Disponibile on line Ti ho sposato per allegria, un film commedia italiano del 1967 diretto da Luciano Salce, interpretato da Monica Vitti e Giorgio Albertazzi e tratto dalla commedia omonima del 1965 di Natalia Ginzburg. Prodotto da Mario Cecchi Gori, con la sceneggiatura di Sandro Continenza, Natalia Ginzburg e Luciano Salce, la fotografia di Carlo Di Palma, il montaggio di Marcello Malvestiti, le scenografie di Piero Poletto, i costumi di Luca Sabatelli e le musiche di Piero Piccioni, Ti ho sposato per allegria è interpretato da Monica Vitti, Giorgio Albertazzi, Maria Grazia Buccella, Michel Bardinet, Rossella Como, Paola Cortini, Luis La Torre, Italia Marchesini, Anna Saia. Maria Grazia Buccella fu premiata nel 1968 con il Nastro d’argento come attrice non protagonista.
Trama
Dopo una grossa delusione d’amore che stava per sfociare in un suicidio, Giuliana si sposa con Pietro, che ha conosciuto da poco.
I due vanno a vivere insieme, prendono una domestica e, seppur con qualche litigio, riescono a mantenere un buon menage di coppia, almeno nei primi giorni. Pietro, infatti, da sempre in lite con la madre, invita la donna e la sorella di lui a pranzo. La novella suocera si rivelerà una donna difficile, moralista e decisamente contraria al matrimonio lampo del figlio.
“Ginzburg disegna il ritratto di un matrimonio, di carattere piuttosto borghese, tra l’avvocato Pietro e Giuliana, una giovane donna di bassa estrazione sociale conosciuta ad una festa. Al momento di conoscere Pietro, Giuliana si trovava nel mezzo di una crisi. Il racconto della vita di Giuliana costituisce la trama principale della vicenda. Passano in rassegna vari dialoghi tra i personaggi. Spesso sono scambi di idee in cui la banalità della vita di tutti i giorni viene intrecciata ai problemi esistenziali: la sottile ironia della commedia consiste così nel raccontare in tono quasi allegro gli eventi più problematici: realtà come l’aborto, la morte, la separazione e l’incomunicabilità nei rapporti di coppia vengono in un certo senso sdrammatizzate e descritte con la massima naturalezza”.
(Wikipedia)
“Primi passi nel ménage familiare di un avvocato e di una ragazza svampita, sposatisi poche settimane dopo essersi conosciuti: il banco di prova decisivo dovrebbe essere il pranzo a cui sono state invitate la madre e la sorella zitella di lui, durante il quale però va tutto storto. Un lui serioso (ma non troppo) e una lei pazzerella: era la formula vincente di Nata di marzo di Pietrangeli, di cui questa è una versione pop, colorata e surreale, popolata dall’allegra vitalità dei personaggi femminili (non solo la moglie, ma anche la cameriera con cui rievoca il proprio passato in due divertenti flashback) e con richiami alle gag del cinema muto. La Vitti ha un ruolo forse più adatto alla Melato (che infatti pochi anni dopo avrà un personaggio simile in Caro Michele, sempre tratto dalla Ginzburg), ma se la cava niente male. Un film che dice molto sulla sua epoca, contrapponendo la voglia di vivere di fine anni ’60 alle forme incartapecorite della generazione precedente, incapace di aprirsi alle novità e meravigliosamente incarnata da Italia Marchesini”.
(FilmTv)
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