Disponibile su RaiPlay Marisa della Magliana, un documentario del 1976 diretto da Maricla Boggio. RaiPlay ha reso di recente disponibile la versione restaurata del film, andato in onda sulla Rai il 5 Dicembre del 1976 e presentato alla trentanovesima edizione del Festival di Torino. Dopo aver raccontato la vita di Marisa nello spettacolo teatrale Mara Maria Marianna e nel libro Ragazza madre, Maricla Boggio, per la Struttura 5 di Rai 2 e dedicata alle questioni femminili, realizza quello che viene definito «il primo telefilm femminista». Con Marisa Canavesi.
Trama
Marisa Canavesi vive alla Magliana, è una donna di servizio e passa le giornate in autobus con il figlio più piccolo. Marisa è una ragazza madre; con gli altri abitanti del quartiere lotta per il diritto alla casa e talvolta ospita qualche ragazza incinta respinta dalla famiglia. Marisa è piena di generosità e di comprensione per gli altri, esclusa dal banchetto della vita, ma non si rassegna, è una donna forte.
«Marisa è una donna della periferia romana ed è emblematica della situazione femminile, una ragazza madre che protesta per il lavoro, per la casa come tante donne. (…) Un altro tema legato a questa storia è la solidarietà perché sotto la guida di un prete belga, le famiglie trasferite da Prato Rotondo alla Magliana, sono riuscite a mantenere le loro case tutte insieme e tra le donne una delle protagoniste era Marisa».
(Maricla Boggio)
“Marisa della Magliana, che a me è sembrato grandemente notevole. Opera di Maricla Boggio, “Marisa della Magliana” è un chiaro e bellissimo ritratto di donna. MariclaBoggio ha avuto il merito di lasciar parlare una donna tenendosi in disparte, e seguendola ora per ora in una giornata della sua vita, senza ingombrare lo schermo né con dibattiti né con commenti superflui. Il ritratto ha così un pieno spazio, e ci è consentito di apprendere sulla condizione femminile alcune notizie chiare e reali.
Marisa della Magliana vive facendo servizi a ore. Grassa, dolce, lieta, essa è dotata di una grande facoltà di comunicare con gli altri, avendo una natura generosa, coraggiosa e solare, e senza acrimonie nei confronti delle avversità. Questa la rende diversa da tutti. Le sue giornate e la sua vita, e le disgrazie che le sono toccate, sono però simili a quelle di infinite altre donne. Essa è nata in un piccolo paese del Lazio, un pugno di casette storte su una rupe. Erano cinque figli e il padre se ne andò via. Toccò a lei, ragazzetta, allevare una sorellina piccola, andando a chiedere di casa in casa, ogni giorno, qualche pezzetto di pane per cucinare un pancotto. Poi la famiglia si trasferì a Roma, in un’azienda agricola. Al paese la casa era “di muro”; a Roma, ebbero una baracca.
Sui diciassette anni, Marisa si sposò. Più vecchio di lei, il marito le parve un padre. Ebbero un bambino. Poi il marito se ne andò con un’altra. Conobbe un uomo, questa volta giovane: non un padre, ma un allegro compagno o un figlio. Ma quando s’accorse di essere incinta, erano già disuniti. Non volle abortire. Con altre donne e con l‘aiuto di un prete, don Gerardo Lutte, mosse battaglia per ottenere un alloggio. Ebbe così l’alloggio dove ora vive con i due figli. Si porta dietro il più piccolo, quando va a lavorare.
Le accade a volte di ospitare qualche ragazza incinta, che i familiari respinsero. Tempo fa venne a trovarla il padre del bambino più piccolo; le disse che aveva deciso di dare un nome al bambino. Essa gli rispose che il bambino aveva bisogno di un padere, non di un nome. Il nome, il bambino l’aveva, ed era quello di lei. Un padre, era chiaro che il bambino, da quella figura sfuggente, balorda e sconsiderata, non se lo poteva aspettare”.
(Natalia Ginzburg, “Bel ritratto di donna”, Corriere della sera, 6 Dicembre 1976)
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