Alla sua uscita, nel 1966, Il Lago di Satana di Michael Reeves fu bollato come delirante per essere rivalutato solo negli anni a seguire.
Ed in effetti, questo horror presenta momenti imprevedibili e stranianti, che uniscono comicità smaccata e satira politica a suggestioni autenticamente macabre. Libera sperimentazione del giovanissimo regista inglese, al suo secondo lavoro, dopo Il castello dei morti vivi (a più mani) a cui sarebbero seguiti Il Lago di Satana, Il killer di Satana (con Boris Karloff) e Il grande inquisitore. Quest’ultimo viene considerato il suo più riuscito, forse per la presenza dell’ormai anziano e immenso Vincent Price – al quale il regista avrebbe preferito Donald Pleasence – o forse perchè narrava la storia vera del folle inquisitore Matthew Hopkins, attivo nella prima metà del 1600, che durante il caos della guerra civile si scatenò in torture e uccisioni di presunte streghe.
Il regista sarebbe morto tre anni dopo l’uscita del Il Lago di Satana, all’età di 26 anni non ancora compiuti, a causa di un mix di alcool e medicinali, forse accidentale, forse no.
Una coppia di turisti, sposini in viaggio di nozze, attraversa la Transilvania. Lei, Veronica, è la bellissima, sinuosa e inquietante Barbara Steele, lui è un amico storico del regista, Ian Ogilvy, con una lunga carriera cinematografica ancora davanti.
Siamo in una Transilvania comunista, i cui abitanti si barcamenano tra piccole beghe e dialoghi sulla proprietà degni di Cuore di Cane di Bulgakov.
I due giovani prendono alla leggera le voci popolari che riguardano una strega del settecento, Vardella, della cui morte ricorre l’anniversario, e che fu trafitta, crocifissa e annegata nel lago. Un flashback di rara crudezza ce la mostra in tutto il suo orrore, ma quello che più colpisce è la violenza degli abitanti del luogo, pronti a farsi giustizia sommaria nel modo più efferato. Dopo una serie di avventure tragico-erotiche, l’ignara coppia, incapace di comprendere la potenza della maledizione che travalica la modernità e si mimetizza tra le sue pieghe, durante un viaggio perde il controllo dell’automobile, e il mezzo precipita nel lago. L’uomo, al volante, si salva, ma al posto della sposina viene tratto dalle acque un corpo orrendamente deturpato.
Il male che affligge la Transilvania non è che il frutto nato da terre già fertili di crudeltà.
Il regista anticipa anche un topos horror che sarebbe diventato ricorrente. Quanti film, negli anni a venire, sarebbero stati connotati da questa situazione on the road, iniziata con un viaggio apparentemente sereno, proprio in auto, intrapreso da una modernità rassicurante (coppie, famiglie, amici), sicura di sè e ingenua, che si ritrova poi fatalmente a fronteggiare misticismo, demoni, mostri e tutto ciò che d’occulto, il contemporaneo, cerca di occultare?
La metamorfosi di Veronika in Vardella sarà compresa solo da un discendente del celebre Van Helsing, un nobile decaduto, raffinato nell’abbigliamento e nei modi ma costretto a vivere in una grotta, visto che il suo castello è stato confiscato. La saggezza antica e l’amore dello sposo saranno gli ultimi avamposti capaci di arginare un Male che dilaga indisturbato per il mondo, come si evince dall’ammiccante finale.
Il lago di Satana (She beast) è un film che se può risultare narrativamente imperfetto, ha molte frecce al suo arco. Intanto fa paura, in modo sotterraneo, insinuante, grazie simbologie arcane disseminate con noncuranza apparente lungo tutta la storia. E grazie alla strega, che è di una bruttezza al limite dell’inguardabile e priva di qualsiasi psicologia, agisce come una belva meccanica, sempre assetata di bambini. Eccessiva, grottesca forse, ma è il Male allo stato puro. La corsa di un bimbo ferito, sanguinante, in fuga e l’immagine un altro steso nella bara, vittima precedente delle sue malefatte, il sangue rosso vivo, fintissimo e al contempo disturbante, ampiamente elargito lungo tutto il film, ci mostrano che anche se si scherza, tra lazzi, inseguimenti buffi e belle scollacciate, si sta facendo sul serio.
Girato in Jugoslavia, con pochissimi mezzi, da un ragazzo poco più che ventenne, Il Lago di Satana è una perla del terrore dimenticata e il preludio di cosa avrebbe potuto fare ancora Michael Reeves, se non fosse morto così prematuramente e misteriosamente.
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