Jonathan Glazer (Sexy Beast – L’ultimo colpo della bestia, Birth – Io Sono Sean, Under The Skin), regista inglese che viene dal mondo dei videoclip, con La zona d’interesse firma il suo film di maggiore visibilità e candidature a premi interazionali: già vincitore del Premio Speciale della Giuria a Cannes, in concorso per la Palma d’Oro e candidato a 5 Premi Oscar.
Quel che caratterizza il lavoro di Glazer, che in questo caso tratta il tema dell’Olocausto, già ampiamente affrontato dalla cinematografia mondiale, è l’originalità del punto di vista. Non è tanto la storia raccontata e le piccole, meschine vicende dei protagonisti ad essere importante, non è quello che vediamo, piuttosto quello che non vediamo, che è al centro della vicenda. Il suo è un lavoro di sottrazione, che da subito coinvolge e fa rabbrividire lo spettatore. Come insegnano la cinematografia del terrore, quel che fa davvero paura è il percepito, l’intravisto, e non il mostrato.
La Zona d’interesse infatti è un film principalmente sonoro, nel quale il dolce ronzio delle api in una mattinata estiva in Baviera, si mescola alle grida disperate e agli spari di morte del piano di sterminio nazista, nella totale e vacua indifferenza dei protagonisti. Dietro al quadro di una felice famiglia bavarese che prende il sole in giardino, si staglia un silenzioso e denso fumo grigio, che è quello dei forni crematori.
Si tratta di un caso di schizofrenia, il cui termine deriva dal greco σχίζω (schízō, ‘io divido’) e φρήν (phrḗn, ‘cervello’), e cioè “scissione della mente”, che però negli anni della seconda guerra mondiale afflisse gran parte dei membri di un paese.
Prendendo spunto dal libro omonimo dello scrittore, scomparso nel 2023, Martin Amis, La Zona d’interesse descrive la vita bucolica della famiglia di Rudolf Höß, comandante del campo di concentramento di Auschwitz. Essi abitano all’interno della cosiddetta area di interesse (Interessengebiet), a breve distanza dal muro del campo di concentramento.
Anche se il capofamiglia è molto impegnato col lavoro, cerca di ritagliarsi del tempo per leggere le fiabe della buonanotte o andare a pescare al fiume coi suoi cinque bei bambini biondi. La moglie Hedwig – una strepitosa Sandra Hüller, già giganteggiante in Anatomia di una caduta – si occupa di casa e giardino, strapazza occasionalmente le povere domestiche e mostra, con immenso orgoglio, alla madre, venuta in visita, tutto quel che la sua famiglia possiede e la bella vita che conducono. Torte alla panna, mirtilli coltivati in casa, la tavola imbandita, l’affettuoso cane di famiglia, qualche discussione e incontro di lavoro per lui, rape, fiori e fragole da coltivare per lei.
Nel frattempo, a pochissimi metri da loro, si sta consumando uno dei più perversi e inconcepibili orrori della storia del genere umano. Glazer ricalca questa atmosfera surreale e straniante dal libro di Amis, eliminandone sia gli intrecci amorosi che il grottesco umorismo che invece caratterizzano l’opera letteraria (Gallimard in Francia e Hanser in Germania si rifiutarono di pubblicare il romanzo) e si limita a riportare questa folle scissione che, nel corso del film, sul finale, diventerà anche temporale.
Il riuscito percorso del film è tutto in questo sconcertante sonoro, in questo odore di cadaveri bruciati che inevitabilmente avvolge la perfetta vita della perfetta famiglia tedesca, che è organizzata proprio secondo le indicazioni del Führer. L’argomento “ebreo” spunta occasionalmente, con noncuranza e scioltezza, in qualche conversazione riguardante delle belle tende o una pelliccia. Pettegolezzi tra matrone e virili riunioni di lavoro su come gestire le stanze dei forni crematori sono completamente disumanizzanti, incapaci di percepire la gravità e la vastità dell’orrore. Questo ci sarà restituito da alcuni piccoli incidenti, come ossa umane ritrovate nell’acqua mentre la famiglia fa il bagno, o la scena del giardiniere che concima le piante con cenere umana.
Glazer centra bene anche la rappresentazione dell’ideale nazista portato avanti da Hitler, cioè il tentativo utopistico e irrealizzabile di eliminare l’errore e l’imperfezione dalla vita umana, ma l’imperfezione è l’essenza stessa dell’umano, e più la nostra famiglia cerca di essere perfetta, ignorando ed uccidendo (coscienza, compassione e vite), e più risulta mostruosa.
La madre della protagonista, pur abbracciando in pieno gli ideali nazisti e manifestando ammirazione formale per ogni cosa, con la sua partenza nascosta ed improvvisa, ci conferma, oltre il visibile e il dicibile, l’atmosfera insostenibile e ammalata che permea quei luoghi.
La Zona d’Interesse, tuttavia, pur restando un lavoro prezioso, non riesce a mantenere la coesione narrativa e la tensione della prima parte del film nel suo epilogo, e si chiude su immagini e scene enigmatiche che lasciano qualche perplessità. Forse, per quanto brillanti, coinvolgenti e innovative possano essere le soluzioni sonore o visive (sogni al negativo, sirene improvvise, schermi a tutto colore), queste suggestioni vanno dosate con cautela e non possono del tutto sostituire il valore di una narrazione classica, che a differenza di un videoclip si dipana nel tempo e ha bisogno di un’ossatura. Ma, visto il grande riscontro positivo del film, chissà che la cancellazione, parziale, di una storia, non sia semplice sperimentazione ma il futuro verso il quale sta andando la narrazione, e con essa il cinema.
Data di uscita: 22 febbraio 2024
Genere: Drammatico, Storico, Guerra
Anno: 2023
Regia: Jonathan Glazer
Attori: Sandra Hüller, Christian Friedel, Ralph Herforth, Max Beck, Stephanie Petrowitz, Marie Rosa Tietjen, Lilli Falk, Wolfgang Lampl
Paese: Gran Bretagna, Polonia, USA
Durata: 105 min
Distribuzione: I Wonder Pictures
Sceneggiatura: Jonathan Glazer
Fotografia: Lukasz Zal
Montaggio: Paul Watts
Musiche: Mica Levi
Produzione: A24, Extreme Emotions, Film4, House Productions, JW Films
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