L’amicizia tra Cary Grant e Ingrid Bergman, che il set del film di Alfred Hitchcock Notorius – L’amante perduta (Notorius,1946) immortalò sul grande schermo, è alla base di Indiscreto (Indiscreet, 1958), commedia dallo sguardo disincantato e dalla sontuosità luminosa che il regista Stanley Donen, un maestro delle commedie musicali di Hollywood, autore di memorabili pagine di cinema quasi sempre assieme al ballerino, coreografo e regista Gene Kelly, realizza concentrando il suo lavoro sofisticato su una coppia di protagonisti i quali dominano la scena intrattenendo in un gioco di schermaglie amorose. Stanley Donen e Cary Grant riscoprono per il loro film la piece Kind Sir scritta da Norman Krasna che chiuse a Broadway dopo 166 repliche e la trasportano in una nuova ambientazione coinvolgendo il drammaturgo in fase di sceneggiatura. Cercano una formula che possa rinnovare la commedia sofisticata ravvivando una collaborazione iniziata l’anno prima con il film Baciala per me (Kiss Them for me, 1957). Nel suo cinema, Donen non trascura una vena malinconica per gli splendori del cinema e la ripercorrerà, coadiuvato da Cary Grant, in commedie d’impianto teatrale come Indiscreto ma anche L’erba del vicino è sempre più verde (The Grass is Greener, 1960) e nel giallo-rosa Sciarada (Charade, 1963).
La classe e il glamour dei due protagonisti Cary Grant e Ingrid Bergman sono gli assi portanti di Indiscreto, commedia degli equivoci che mette in mostra un fascinoso diplomatico americano separato ma non divorziato (questo è quanto va dicendo lui), uomo affascinante e ingannatore, e un’attrice londinese, donna emancipata rapita sentimentalmente e ricambiata, che da ingannata predispone le trame della vendetta rimanendo impigliata nei suoi stessi propositi.
Dai toni garbati e con accenti provocanti, la vicenda risplende grazie alla riscoperta di Ingrid Bergman in qualità di commediante appassionata e divertita, un ruolo che l’amico Cary Grant le propone dopo il ritorno in America dell’attrice a seguito della parentesi rosselliniana. Quando Bergman, travolta dallo scandalo per la sua relazione con Roberto Rossellini, si trovò a confrontarsi con le dure critiche inferte dal moralismo statunitense, fu l’amico Cary Grant a sostenerla, rimanendole vicino nei momenti critici. L’attore ritirò al suo posto l’Oscar per Anastasia (id., 1956) con cui Hollywood faceva ammenda e fu lui a volerla al suo fianco per Indiscreto, un film in cui sono le messinscene imbastite nella vita reale a condurre verso un parossismo che porterà allo svelamento delle verità. Ed è nella sua artificiosità teatrale e nella dimensione di “teatro da camera” che Indiscreto si permette di valorizzare l’intesa tra i due protagonisti, grazie a una concezione di trasparenza stilistica che assiste i due divi nel proposito di lasciar percepire il respiro dei sentimenti in scena, i palpiti emotivi di lei contrapposti ai sorrisi generosi e disarmanti di lui.
Mentre l’innamoramento divampa e lui confida di essere un uomo sposato, è presto evidente che entrambi stanno bene insieme, che ardono per quel primo bacio che avviene fuori campo, fuori dall’indiscrezione dei visitatori, sospirato e atteso sin dal silenzio sull’ascensore che dà avvio a una convivenza fatta di sintonie e di scelte registiche raffinate (ammiccante e raffinato lo schermo tagliato – split screen – con cui Grant e Bergman, ciascuno nel proprio letto, si ritrovano in un dialogo pieno di desiderio a colmare una distanza che diviene “indiscreta” vicinanza).
Con i suoi numerosi accenni alla Nato, il film è datato 1958 ma avrebbe potuto essere ambientato negli anni Trenta, gli anni d’oro della sophisticated comedy che ha in Grant ha un indiscusso paladino, mentre il suo garbo vola leggero sulle presunte polemiche “contro” o “pro” matrimonio, perché a Donen e a Grant interessa evidentemente altro, offrire i toni di una commedia sofisticata in cui l’origine teatrale si riversa nella bellezza del ritrovare in una dimensione di intimità, seppure nello splendore del Technicolor, due divi che abbiamo lasciato nel memorabile finale di Notorius, adesso in una commedia romantica che vuole essere un regalo allo spettatore il quale può chiedersi “dove eravamo rimasti”.
