È trascorso ormai tanto tempo, quasi cinquant’anni, da quel primo film di Luciano Salce (era il 1975) che aveva per protagonista il remissivo e sfortunato ragionier Ugo Fantozzi, personaggio ideato da Paolo Villaggio le cui disavventure erano già state raccontate in due libri di successo: Fantozzi (1971) e Il secondo tragico libro di Fantozzi (1974).
L’attrice romana Anna Mazzamauro, classe 1938, aveva sempre desiderato interpretare Medea, controversa figura mitologica dell’antica Grecia, ma da quel film del 1975 è diventata per tutti, e per sempre, la signorina Silvani, l’oggetto del desiderio di Fantozzi. Croce e delizia: un ruolo fortunatissimo, ma anche un pesante fardello se così si può dire, perché da quel momento la Mazzamauro è rimasta imprigionata nella maschera grottesca della conturbante (e tragicamente sola) Silvani e, inevitabilmente, nel ricordo indelebile di Fantozzi.
E così, nella splendida cornice del Teatro Sociale di Camogli, Anna Mazzamauro ha fatto tappa con uno spettacolo one woman show che mette in scena quel legame indissolubile: Com’è ancora umano lei… caro Fantozzi, novanta minuti di aneddoti, riflessioni, canzoni (con la partecipazione del maestro Sasà Calabrese al pianoforte) per ricordare l’incontro che ha cambiato per sempre la vita professionale dell’attrice, arrivando persino a una sorta di fusione androgina in cui la Silvani/Mazzamauro indossa il basco blu calandosi nel personaggio del reietto ragioniere.
“La Silvani è la mia ombra, quella signorina mi appartiene di diritto”. Impasto di donna e solitudine, la chiama “puttana” ma aggiunge che non si sputa nel piatto in cui si è mangiato per anni: prova di un rapporto altalenante di odio e amore. Inizialmente, però, la Mazzamauro si era recata al provino per la parte della moglie di Fantozzi, la signora Pina. Non ben conscia di cosa comportasse quel ruolo, si presentò tutta agghindata, con trucco marcato, calze a rete, vestitino rosso attillato. Salce le disse: “Anna, ti ricordavo più brutta”. Ma Paolo Villaggio ebbe una formidabile intuizione: lei era adatta per l’altro ruolo, quello del sogno proibito di Fantozzi, perché uno come Fantozzi non poteva desiderare altro che una donna così, brutta ma sui tacchi a spillo. Aveva ragione e al primo film (che fu un successo straordinario di pubblico) ne sono seguiti altri fino alle soglie del nuovo millennio: commedie argute e intelligenti dal retrogusto amaro.
La Mazzamauro ha sempre scherzato, e continua a farlo, sulla propria bruttezza (ma oggi, all’età di ottantacinque anni, sembra bella, come tutte le donne invecchiate straordinariamente bene). Nella sua carriera, frasi del tipo “Se vieni a letto con me ti faccio fare il cinema” non gliele ha dette mai nessuno. Purtroppo ! Con spassosa autoironia, nel corso dello spettacolo l’attrice spiega anche che da bambina era solita recitare di nascosto in bagno e per questo motivo è “diventata un cesso di donna”. Poi ricorda il truccatore Gianfranco Mecacci: il regista insisteva per un trucco che la facesse sembrare un mostro e Mecacci, senza fare una piega, rispose “Dottore, per me è bella che pronta !”. A rincarare la dose ci ha sempre pensato Villaggio, con il suo abituale cinismo: ospite insieme alla Mazzamauro nel salotto di Barbara D’Urso, svelò i retroscena del provino e disse di averla scelta come si sceglie un cesso.
Le storie dei personaggi si sovrappongono a quelle degli attori. Così, oltre a scoprire che il ‘labbruzzo’ semovente e provocante della Silvani era nato come involontario omaggio alla canzone Bocca di rosa di Fabrizio De André (grande amico di Villaggio) o a ricordare la scena del ristorante giapponese con il povero cagnolino Pierugo servito come pietanza, capiamo qualcosa di più sul rapporto tra i due colleghi fuori dal set. Come quella volta in cui Villaggio, a Courmayeur per le riprese del primo film, si confidò con la Mazzamauro dicendole di essere stato contattato da Giorgio Strehler che lo voleva come attore al Piccolo Teatro di Milano, oppure il loro ultimo commovente incontro poco tempo prima che Villaggio morisse: non erano mai riusciti a diventare veramente amici, c’era sempre stato un muro bianco a dividerli e lui scherzando diceva di voler frequentare solo colleghi ricchi e famosi, ma quella volta, già sulla sedia a rotelle spinta dal figlio, l’attore le aveva preso il volto tra le mani (la Mazzamauro si era abbassata, per mettersi rispettosamente al suo stesso livello) e aveva esclamato “Come sei bella !”.
Il ricordo non può non andare anche agli altri indimenticabili attori del cast di Fantozzi: Plinio Fernando, che con gli abiti della mostruosa Mariangela si era fatto venire una vistosa erezione durante una pausa dalle riprese, e Gigi Reder/ragionier Filini, con il quale la Mazzamauro confessa di essersi divertita da morire. Ma alla fine è solo con Villaggio/Fantozzi che bisogna fare i conti e la signorina Silvani sentenzia: “Fantozzi è stato l’unico uomo che mi abbia veramente amato. Amato me, che sono una merdaccia schifosa !”. A lui, dunque, in chiusura vengono dedicate le note e le parole della canzone In cerca di te (perduto amor), portata al successo da Natalino Otto negli anni Quaranta:
Sola me ne vo per la città
Passo tra la folla che non sa
Che non vede il mio dolore
Cercando te, sognando te, che più non ho…
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