Ci sono romanzi che non si limitano a raccontare una storia, ma spalancano una porta su stati d’animo spesso taciuti e ignorati come la solitudine, la fragilità e soprattutto l’invisibilità. Biscuit è uno di questi. Kim Sun Mi, ci conduce in un universo sospeso tra realtà e simbolo, dove i confini dell’anima diventano visibili e le ferite silenziose trovano voce.
Il suo potere non è un talento da supereroe ma una sensibilità che si porta dietro un costo: vedere ciò che gli altri non notano significa convivere costantemente con la sofferenza altrui. Non si tratta solo di empatia ma di una percezione cruda e diretta del dolore degli altri.
L’autrice invita il lettore a riflettere sul prezzo della gentilezza e sulla fatica che comporta essere davvero aperti al dolore del mondo.
La metafora del biscotto è semplice ma potente e sicuramente tutti almeno una volta nella vita ci siamo sentiti dei Biscuit. Tutti siamo fragili come biscotti, la vulnerabilità ci appartiene ed è proprio da essa che può nascere la possibilità di essere accolti.
Gli adulti invece possono cogliere le sfumature di una narrazione che riflette sul bisogno di essere riconosciuti e sull’importanza di restituire dignità a chi vive ai margini del nostro sguardo.

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