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Premio Adelio Ferrero 2025: “The Shrouds”: 1 posto sezione “recensioni”

Roberto Lasagna Notizie Nov 7th, 2025 0 Comment

Pubblichiamo la recensione di Emanuele Antolini di Valpolicella (Verona) per il film The Shrouds di David Cronenberg, primo classificato nella sezione “recensioni” del Premio Adelio Ferrero 2025.

Max, nel finale di Videodrome di David Cronenberg, si spara urlando: “Gloria e vita alla nuova carne!”. Il suicidio del protagonista rispondeva alla necessità di dare forma a un corpo in grado di convivere con una realtà dominata dagli schermi televisivi in cui, secondo le parole del professor O’Blivion: “La televisione è realtà, e la realtà è meno della televisione”. Quarant’anni dopo il nostro rapporto con le immagini è radicalmente cambiato. Ora non siamo più soggetti passivi di un blob domestico, ma abbiamo il potere di creare e controllare realtà online. Nuove identità, nuovi corpi e, perciò, nuovi desideri. La carne intesa in senso cristologico come testimonianza di una visione percettiva non è più abbastanza. Nel mondo di The Shrouds, il nuovo film del regista canadese, anche i corpi appartenenti alla terra sono digitalizzati con lo scopo di possederli. Grazie a una tecnologia chiamata Grave-Tech, Karsh (Vincent Cassel) ha ideato un cimitero dove le persone, tramite un’app, possono vedere il corpo sepolto di un proprio caro avvolto in uno speciale sudario. C’è la capacità, dunque, di penetrare in una realtà nuova, di scannerizzare un universo che, sempre più, assomiglia al suo simulacro riproducibile. Tutto questo nasce da un pensiero, o meglio, dalla visione ricorrente della moglie defunta Rebecca (Diane Kruger) – ogni riferimento hitchcockiano è lecito – che ritorna come un fantasma a tormentare il marito.

E non è di certo un caso che Karsh, dopo la scomparsa della moglie, non abbia più avuto rapporti sessuali fisici e che cerchi tramite la penetrazione – appunto – del corpo digitalizzato di Rebecca una sorta di bilanciamento amoroso. Karsh necessita di quelle immagini digitali post mortem perché è schiacciato da una scopofilia che non si accontenta della morte, ma ha il bisogno di andare oltre. Il protagonista, dunque, quelle immagini le crea, le inventa, le sogna. Forse, allora, The Shrouds non è altro che un lungo incubo di Karsh che, non a caso, nella sequenza iniziale sta sognando il corpo della moglie. È lacerante come David Cronenberg ragioni sull’elaborazione del lutto tramite la creazione di immagini sempre nuove, che possono perciò portare a un appagamento visivo. Ma che cosa fare se quelle immagini si rivelano false? Se la tecnologia è minata dall’intervento umano volto a modificare la nostra percezione della realtà? In un mondo dove ogni cosa può essere creata, a provocare l’eccitazione non è più il corpo – come già profetizzato nel 1996 in Crash (Karsh) – ma la costruzione verbale di supposizioni sul reale.

Il richiamo è al monito di Crimes of the Future: “It’s time to stop seeing (…) It’s time to listen”. Ne esce dunque un film che è un crocevia di punti di vista, visioni, complottismi volti a modellare, a seconda della propria sensibilità, la realtà che ci circonda. C’è sempre un altro punto di vista sulle cose, un’ambiguità, un’immagine doppia (Rebecca ha una sorella gemella/Dead Ringers) in grado di aprire porte verso l’ignoto. Proprio per questo The Shrouds è il film che si avvicina di più a Videodrome, in quanto mette in discussione la certezza ontologica di verità delle immagini minando il rapporto fiduciario che lo spettatore crede di avere con il regista. La riflessione di The Shrouds è pienamente ancorata al presente proprio per come è in grado di riflettere le ansie di una carne figlia di una sintassi binaria di cui ci cibiamo continuamente. Se in Videodrome, dunque, lo statuto riguardava la messa in discussione delle immagini televisive, in The Shrouds a venir meno è la capacità di decifrare gli avatar online, gli “alexa” che ci rispondono e che riflettono un’altra identità, forse ignota, o forse speculare a noi. Non resta, perciò, che lasciarsi abbandonare da questo vortice di stimolazione visiva continua con la certezza, unica, che arriverà la morte e avrà il nostro corpo. Reale o meno.

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Roberto Lasagna

Saggista e critico cinematografico, ha scritto numerosi libri, tra cui "Martin Scorsese" (Gremese, 1998), "America perduta. I film di Michael Cimino" (Falsopiano, 1998), "Lars Von Trier" (Gremese, 2003), "Walt Disney. Una storia del cinema" (Falsopiano, 2011), "Il mondo di Kubrick. Cinema, estetica, filosofia" (Mimesis, 2015), "2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick" (Gremese, 2018), "Anestesia di solitudini. Il Cinema di Yorgos Lanthimos" (Mimesis, 2019), "Nanni Moretti. Il cinema come cura" (Mimesis, 2021), "David Cronenberg. Estetica delle mutazioni" (con R. Salvagnini, M. Benvegnù, B. Pallavidino, Weirdbook, 2022), "Steven Spielberg. Tutto il grande cinema" (Weirdbook, 2022), "Ken Loach. Il cinema come lotta e testimonianza" (Falsopiano, 2024).

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