Per decenni il Triangolo del Diavolo ha intrappolato gli spiriti di Armando Salazar (Javier Bardem) e del suo equipaggio. Riuscito a fuggire a bordo della sua nave fantasma, la Silent Mary, si mette sulle tracce del suo acerrimo nemico Jack Sparrow (Johnny Depp). Quest’ultimo, caduto in disgrazia nell’estenuante caccia al leggendario Tridente di Poseidone, sembra però essere solo lontano parente del mitico capitano della Perla Nera.
Che Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare abbia segnato il punto più basso delle avventure di Jack Sparrow è ormai fuor di dubbio. La Disney (e l’intero franchise) si sono infatti presi ben sei anni di pausa per ritornare, almeno nelle intenzioni, con produzioni all’altezza dei primi capitoli della saga. Benché fosse inevitabilmente difficile far peggio, con Pirati dei Caraibi: La vendetta di Salazar ci si accorge dell’opprimente incombenza di una vasta e ineludibile povertà di idee.
Si ritorna in mare e lo si fa con tanti nemici. L’unico veramente di spessore rimane però Armando Salazar che, sapientemente interpretato da Javier Bardem, si rivela essere un cattivo più che credibile e inaspettatamente profondo sia dal punto di vista psicologico che sotto un aspetto di caratterizzazione del personaggio stesso. La storia di Salazar e del suo oscuro passato sono senza dubbio la parte più interessante di una prima ora che scorre nella noia e nella banalità più assoluta. Malgrado la tanta voglia di spettacolarizzare e di puntare forte su effetti speciali e CGI, La vendetta di Salazar è un film fondamentalmente immobile, instradato su degli irritanti binari didascalici in cui tutto deve essere necessariamente e pedantemente spiegato.
Nel tentativo di risollevare le sorti del brand è l’influenza di casa Disney a farla da padrona. Il tripudio di politically correct, di semplicismo misto a fanservice che ne deriva altro non è che il risultato di una genesi confusa, frutto di un calderone troppe idee decisamente poco chiare. Henry e Carina, che nell’immaginario collettivo dovrebbero rappresentare una sorta di continuità della coppia Will-Elizabeth, sono solo dei (nemmeno troppo dotati) figuranti ridotti ad inscenare una patetica storia d’amore.
Con l’approdo alla seconda ora di pellicola i ritmi migliorano sensibilmente, eppure le scelte intraprese continuano a lasciar desiderare. Tra plot twist e colpi di scena così mal gestiti da non sembrare veri e un claudicante incedere verso un epilogo fine a se stesso, La vendetta di Salazar si risolve in una vuotezza di fondo che lascia esterrefatti. L’ombra di (almeno) un ulteriore seguito spalanca le porte a possibili riproposizioni di dinamiche viste e riviste.
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