L’ispettore di San Francisco Harry Callaghan, solitario la cui moglie è morta in un incidente stradale causato da un rapinatore in fuga, ritorna nel film di Ted Post Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan (Magnum Force, 1973), ritenuto da Clint Eastwood il suo preferito di quella che diventa una saga di cinque film. Anche nel nuovo poliziesco si coglie un riferimento alla moglie morta dell’ispettore, per il dettaglio di una foto che appare nel suo appartamento, mentre si regala al personaggio un momento amoroso, pausa di freschezza in un racconto che questa volta vede coinvolto Callaghan in una vicenda in cui dovrà vedersela non più con un maniaco omicida ma con i dilemmi morali e la legge.
A infliggere preoccupazioni a “Harry la carogna” questa volta è il superiore Neil Briggs, il quale disapprova pubblicamente i metodi duri di Callaghan, quando in realtà Briggs è il capo di una squadra della morte di poliziotti che uccidono delinquenti senza alcun rispetto delle leggi. Per interpretare Briggs è chiamato l’attore Hal Halbrook, il quale, tre anni dopo, sarà l’enigmatico “Gola profonda”, l’informatore misterioso di Tutti gli uomini del presidente (All The President Men, Alan J. Pakula, 1976), racconto cinematografico memorabile dell’inchiesta dei giornalisti Bob Woodward e Carl Bernstein nello scandalo Watergate del 1972. Harry adesso è affiancato dal detective nero Early Smith (Felton Perry), ideale partner dell’ispettore che per il primo film fu accusato di razzismo anche per essersi rivolto con toni altezzosi ad un delinquente afroamericano. Eastwood sa rendere Harry persino simpatico, grazie ad alcune battute ad effetto, mentre offre risolutezza, con il suo carisma silenzioso, ai modi del suo personaggio, che lo portano spesso ad avere ragione e ad autoconvincersi che siano la sola strada percorribile in quel frangente. In particolar modo Harry deve confrontarsi contro il giustizialismo dei vigilantes, orrenda e pericolosa deriva di un sistema che trova in Callaghan il pistolero errante dalla parte della giustizia. Briggs vorrebbe che Callaghan si unisse a lui, ma Harry, pur disilluso (e nonostante lo si sia visto gettare il distintivo al termine del primo film), ha giurato di difendere il sistema con l’auspicio che le sue falle possano essere corrette, inoltre due suoi colleghi e amici hanno perso la vita.
Ted Post, il quale con il western Impiccalo più in alto (Hang ‘Em High, 1968) aveva già contribuito a riportare Eastwood in America dopo la trilogia leoniana che diede al giovane attore grande popolarità, questa volta trasporta una sceneggiatura dei due fuoriclasse John Milius e Michael Cimino, per contribuire ad alzare il coinvolgimento con il personaggio di Callaghan. Post non è nuovo ai sequel (si ricorda L’altra faccia del pianeta delle scimmie, 1970), ed è un regista attivissimo sul fronte televisivo, un artigiano diligente che con Eastwood conobbe il successo della serie Rawhide (1959-1965), primo trampolino di lancio per l’attore. Il nuovo film non conosce il vivace dinamismo stilistico del predecessore diretto da Don Siegel, presenta qualche schematismo e tuttavia restituisce con una certa efficacia l’atmosfera distopica che la sceneggiatura di Milius e Cimino (il primo futuro regista di Dillinger, il secondo esordirà con Eastwood alla regia de Una calibro venti per lo specialista) sa condire degli interrogativi grazie a cui Harry scopre che nell’ambiente a lui più familiare cova il marcio.
Con una tensione meno incalzante e una regia più dimessa rispetto alla riuscita visionaria e il grande smalto de Ispettore Callaghan: il caso scorpio è tuo!, Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan sposta l’orizzonte della battaglia personale del protagonista, con la violenza che non è solo una questione di percezione da parte del pubblico, ma una realtà che rischia di essere nascosta tra le istituzioni e i tutori dell’ordine.
E più che mai il nuovo film ci porta a entrare in sintonia con Callaghan, le cui maniere forti non sono frutto di brutalità, ma affiancate da una tensione morale per quanto attraversata dall’amarezza, dall’adesione a un ideale evidentemente più incline ad essere difeso da pochi solitari.
Grazie al nuovo film conosciamo meglio il personaggio, che ha nell’animo il ricordo dei colleghi scomparsi durante il lavoro (Harry non si concede alla ex moglie di un caro defunto, probabilmente per senso di lealtà verso lo scomparso e per non approfittare di una donna fragile), il cui fascino attira le attenzioni desideranti di un’avvenente giovane vicina asiatica.
Il senso de limite, il rigore umano ed esistenziale, permeano l’apparentemente granitico Callaghan, il quale, alla fine del film, dopo aver provocato l’esplosione dell’auto che ospita il tenente corrotto, ricorda che “ognuno dovrebbe conoscere il proprio limite”. Quella legge e quella morale su cui Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan invita a riflettere, dando espressione all’inquietudine con la visibilità delle azioni di questi pericolosi poliziotti che vediamo in un cinemascope su cui svetta il volto di David Soul, di lì a poco celebre nel ruolo, diversissimo, di Ken Hutchinson nella serie tv Starsky e Hutch.
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