Bergman e Grant non sono più i protagonisti di una love story spionistica in cui l’abnegazione era il sottinteso e pericolosissimo pegno d’amore, ma sono due agiati alto-borghesi, l’attrice di grande successo Anna Kalman e l’esperto di finanza Philip Adams che ha ricevuto un’offerta dalla Nato, i quali si innamorano perdutamente, nonostante l’uomo si dichiari sposato e impossibilitato a divorziare. Entrambi non sono più giovanissimi e sono legati alle loro abitudini sociali. Lui viaggia di continuo in aereo, di giorno a Parigi, la sera a Londra, e quando passeggiano lungo il Tamigi sono accompagnati dalla scorta di una limousine con autista.
Una vita di sogno, in un certo senso, ribadita dall’apparizione di Philip in casa di Anna nell’incipit, quando lei, di ritorno da una breve vacanza con un deludente accompagnatore bello come una statua greca (ma che “parlava come una statua greca”), si sta struccando in compagnia della sorella e del cognato e si ritrova inaspettatamente al cospetto di questo uomo elegante e sorridente di cui avverte subito il magnetismo e che seguirà rimanendo estasiata perfino quando lui, puntiglioso economista, si prodigherà in un convegno per iniziati sulla valuta pregiata.
La commedia dei sentimenti è condotta da Stanley Donen contrappuntando l’aplomb ironico di Grant, il cui personaggio per non farsi trascinare in una relazione troppo coinvolgente si dice spostato, ai colori della passione che Bergman non nasconde e che trovano un rispecchiamento nel décor del film in cui le rose rosse e gialle connotano i sentimenti della passione e della gelosia.
La vocazione teatrale, così evidente nella scelta di ambientare la maggior parte dell’azione nell’abitazione di Anna, trova un gustoso sviluppo nella seconda parte del racconto, quando l’attrice innamorata, dopo aver scoperto che il suo prediletto non è davvero sposato, recita la parte della donna fedifraga nel tentativo di vendicarsi. Ma il gioco degli equivoci, alla fine, si arresta dinanzi al trionfo della verità del sentimento amoroso.
Con Indiscreto, Grant e Bergman si ritrovano in una delle punte della loro bravura. La loro intesa è talmente percepibile da regalare ai film i momenti migliori, quelli di una quotidianità amorosa in cui i volti di Anna e Philip si fronteggiano in sorrisi complici che non hanno bisogno di troppe parole. Donen, che in Indiscreto cuce a Grant un ruolo tutto sommato di contrappunto rispetto alla centralità della figura di Bergman, non dimentica il suo stile e offre all’attore anche il momento divertente di un balletto, mentre lo schema dell’uomo che si finge sposato verrà replicato in Sciarada, allorquando Grant ripeterà a Audrey Hepburn di essere sposato e in attesa di divorzio nelle molteplici identità assunte dal suo personaggio da Spy-story.
Con Indiscreto Cary Grant porta lo stile della leggerezza in un finale in cui il groviglio complicato si risolve con la comprensione e la delicatezza, proponendo pagine di intimità con due star a cui le voci italiane di Gualtiero de Angelis e Lidia Simioneschi restituiscono una nota di insindacabile empatia.
Dopo i fasti della sophisticated comedy americana, questa commedia dei tardi anni Cinquanta che racconta la tenzone amorosa tra due vite d’alto bordo e d’alta quota (Philip viaggia tra Parigi e Londra e non batte ciglio grazie al portamento dell’attore) è tra i vertici di un manierismo la cui espressività, tra le note malinconiche della prima parte e il parossismo degli accadimenti della seconda, trova nell’appeal dei due divi la garanzia di un coinvolgimento emotivo e di un attraversamento tra le rose rosse e gialle che puntellano la loro (e la nostra) esistenza. Si finisce per amare i personaggi, per gioire della loro futilità, qualcosa che poteva accadere grazie a due divi così affiatati, in grado di restituire il respiro di un’intesa che li rendeva fuori dal tempo. E il gioco dei fraintendimenti ottiene nel film i suoi momenti gustosi e le sue battute che, pur non avendo come obiettivo principale la polemica, prendono in giro il vincolo matrimoniale e divertono con dialoghi di qualità scintillante (Anna: “Come osa fare l’amore come senza essere spostato?”). Come ricorda Oreste De Fornari: “Oggi una storia simile sarebbe scritta in uno stile più realistico, più psicologico e lui sarebbe Jeremy Irons o Daniel Auteuil. Allora Donen ha adottato uno stile alla Lubitsch, eufemistico ma non troppo. Quando i due entrano nell’appartamento di lei e la porta si richiude alle loro spalle, la macchina da presa rimane fuori e arretra leggermente: abbiamo capito che passeranno la notte insieme[1]”.
[1] O. De Fornari, Indiscreto (Stanley Donen, 1958), “Film DOC”, settembre 2023.
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