Con L’insaziabile, Blakemore ci offre una lettura estrema, sospesa tra cronaca storica e riflessione allegorica, dove il corpo e i suoi eccessi diventano specchio di un’intera epoca.
L’autrice, già nota per le Streghe di Manningtree, questa volta sceglie la Francia rivoluzionaria come palcoscenico della sua storia, mettendo al centro un personaggio tanto reale quanto disturbante: Tarare, un uomo realmente esistito e famoso per la sua fame smisurata, capace di divorare quantità inimmaginabile di cibo e oggetti non commestibili.

Nonostante il protagonista sia realmente esistito non è un romanzo biografico, l’autrice plasma la vicenda con una scrittura carnale e poetica, trasformando così l’esistenza di Tarare in una parabola sulla natura del desiderio, sulla bestialità che abita il genere umano e sull’impossibilità di saziare le voragini interiori. L’ossessione alimentare che a un primo sguardo potrebbe sembrare mero fenomeno da baraccone, diventa chiave di accesso a un mondo in cui la fame è sia politica che sociale.
Tarare, nato in un corpo segnato dall’anomalia, è condannato a esistere al di fuori della norma, oggetto di repulsione e fascinazione. La fame è la sua identità, il suo destino e allo stesso tempo la sua prigione.
Blakemore restituisce questo conflitto con una prosa che non indulge mai nel sensazionalismo ma neppure lo attenua: al lettore viene chiesto di affrontare la crudezza dei dettagli e di avvicinarsi all’osceno senza protezioni.
L’autrice esplora il tema del corpo come luogo di potere e dominio. Tarare è studiato dai medici, sfruttato dai padroni ed esibito come fenomeno da baraccone. Il suo stomaco diventa terreno di sperimentazione e spettacolo, un laboratorio vivente di eccessi. In questo senso questo libro si colloca nella tradizione letteraria che riflette sulla disumanizzazione.
Uno degli aspetti più affascinanti del romanzo è l’intreccio tra la vicenda personale di Tarare e il contesto storico della Rivoluzione francese. Non è casuale che la vita di un uomo divorato dalla fame si svolga sullo sfondo di un popolo che insorge proprio contro la fame, la miseria e le ingiustizie. Il romanzo ci restituisce così l’immagine di una società affamata non solo di pane ma di giustizia, libertà e sangue. Tarare diventa il simbolo di un0epoca che divora se stessa pur di non rinascere.
La scrittura della Blakemore è dura e visionaria, un incrocio tra il barocco letterario e la sensibilità contemporanea per il dettaglio perturbante, alterna passaggi lirici a descrizioni brutali in cui il corpo viene osservato senza filtri. Ciò che colpisce è la capacità di rendere qualcosa come i rifiuti e la decomposizione, un oggetto di alta letteratura, costringendo così il lettore a restare dentro questa esperienza sensoriale facendolo oscillare tra il disgusto e la compassione.
L’insaziabile non è un libro per tutti, richiede una grande forza d’animo e uno stomaco forte oltre che la disponibilità ad affrontare temi che raramente trovano spazio nella narrativa contemporanea. Blakemore ci ricorda che la letteratura non serve solo a consolare o intrattenere, ma anche a mostrare ciò che si tende a rimuovere o a non voler vedere.
La figura di Tarare, pur nella sua marginalità diventa specchio dell’umano universale: siamo tutti creature divorate dal desiderio che non trova pace, sia esso cibo, amore o potere. La sua tragedia ci parla della nostra stessa condizione, della tensione tra l’anelito alla trascendenza e la realtà ineluttabile della carne. Questo resta quindi un romanzo che scava nel cuore nero dell’essere umano rivelando come la fame in tutte le sue forme, sia il motore che spinge plasma e infine consuma l’uomo.
L’insaziabile è quindi sì una lettura disturbante ma proprio per questo necessario, perchè ci ricorda che non siamo altro che esseri affamati fatti di carne e sangue e sempre in bilico tra il bisogno di nutrirci e la paura di essere divorati.





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