L’agente Alex Murphy torna con il volto di Joel Kinnaman (che fu di Peter Weller nel 1987) per il remake dell’omonimo film girato da Paul Verhoeven. A dirigere la nuova versione in black di RoboCop è José Padilha, fan dell’originale e apprezzato per Tropa de Elite – Gli squadroni della morte (Orso d’oro al Festival di Berlino 2008).
Detroit 2029. La città è invasa dalla criminalità e dalla corruzione, mentre sul resto del globo la polizia automatizzata adempie con successo il proprio compito, in America l’opinione pubblica e politica è refrattaria all’uso di droni per la tutela dei cittadini. Il senatore Dreyfuss (Zach Grenier) è schierato apertamente contro la visione estremista di Raymond Sellars (Michael Keaton), presidente della multinazionale OmniCorp che ambisce a portare una massiccia difesa robotica anche negli Stati Uniti. Quando la strada degli androidi resta bloccata Sellars ha l’intuizione di integrare l’uomo con la macchina e realizzare il cyborg perfetto. Il poliziotto Alex Murphy rimasto vittima di un incidente sul lavoro diventa il soggetto ideale per la sperimentazione.
Nel debole, ma valido avvenirismo in cui ci porta Padilha RoboCop è il bilico tra la neuro scienza d’avanguardia a fin di bene (per opera dell’ingegnere Gary Oldman) e la mercificazione di controllo a fin d’introito (con a capo il subdolo Michael Keaton).
Al contrario del capitolo di Verhoeven che raccontava un futuro violento e spettacolarizzato con sangue e ferro, la realtà di questo remake punta la cinepresa sulla disumanizzazione e il profitto impietoso delle industrie. RoboCop è “l’uomo di latta” (così lo chiama Rick Mattox il militare che lo addestra): una volta collegato l’individuo al software si chiede di sopprimere qualsiasi forma di compassione e di paura, di azzerare le emozioni affinché rimanga in piedi il marketing. Murphy è prima di tutto una macchina per fare soldi, allontanato dalla famiglia e con l’illusione del libero arbitrio. Punto di vista da apprezzare nell’attualissima era tecnologica che il regista esalta tramite la visione super eroica del presentatore televisivo Samuel L. Jackson e ridimensiona attraverso il conflitto di interessi del dottore Oldman. La resa dei conti tra giusto e sbagliato va così oltre la legalità collettiva per arrivare allo scontro tra chi comanda e chi invece subisce. Un corto circuito esistenziale tra il metallo e la carne, tra la mente umana e il suo annullamento.
La ribellione e la ripresa della propria coscienza scatena l’azione qui ripulita da scene sanguinose e da eccessiva brutalità. Un buon cast in mezzo a una fantascienza interessante fino quando resta nell’ambientazione realistica d’avvio (lo scenario di Teheran), successivamente si ha la sensazione di partecipare a un videogame di ultimissima generazione (come la sequenza in cui RoboCop insorge nel deposito dei trafficanti o quando sul display compaiono i livelli emozionali del figlio). Spiegato (troppo) dallo show televisivo, tra un po’ di ironia e di verità, si approda ancora una volta al patriottismo americano.
<<Un robot non conosce il valore della vita umana, come potremmo consentirgli di porvi fine?>>
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Scheda film
Titolo: RoboCop
Regia: José Padilha
Sceneggiatura: Nick Schenk, James Vanderbilt, Joshua Zetumer
Cast: Joel Kinnaman, Gary Oldman, Michael Keaton, Abbie Cornish, Samuel L. Jackson, Jackie Earle Haley, Jay Baruchel,
Genere: fantascienza
Durata: 120’
Produzione: Strike Entertainment
Distribuzione: Warner Bros
Nazione: Usa
Uscita: 06/02/2014.
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