Disponibile on line Il maestro di Vigevano, un film del 1963 diretto da Elio Petri, tratto dall’omonimo romanzo di Lucio Mastronardi. Prodotto da Dino De Laurentiis, con la sceneggiatura di Age & Scarpelli e Elio Petri, la fotografia di Otello Martelli, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le scenografie di Gastone Corsetti, i costumi di Lucilla Mussini e le musiche di Nino Rota, Il maestro di Vigevano è interpretato da Alberto Sordi, Claire Bloom, Piero Mazzarella, Guido Spadea, Anna Carena, Egidio Casolari, Agniello Costabile, Gustavo D’Arpe, Eva Magni, Bruno De Cerce, Vito De Taranto, Nando Angelini, Lilla Ferrante, Gaetano Fusari, Ignazio Gibilisco, Ezio Sancrotti, Tullio Scavazzi.
Trama
Antonio Mombelli, un maestro elementare che vive soddisfatto della sua modesta ma decorosa condizione, viene travolto dall’ambizione della moglie Ada che, inseguendo fantasie di ricchezza, lo spinge ad abbandonare la carriera scolastica per investire la liquidazione in una piccola impresa artigianale. Mombelli sembra adattarsi alla nuova realtà che lo ha inserito in un ambiente diverso. Anche i suoi rapporti familiari sembrano riflettere beneficamente le migliorate condizioni economiche allorché, per una incauta affermazione, dovuta alla sua ingenuità, il piccolo commercio già prospero finisce in rovina a causa di una severa indagine fiscale. Per Mombelli è il crollo finale perché al fallimento dell’avventura industriale s’aggiunge, più dolorosa, la certezza che la moglie non lo ha mai amato e lo tradisce. L’improvvisa morte di Ada lascia il maestro nella più completa solitudine.
“Del romanzo di Mastronardi intendo portare sullo schermo non tanto l’aspetto riferentesi all’ambiente scolastico (che, mi pare, comunque, un elemento complementare della stesura del racconto), quanto piuttosto il clima greve del miracolo economico”.
(Elio Petri)
“Un film che è certamente uno dei suoi migliori, se non il migliore, per come sottolinea il contrasto tra la dignità morale della professione di maestro e la volgarità del mestiere di scarparo, spostando quindi l’oggetto della polemica dal mondo della scuola alla società che inseguiva il
benessere con ogni mezzo”.
(Alberto Moravia)
“Sordi è capace di arrivare alla coscienza di se stesso e del proprio vuoto intimo, di dare una verità corporea concreta, poetica a
quel senso di vuoto. Sì, la bêtise del Maestro è la metafora dell’indifferenza freddezza stanchezza di tutta una classe. Che forse Georges Dandin è intelligente? Eppure è uno dei personaggi più comici e più umani di Molière. Abbiamo detto Molière. Possiamo anche evocare Gogol’ e Čechov. Non saprei lode più valida”.
(Mario Soldati)
“E qui va dato il merito al regista di aver saputo tratteggiare efficacemente e modernamente una cittadina di provincia, di aver saputo dare al suo personaggio un retroterra ben individuato. Anche se poi il film spesso cede alle esigenze dello spettacolo di massa, di un gusto non sempre controllato, con scene e sequenze un po’ tirate giù, per i palati grossi e facili”.
(Gianni Rondolino, “Catalogo Bolaffi del Cinema Italiano 1956/1965).
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