Il gusto delle cose, nuovo film del regista franco-vietnamica Trần Anh Hùng, è un’immersione che prende avvio nel 1885 per muoversi con sinuosa raffinatezza tra i brividi multisensoriali offerti dai rituali culinari del rinomato gourmand Dodin Bouffant (Benoît Magimel), studioso della cucina come una suprema ricerca scientifica, e della cuoca Eugénie (Juliette Binoche), che con lui condivide, da vent’anni, laboriosi pranzi, ma anche, in numerose occasioni, la stanza da letto.
Dopo l’abbaglio della prima mezz’ora, in cui la massima immersività tra le pratiche culinarie cadenza la minuziosa osservazione delle tecniche del gusto e delizia il nostro sguardo tra gli ortaggi, i lombi di vitello, la panna fresca su un pesce aperto e tutta una serie di raffinatezze, ecco che ci troviamo sempre di più a gustare con i sensi, a percepire come vicinissime a noi le prelibatezze condivise dal gruppo di appassionati di cucina convocati a deliziarsi non lesinando giudizi e commenti praticamente sempre entusiasti. Dodin, in tutti questi anni, ha rivolto a Eugénie numerose proposte di matrimonio, a cui lei (non) ha risposto standogli comunque vicino, “parlando” con lui soprattutto il linguaggio della cucina, che nella loro intesa diviene altissima pratica di raffinatezza e gusto, un culto per la ricerca di equilibri e sapori che il film dipinge in momenti di composta e minuziosa eleganza.
Tra Dodin ed Eugénie scorre un legame che il cucinare insieme manifesta in un’intesa dai tratti sacrali, dove l’essere portati a intuire un’armonia di sapori è un dono che fatalmente riconduce a un orizzonte romantico, perché ciò che succede in cucina è un minuzioso lavoro alla ricerca del miracolo di equilibri. Sono i rumori naturali – gli uccelli, il vento, i rumori della cucina – a tessere l’ordito sonoro di un film in cui l’enfasi è contenuta nelle immagini, nei sapori suggeriti dai bagliori cromatici, in un esercizio di misura che la macchina da presa mobile e precisissima cadenza, dando respiro denso a una narrazione che nel dramma romantico di due anime rispecchia come la comune passione per i fornelli sia una forma d’arte. Ogni dettaglio, gesto, misurazione, mescolamento, racconta senza alcuna forzatura sentimentale il lavoro e la dedizione che tengono in magica armonia Dodin ed Eugénie, coppia impegnata in prodezze gastronomiche prive di sbavature, il cui ideale è per una cucina alta, nobile, mentre l’amore è qui una forma elevata, preziosa, di condivisione.
In questo straordinario lavoro dei sensi dell’autore de Il profumo della papaya verde (1993), le frasi di Dodin, considerato il Napoleone della cucina, sono florilegi di competenza e dettagli, espressione di una dialettica filosofica che tuttavia, secondo Eugénie, non fanno (ancora) di lui un poeta. Dodin non si sottrarrà alla sfida di diventarlo, omaggiando l’amata in una splendida cena in cui sarà proprio Eugénie la sola invitata, e lui il gourmand innamorato e dedito a far capitolare la dama in un fidanzamento e poi in un matrimonio.
La loro passione si accende nel comune affiatamento tra i gusti, le pentole, i mescolamenti che accompagnano la loro vita dedita al gusto, alla sensorialità, ovvero alla sensualità, di cui offre una lampante sintesi il montaggio tra il dessert con la pera al naturale e il corpo nudo di Eugénie. Un’attrazione nobile, che va oltre l’immediatezza dei sensi e si sedimenta nel sussulto dei gusti e delle composizioni di una cucina come forma di conoscenza, arte, armonia. Il destino che impedisce il lieto fine, lascia Dodin tra il tormento e il vuoto, nel rimpianto di una condivisione che gli ha permesso lunghi anni di ricerche e passioni. Ma il film, schiudendo evocativamente plurime letture, conduce alla riflessione che il gusto, come l’amore, è un valore altissimo, un brivido che ogni generazione ha il compito di coltivare, con dedizione e perseveranza, con la sensibilità e la cultura di chi, ammirando il gusto (per il cibo, per la poesia, per la filosofia, che nel film risuonano in un’armonia di sapori), ha l’ardire di professarsi chef e innamorato di una passione, di una cultura, di una Storia che rivela un mondo anche attraverso un semplice boccone. Una straordinaria tradizione di vini e di fiamme culinarie rivive in questo film in cui la passione – per il proprio lavoro, per il linguaggio dei sensi e dei gusti della cucina – ha cittadinanza insieme all’omaggio a una donna, la cuoca Eugénie, che difende la sua indipendenza ma non si sottrae al gusto della seduzione, e che in Dodin trova il riconoscimento del suo valore ben oltre le convenzioni che la vorrebbero sposa e poi anche cuoca.
In lei vibra una dignità che è motivo di fascino per il protagonista e per lo spettatore. Lode agli interpreti e a un cast di rara bellezza.
Regia: Tran Anh Hung.
Cast: Juliette Binoche, Benoît Magimel, Emmanuel Salinger, Patrick d’Assumçao, Galatéa Bellugi.
Titolo originale: La Passion de Dodin Bouffant.
Genere: Drammatico, – Francia, 2023
Durata 145 minuti.
Uscita cinema: giovedì 9 maggio 2024
Distribuzione: Lucky Red.
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