtù, con le sue problematiche e la sua anima folkloristica e senza mai assumere un tono greve, grazie esclusivamente a quell’innata capacità di decriptare i “saperi filosofici” e renderli accessibili a tutti. Parafrasando il saggio di Friedrich Nietzsche, il poliedrico e polivalente Luciano De Crescenzo mette in immagini il suo primo grande successo editoriale Così parlò Bellavista, candidandosi a simbolo di quella “quotidiana napoletanità verace” che lui stesso ha sempre definito più intensa di cento opere di Aristotele e mille saggi di Immanuel Kant.
Grazie ad un cast eccezionale di attori e caratteristi napoletani dall’innata bravura recitativa, oltre alla presenza dello stesso ex ingegnere della IBM naturalizzatosi autore, regista, sceneggiatore ed attore, a distanza di 38 anni Così parlò Bellavista riesce ancora ad appassionare gli spettatori. Più che un vero e proprio film, si presenta al pubblico come una sequela di sketch collegati tra loro da un sottile filo narrativo, alcuni dei quali diventati memorabili. All’interno della pellicola sono racchiuse tante vite e tante vicende, in una perfetta rappresentazione di un articolato universo di personaggi dal sapore partenopeo ed angoli di Napoli, ben lontano però da uno statico ritratto del capoluogo campano e dei suoi abitanti e molto più simile ad una scampagnata tra i suoi vicoli, le sue avventure ed i suoi problemi.
Nascosto dietro quella che potrebbe sembrare una banale commedia incentrata sulle differenze tra Nord e Sud, De Crescenzo sviluppa invece un continuo dialogo tra queste due realtà, finendo per accomunarle nel finale in un “forzato” incontro all’interno di un ascensore bloccato, con protagonisti il personaggio portato in scena proprio da De Crescenzo, il Professor Gennaro Bellavista ed il Dott. Cazzaniga (Renato Scarpa), in cui verrà a crollare la teoria sulle diversità tra “uomini d’amore” napoletani ed “uomini di libertà” milanesi, in cui è racchiusa la sostanza della differenza tra questi due popoli secondo il professore. La scena in questione fu ispirata da un’esperienza realmente vissuta dal regista e che fu poi la base della sua scelta di diventare scrittore: De Crescenzo si ritrovò bloccato in ascensore con un dirigente della Mondadori, a cui nell’attesa confidò di avere problemi di liquidità, nonostante il lavoro da ingegnere informatico e fu così che il dirigente gli propose di scrivere un libro, che fu poi proprio il romanzo omonimo della pellicola. Probabilmente è proprio a questo episodio che si deve il risvolto finale del film, effettivamente un tantino troppo buonista.
Il film dimostra una sua innegabile bellezza, sicuramente intrisa più nella leggerezza del suo scorrere che nella bontà cinematografica, poiché spesso la regia e la resa delle scene risultano disattente ed approssimative, ma anche quei siparietti che avrebbero la semplice funzione di intermezzo, finiscono per risultare godibili grazie alle già citate competenze dell’intero cast che ad elencarlo per intero potrebbe risultare spiacevole, ma a mio giudizio doveroso per il valore aggiunto alla pellicola: Isa Danieli, Marina Confalone (vincitrice del David di Donatello con la sua divertentissima Rachelina), Lorella Morlotti, Sergio Solli, Benedetto Casillo, Gerardo Scala (questi ultimi tre indimenticabili discepoli del professore), Nuccia e Nunzia Fumo (le vecchiette del Banco Lotto), Geppy Gleijeses, Gerardo Scala, Giovanni Attanasio, Luigi Uzzo, Riccardo Pazzaglia (l’uomo del “cavalluccio rosso”), Tommaso Bianco, Patrizia Loreti, Francesco De Rosa, Renato Rutigliano, Lucio Allocca, Pia Velsi, Gino Maringola, Antonio Allocca, Nunzio Gallo (il camorrista), Vittorio Marsiglia, Franco Javarone, Antonio Casagrande, Marzio Honorato, Carmine Faraco, Vincenzo Falanga, I Fatebenefratelli e tanti altri ancora…
Con Così parlò Bellavista De Crescenzo si avvale della forza comunicativa del cinema, coniugando la settima arte a spiccioli di filosofia, con l’intento di confrontarsi con i problemi della quotidianità. I pensieri di Eraclito, Socrate, Platone ed il già citato Aristotele, si trasformano in disciplina sportiva adatta a tutti ed in questa nuova “dimensione filosofica” che tanto assomiglia al passatempo nazionale per eccellenza, la chiacchiera da bar, De Crescenzo punta i riflettori su quella che considera la vera anima di Napoli e dei Napoletani, calando le sue massime e i suoi paradigmi nella realtà dell’ordinario della sua città, senza timore di mostrare anche i suoi lati oscuri.
La superstizione, la cabala, la ritualità, i miti apotropaici e le liturgie laiche, si mischiano alla dilagante disoccupazione e al richiamo dell’attraente finto benessere della delinquenza e, tutte insieme, vivono inconsapevolmente nella realtà quotidiana di un popolo imperfetto e che sa di essere imperfetto. Un popolo che opera tanti pregiudizi, forse più di quanti ne subisce. Un’intera città che ruota intorno al sentimento dell’amore, all’accoglienza e alla libertà e che non si lascia condizionare dai pregiudizi, comprendendo i singoli individui prima di ogni cosa. La stessa meravigliosa città di cui è innamorato dapprima De Crescenzo, poi l’intero cast e, solo infine, l’autore di questa recensione”.
(Cineastio.it)
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