C’è qualcosa di antico, quasi primordiale nell’esperienza che regala Il profumo, non è un semplice romanzo, ma un’immersione in un mondo che non vediamo ma che ci domina, un mondo fatto di vapori, emanazioni, miasmi e fragranze che accompagnano ogni gesto umano. Suskind non racconta una storia ma la fa letteralmente assorbire e nel farlo, ci costringe a respirare anche ciò che avremmo preferito non sentire.

Fin dalle prime pagine, quando Jean Baptiste Grenouille viene alla luce tra il fetore del mercato del pesce di Parigi, capiamo che questo non è un personaggio come gli altri. Jean Baptiste è un uomo senza odore che, proprio per questo, è ossessionato da quello altrui. Non cerca amore o approvazione nel corso della sua vita, cerca solo essenze assolute e per ottenerle non guarda in faccia a nessuno.
La forza del romanzo sta nel farci entrare senza chiedere il permesso, nella sua logica distorta ma al tempo stesso solida. Suskind ci porta a seguire Grenouille come fossimo il suo stesso respiro: lento, chirurgico e implacabile. Lo vediamo attraversare una Francia del Settecento descritta con una precisione quasi crudele, un’epoca sporca e scomposta, in cui ogni cosa ha un odore forte e riconoscibile. Qui Grenouille si muove come un predatore silenzioso, alla ricerca di quella fragranza pura e definitiva che lo ossessiona fin dal primo incontro con una giovane ragazza dai capelli rossi. Quella scena, semplice e brutale, segna il punto di non ritorno, non c’è più innocenza possibile né per lui né per il lettore.
Non potevano sottrarsi al profumo, poiché il profumo era fratello del respiro.
Eppure Suskind non chiede mai di approvare Grenouille, chiede solo di capire, di osservare il mondo con il suo naso sovrumano e di ascoltare il modo in cui percepisce, costruisce e interpreta l’esistenza. È una prospettiva disturbante ma allo stesso tempo irresistibile, perché ci fa intuire quanto siamo prigionieri dei nostri sensi. Quanto spesso giudichiamo, scegliamo e desideriamo qualcosa, per un motivo che non sappiamo nemmeno spiegare.
Il romanzo procede come una scalata verso l’impossibile: la creazione del profumo perfetto. Più Grenouille si avvicina al suo obiettivo, più il mondo intorno a lui sembra impallidire, diventare secondario e quasi superfluo. Il suo è un dialogo invisibile con l’idea stessa di bellezza, un tentativo disperato e mostruoso di piegare l’umanità a un’estasi sensoriale totale e quando finalmente ci riesce, il risultato è così potente e simbolico che lascia un senso di vertigine. Non c’è gloria nella sua vittoria ma solo un vuoto enorme, una rivelazione amara su ciò che siamo disposti a credere e a venerare. Suskind affonda il coltello dove fa più male: nella fragilità delle masse, nella ricerca disperata di autenticità e nel bisogno di lasciarsi sedurre da qualcosa di irraggiungibile.
Voleva esternare ciò che aveva dentro di sé, nient’altro, il suo sé, che per lui valeva molto più di tutto quello che poteva offrire il mondo circostante.
Il profumo è un romanzo che resta addosso, non perché chiede al lettore di affezionarsi al protagonista, visto che sarebbe impossibile, ma perché chiede di guardare il mondo con una sincerità brutale. Ci ricorda che l’essere umano è fatto di contraddizioni, desideri purissimi e impulsi primitivi, bellezza assoluta e violenza senza nome. Questo libro parla di potere, di solitudine, di ossessione, ma soprattutto del bisogno disperato di lasciare una traccia. Un’essenza.
Le sue pagine hanno l’odore del genio e della follia e quando lo si chiude si ha la sensazione di aver attraversato una vera e propria esperienza sensoriale più che una semplice lettura.
Il profumo ha una forza di persuasione più convincente delle parole, dell’apparenza, del sentimento e della volontà. Non si può rifiutare la forza di persuasione del profumo, essa penetra in noi come l’aria che respiriamo penetra nei nostri polmoni, ci riempie, ci domina totalmente, non c’è modo di opporvisi.







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