Le Sedie di Dio, produzione franco italiana di Les Films du Lemming, Caucaso e Aplysia, debutta al Milano Film Festival (4 -11 settembre), dove sarà in concorso nella sezione lungometraggi con tre proiezioni: domenica 7 settembre alle 11.00 presso lo Studio Melato, martedì 9 settembre alle 20.30 al prestigioso Teatro Strehler, venerdì 12 settembre alle 15.00 nello Spazio Oberdan. Nato nel 1995, alla sua 19^ edizione il Milano Film Festival è un appuntamento di prima importanza per il cinema di ricerca, uno spazio per i talenti indipendenti italiani e internazionali.
Le Sedie di Dio di Jérôme Walter Gueguen è concreto come l’oggetto quotidiano, le sedie che danno lo spunto di partenza, astratto come l’opera che attorno al suo tema lascia che s’intreccino i piani di lettura e di realtà. La sedia oggetto di produzione di massa, reso invisibile dalla sua onnipresenza, è il simbolo che Jérôme, regista e co-protagonista, porta al centro del suo documentario, che presto diventa un film sull’avventura di fare film, viaggio ideale ed effettivo fra i generi e il linguaggio cinematografico.
Dopo la visita a una vecchia fabbrica di arredi scolastici sull’orlo della bancarotta, il regista riesce a convincere il lunatico Enrico a sostenere economicamente la sua idea di film. Quando si rende evidente la necessità di una sceneggiatura, questa sarà affidata a un terzo personaggio, Simone, scrittore indebitato e disilluso che accetta senza particolare entusiasmo la proposta del produttore italiano. In equilibrio fra le vicissitudini della produzione, apparizioni oniriche e l’effettiva messa in scena della finzione filmica è l’attore chiamato a impersonare Ignazio, operario della Militina Industries e nome destinato a moltiplicarsi, divenendo a suo volta l’identificativo di una creazione in serie. A poco a poco, le riprese del film e la finzione stessa si mescolano fino a confondersi. Tra sogno e realtà i personaggi interpretano i propri ruoli mistificandoli, coprono le loro tracce sovrapponendole l’una all’altra. Una volta appassionati, un’altra impegnati o indecisi, irritanti o accattivanti, saranno comunque imprigionati dalle necessità materiali dell’industria cinematografica.
La Classe Operaia va in Paradiso è l’opera che Le Sedie di Dio cita in forma più diretta: dal richiamo al personaggio folle di Militina, agli inserti musicali, alla locandina che è una rilettura del pittore Yang Peng di quella francese del film di Petri, i riferimenti fanno parte dell’anima del film che, con ironia, tocca il mondo del lavoro e le sue dinamiche ormai compromesse. Ma in un film apparentemente in balia dell’improvvisazione dei suoi autori, trasportato dall’Italia alla Cina passando per Parigi, s’incontrano il mockumentary, i richiami a Moretti e Petri come al metacinema e alla serialità.
Film dal budget contenuto, Le Sedie di Dio è un’opera prima con una ricchezza e una professionalità espressiva che nasce dalla solidarietà fra artisti e da un incontro tra Francia e Italia che ha portato a un originale amalgama di energie creative.
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