Dopo quattro anni di spettacoli e rodaggio dal vivo The Reggae Circus è pronto a diventare un album. Oggi 15 aprile esce The Reggae Circus, primo atto discografico del progetto musicalcircense omonimo, ideato e diretto da Adriano Bono già cantante dei Radici nel Cemento.
Un “concept album” che ruota intorno al “Circo più reggae del mondo” e ai suoi fantomatici personaggi: “Lo Sputafuoco”, “La Trapezista, “Il Clown”, “Il Freak”, “Minù”, “The Lions”.
Il sound è rigorosamente Reggae ma con incursioni anche in altri generi (balkan beats, hiphop, funk), al servizio di una scrittura autorale e immaginifica. Un disco non solo da ascoltare ma anche da comprendere con fantasia, attraverso le storie e le imprese che racconta. Un disco comunque, soprattutto e fortunatamente da ballare.
Un lavoro che rappresenta senz’altro un unicum nella storia del Reggae e che ben fissa sul supporto audio l’originalità, l’energia e la poesia dello spettacolo ‘live’ dal quale è nato.
Tracklist e commento ai brani:
1. Reggae Circus is comin’
E’ la sigla ufficiale del Reggae Circus, un brano in stile Roots Reggae dall’atmosfera molto poetica durante il quale, dal vivo, si tiene la parata dei trampolieri, i quali si lanciano in danze acrobatiche in mezzo al pubblico al ritmo ondeggiante del dub nel finale della canzone.
2. Gypsy Reggae
Una canzone in stile Reggae Balcanico ispirata a tutti gli zingari del Reggae, ossia a tutti quelli che, tra pubblico e musicisti, sono sempre pronti a partire e percorrere centinaia di kilometri per partecipare allle feste Reggae che si tengono in ogni angolo dello stivale. Con l’occasione si omaggia anche il popolo nomade che fin da sempre ha portato l’arte del circo in giro per il mondo. Il pezzo è anche legato a una campagna ‘sociale’ volta a combattere il pregiudizio nei confronti dei Rom. Attraverso la vendita di un EP contenente varie versioni della canzone remixate da alcuni tra i migliori DJ della scena Balkan europea si cercherà di raccogliere fondi che, in stretta collaborazione con l’associazione Arci Solidarietà Onlus saranno usati per regalare strumenti musicali e attrezzi circensi ai giovani Rom residenti nei campi nomadi della Capitale.
3. Burlesque
Un omaggio all’epoca in cui il Circo non era uno ‘spettacolo per grandi e piccini’, ai tempi in cui il carrozzone degli artisti itineranti portava lo scompiglio nelle cittadine della provincia che rispondevano a questa irruzione dello straordinario nelle loro vite fin troppo ordinarie lasciandosi andare all’entusiasmo più sfrenato e a gozzoviglie di ogni tipo. Erano i tempi in cui accanto al tendone del Circo vero e proprio c’era anche una tenda più piccola che ospitava le perfomances ironicamente audaci delle artiste di Burlesque, un genere molto più affine all’arte circense di quanto non si pensi.
4. Il Clown
In un album dedicato ai personaggi del Circo non si poteva certo omettere di dedicare una canzone a una delle figure simbolo di ogni spettacolo circense che si rispetti, il pagliaccio. La canzone è divisa in due parti, una solare ed allegra, ispirata a un pezzo di musica classica che da molti anni rappresenta l’inno di battaglia di questi grandi artisti che sono i clown (Enters of the gladiators, di Julius Fucik), l’altra invece, dal suono più malinconico, racconta l’altra faccia della medaglia, il triste destino di chi anche nelle situazini più serie non sa fare altro che il clown.
5. L’illusionista
Una canzone dedicata ad un altro dei personagi più affascinanti del Circo, il mago. In questo caso chi parla è un malinconico e solitario Illusionista, che dopo la fine del suo spettacolo vaga nel cuore della notte per le strade della città alla ricerca del ‘vero amore’, per poi finire, non trovandolo, tra le braccia della ragazza incontrata dietro il banco dell’ennesimo bar.
6. La Trapezista
Chi parla in questa canzone è uno spettatore, un abitué che tutte le sante sere acquista il biglietto e va al Circo perché perdutamente innamorato della bellissima Trapezista, naturalmente senza che lei sappia nulla di questa sua bruciante passione. Quando il Circo partirà, al timido spasimante non resterà che aspettare l’anno successivo per rivedere il suo amore segreto.
7. Il Fenomeno (intro)
Questa canzone durante lo spettacolo dal vivo viene usata soprattutto come sigla di apertura di una ‘rubrica’ dedicata ai ‘fenomeni’ locali, Quando il Reggae Circus arriva sul luogo dell’esibizione si premura sempre di farsi indicare dagli organizzatori qualche persona tra i locali che sappia fare un qualcosa di straordinario, e tale persona viene a un certo punto invitata sul palco per dare una dimostrazione della sua abilità, qualunqe essa sia, precededuta da questa sigla iniziale. Ne escono fuori alcuni tra i momenti più esilaranti della serata.
8. Il Freak
Chi parla in questa canzone è un autentico ‘freak’, uno ‘scherzo di natura’, una persona con qualche forma di peculiarità fisica, anche se non viene specificato esattamente in cosa consista la sua anomalia. Più che un tributo all’epoca in cui i veri freak attiravano torme di curiosi e diventavano fenomeni da baraccone, questa canzone vuole essere un invito ad amarsi per come si è e a respingere il pregiudizio contro qualsivoglia forma di ‘diversità’.
9. Il Fenomeno (outro)
La sigla di chiusura della rubrica dedicata ai ‘fenomeni’ locali di cui sopra.
10. Oh Minù Minù Minù
Una canzone d’amore vecchio stampo, come potrebbe piacere anche a nostra nonna, caratterizzata da un rocksteady molto swingato in stile anni ‘60. La sorpresa però arriva quando ci si rende conto che la canzone è dedicata a una puledra del Circo ed è cantata dall’addestratore perdutamente innamorato dell’animale.
11. Lo sputafuoco
Un artista del fuoco racconta la sua passione per l’arte della manipolazione della fiamma. Ma fuoridi metafora la canzone parla del ‘fuoco’ come metafora di energia, socialità e passione da contrapporre al ‘freddo’, alla solitudine e all’inerzia in cui molta gente si ritrova sprofondata per una ragione o per l’altra.
12. The Lions
Il disco si comclude con una piccola rassegna al microfono dei moltissimi amici del Reggae Circus sparsi in giro per l’Italia, tra cui i siciliani Shakalab, il napoletano Marcello Coleman (Almamegretta), i milanesi Junior Sprea e Gamba The Lenk, gli Aquilani Dabadub e i romani Kutso. Anche in questo caso i leoni fuggiti dalla gabbia del domatore diventano un simbolo di libertà, di ribellione e di autodeterminazione.
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