Ci sono “poster incorniciati di attrici e attori” e una “grande libreria gremita di innumerevoli libri e riviste di cinema” in quel modesto appartamento di un grigio condominio anni Sessanta del quartiere Tiburtino a Roma: luogo dove riaffiorano i malinconici ricordi del misterioso omicida e dove viveva la defunta Eleonora, un’aspirante attrice che anni addietro aveva visto spezzarsi il suo sogno, vittima delle dinamiche a volte spietate dello show business. La sua memoria va vendicata.
La passione di Eleonora era sempre stata il cinema: Hollywood, l’espressionismo tedesco, la Nouvelle Vague, i film giapponesi, i capolavori dei maestri italiani. E il cinema è il filo conduttore del nuovo, avvincente romanzo di Antonio Tentori, Soggettiva di un delitto, edito da Shatter. Una crime story – di cui abbiamo brevemente descritto l’antefatto – dove le ombre di celluloide si alternano costantemente alle ombre di un passato oscuro e alla serie di delitti che ne scaturiscono… il ricordo delle arene estive con scomode sedie in plastica, quello della frequentazione domenicale delle sale di prima visione o ancora vecchi film in bianco e nero (soprattutto gialli e thriller) conservati in Vhs o rivisti, a distanza di anni, sullo schermo di un pc portatile, come in una moderna moviola. Sullo sfondo del romanzo troviamo anche l’area di Manziana, scenario naturale di molti spaghetti western, e la Casa del Cinema di Villa Borghese.
Le citazioni cinefile non si contano, a partire dalla lunga lista di film menzionati dall’autore o dai personaggi: Un maledetto imbroglio di Pietro Germi (1947), Ascensore per il patibolo di Louis Malle (1958), Suspense di Jack Clayton (1961), Ercole al centro della terra (1961), La ragazza che sapeva troppo (1962) e Sei donne per l’assassino (1964) diretti da Mario Bava, La donna del lago di Franco Rossellini e Luigi Bazzoni (1965), Senza sapere niente di lei di Luigi Comencini (1969), Alien di Ridley Scott (1979), Nuovo cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore (1988), La voce della luna di Federico Fellini (1990). L’omaggio alla settima arte continua con i nomi di Alfred Hitchcock, Fritz Lang, Robert Siodmak e non manca uno scherzoso tributo – tra le righe, ma il lettore attento non potrà non accorgersene – al Pupi Avati di La casa dalle finestre che ridono (1976).
Come in un gioco di scatole cinesi, dalle citazioni filmiche prende vita la cronaca nera, dalla cronaca nasce il copione per un film (ispirato a un delitto rimasto insoluto, avvenuto nel 1990 sul lago di Bracciano) che a sua volta origina nuovi fatti criminosi. Il primo di questi nuovi eventi è proprio il furto della sceneggiatura intitolata Il freddo del mattino (a simboleggiare un “freddo dell’anima”) scritta da Francesco Terzi, uno dei protagonisti del romanzo. Come lui, anche gli altri personaggi principali appartengono al mondo del cinema: il regista Daniele Mantovani, una assistente alla regia, gli attori, un critico cinematografico. Vediamo predisporre il set per l’inizio delle riprese e assistiamo ai capricci della prima attrice. “Aleggiava un’atmosfera eccitata, quella che di solito precede l’inizio delle riprese di un film”, si legge nelle pagine di Tentori: un’atmosfera che però, nel giro di poche ore, da eccitante si fa inquieta.
Quando Francesco prova a ricostruire gli strani eventi che si sono succeduti, Tentori scrive: “una serie di immagini si dispiegò nella sua mente, come le scene di un film”, “un film che stava scrivendo in quello stesso momento”. In uno scambio continuo tra fiction cinematografica e vita reale, l’aiuto regista Barbara dice a Mantovani spaventato dalla catena di omicidi: “Cosa vorresti dire? Che adesso tu potresti essere il prossimo? Non siamo mica in un film”.
Alla fine, un colpo di scena rivela che anche l’assassino proviene dall’ambiente del cinema e l’epilogo di tutta la storia si consuma sotto i riflettori di un teatro di posa, come in un film, confermando l’interessante legame tra l’intreccio di Soggettiva di un delitto e il grande schermo. Un romanzo, dunque, che non piacerà soltanto agli avidi lettori di gialli, ma anche (e forse soprattutto) ai più irriducibili appassionati di cinema, che tra i luoghi e i personaggi dell’irrequieta estate romana del racconto potranno ricostruire una storia ideale della cinematografia del Novecento.
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