Disponibile su RaiPlay La prima luce, un film del 2015 scritto e diretto da Vincenzo Marra. Il film ha per protagonista Riccardo Scamarcio, affiancato da Daniela Ramirez. È stato presentato per la prima volta alla 72ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia ed è uscito nelle sale italiane il 24 settembre 2015. Prodotto da Arturo Paglia e Isabella Cocuzza, con la sceneggiatura di Angelo Carbone e Vincenzo Marra, la fotografia di Maura Morales Bergmann, il montaggio di Vincenzo Marra e Sara Petracca, le scenografie di Maria Teresa Padula e Ángela Torti, i costumi di Eva Palmisani e le musiche di Camila Moreno, La prima luce è interpretato da Riccardo Scamarcio, Daniela Ramirez, Gianni Pezzolla, Luis Gnecco, Alejandro Goic, Paulina Urrutia, Maria Eugenia Barrenechea.
Trama
Marco un giovane e spietato avvocato, convive con Martina una ragazza sudamericana e il loro figlio Martin di 8 anni. I tre vivono a Bari. In seguito a dissidi irrimediabili con il suo compagno e sentendosi braccata dalla legge, Martina decide di scappare. Riesce a tornare nel suo paese d’origine, insieme al bambino e far perdere le sue tracce. Marco senza il suo piccolo non riesce a stare, a vivere. Dopo aver fatto una serie di buchi nell’acqua nell’invano tentativo di ritrovarli, decide di partire per l’America Latina. Dopo una lunga ricerca riesce a scoprire dove vive Martina, ma quando sembra arrivato il sospirato momento di riabbracciare il suo piccolo, Marco viene aggredito dalla legge locale che di fatto gli impedisce di rivederlo. La sua vita viene rovesciata completamente. Dopo un viaggio del profondo, Marco pur di trovare il modo di non perdere il figlio, decide di restare. Inizia a lavorare come un vero e proprio emigrante, in un ristorante italiano, come tanti nostri connazionali hanno fatto nella storia e visti i tempi, come molti, si apprestano a fare di nuovo.
L’ultimo film di Vincenzo Marra mette in scena una storia che si presta a diverse chiavi di lettura, in quanto la sceneggiatura è volutamente stratificata, ma anche rimanendo in superficie non mancano gli spunti di riflessione stimolati a più riprese. La prima luce convince per la costruzione delle vicende, l’elaborazione dei personaggi e, infine, per le ottime prestazioni degli attori, su cui svetta un bravissimo, in questa occasione, Riccardo Scamarcio. Molti sono i temi trattati, a partire da quello spinosissimo della tutela dei minori che, purtroppo, il più delle volte, si tramuta nella difesa degli interessi della madre, a scapito di padri sempre più maltrattati e messi al bando (ormai non fa più scalpore la questione dei padri clochard, ridotti al lastrico dal fallimento di precedenti relazioni matrimoniali).
La storia è costruita ad arte, anche se, è difficile dirlo con sicurezza (nel senso che non sappiamo se la cosa è voluta o no), non mancano alcun vuoti nella sceneggiatura che orientano inevitabilmente le simpatie dello spettatore per i vari personaggi. Per esempio, dopo essere tornata nel suo paese di origine, il Cile, Martina (Daniela Ramirez) accusa il suo ex compagno, Marco (Riccardo Scamarcio), di esser stato violento nei suoi confronti e verso il figlio, eppure nel film non emerge assolutamente questo aspetto, anzi vediamo un padre estremamente amorevole e protettivo. Il sospetto è che gli sceneggiatori (Angelo Carbone e lo stesso Vincenzo Marra) abbiamo, magari inconsciamente, perorato la causa del padre che, a conti fatti, risulta l’eroe della storia, vessato, umiliato e che, comunque, nonostante il comportamento deprecabile di Martina, che letteralmente sequestra il figlio, dimostra un amore infinito che lo porta prima in Cile, alla ricerca disperata di Mateo e, infine, a rimanervi, nonostante tutte le difficoltà connesse col suo lavoro, pur di potergli stare accanto.
E poi, certamente, non mancano alcuni sottostesti che convocano lo spettatore a meditare sulla contrapposizione di due mondi, nella fattispecie la vecchia Europa, satura e decadente, e l’America Latina, un’area geografica che sta vivendo un momento di grande crescita economica e che offre nuove ed entusiasmanti condizioni di vita. Per non parlare della questione dei desaparecidos che l’ambientazione in Cile spettralmente rievoca. Ma, come si diceva all’inizio, è sufficiente rimanere sul primo strato della sceneggiatura che, nonostante qualche riserva è comunque valida, per decretare la bontà dell’ultimo film di Vincenzo Marra, che non annoia mai e che, grazie alla bravura dei suoi interpreti, stimola fortemente il processo di immedesimazione dello spettatore, che partecipa vivacemente alle vicende che si susseguono sullo schermo. Reduce dall’ottimo docu-fiction L’amministratore, dunque, Vincenzo Marra torna al film di finzione e lo fa egregiamente, convincendo, con una storia dura, non furba, asciutta, si potrebbe dire minimalista, come la recitazione in sottrazione degli attori protagonisti. Un buon film italiano che merita la visione sul grande schermo.
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