L’amore non si sa
Regia: Marcello Di Noto
Genere: drammatico, Italia, 2020 – 92 min.
Interpreti: Antonio Folletto, Silvia D’Amico, Diane Fleri, Gianni D’Addario, Simone Borrelli.
Denis, musicista e donnaiolo, lavora e si diverte sulla scia del business neomelodico gestito dalla malavita, senza farsi troppe domande. Quando si trova, suo malgrado, nel mezzo di un regolamento di conti, Denis non può fare a meno di accorgersi che il futuro non può esistere finché continuerà a camminare nel bagnasciuga delle logiche omertose. Grazie all’amore per Marian, travolgente e passionale, Denis troverà la forza di ribellarsi alla cricca di “onesti” criminali che abitavano abusivamente la sua vita. E lo farà a modo suo: senza eroismi, tragedie o ripensamenti. Pura forza dell’istinto. Pura forza dell’amore.
“Marcello Di Noto s’ascrive volentieri alla nuova fortunata corrente “di genere” del cinema italiano e col suo esordio L’amore non si sa porta alla Festa del Cinema di Roma un’opera rispettosa di questi nuovi canoni e desiderosa allo stesso tempo di allargarli con un surplus di personalità registica.
Il primo lungometraggio del regista siciliano è un atipico pastiche che mischia sulla sua tavolozza diegetica i colori più riconoscibili del genere: il rosso del pulp, il giallo dell’investigazione, il nero del dramma senza speranza e il rosa dell’amor fou.
Nell’ora e mezza della sua durata L’amore non si sa rinuncia agli eccessi manieristici dei suoi colleghi scegliendo piuttosto di raccontare con calma e perfino compunzione – il sesso è spesso accennato ma senza le facili scappatoie del close-up voyeuristico – l’inusitata alleanza tra malavita e polizia per la cattura de “il killer del cellulare“, un individuo misterioso che a prima vista uccide chi vede guidare auto parlando contemporaneamente allo smartphone. In realtà questa traccia narrativa, dichiarata in apertura un po’ enfaticamente dal protagonista Denis (Antonio Folletto) in voice-off, è solo il pretesto per mettere in scena la storia delle persone che gravitano senza colpa ma con dolo attorno a questa strano giustiziere della strada. Di Noto infatti ischeletrisce una sceneggiatura veramente basica lasciando che siano i personaggi a dare pulsione muscolare alla vicenda. Così sono i rapporti tra di essi ed il contesto sottilmente malato del sottobosco criminale in cui agiscono ad occupare maggiormente e con più convinzione lo spazio diegetico. “È quando non succede niente che succede tutto” – esplica ad un certo punto la lucida Nina, a dimostrazione di questa volontà centrifuga. Questo parziale disinteresse verso gli obblighi narrativi poteva esser cavalcato con più libertà creativa ed invece le poche svolte di trama vengono eseguite cercando di attirarsi senza particolare guizzi le simpatie dello spettatore avvezzo a questi codici”. (Mario Turco per Sentieri Selvaggi, 22 ottobre 2020)
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