Con il loro sesto album chiamato “The 2nd Law”, i Muse, rock band conosciuta per i loro brani eclettici come “Uprising” o “Neutron Star Collision”, tornano nuovamente sulla cresta dell’onda. Con un titolo così particolare, che a quanto spiegato dal cantante Matthew Bellamy richiama la Seconda Legge della Termodinamica protagonisca in questo periodo di crisi e uso spropositato delle risorse naturali, non potevano non far parlare ancora una volta di loro.
Ma analizziamo meglio questo album! La tracklist è composta da 13 canzoni per un totale di 53 minuti e 35 secondi dove si sugguono post rock, space rock, grunge e musica classica:
- Supremacy
- Madness
- Panic Station
- Survival (Prelude)
- Survival
- Follow Me
- Animals
- Explorers
- Big Freeze
- Save Me – 5:09 (Chris Wolstenholme)
- Liquid State – 3:03 (Chris Wolstenholme)
- The 2nd Law: Unsustainable
- The 2nd Law: Isolated System
Si inizia con “Supremacy“, un po’ piatta forse per essere una canzone dei Muse ma ancora una volta spicca la voce particolare di Matt Bellamy forse migliorata dopo aver preso svariate lezioni di canto. Si prosegue con “Madness”, primo singolo uscito per presentare “The 2nd Law”: ricorda un po’ il sound degli U2 che secondo me avrà un grande potenziale in versione live. Per il momentole prime due tracce lasciano dei dubbi e si proseguirà in questo modo per gran parte dell’album. Con “Panic Station” ci immergiamo nei gloriosi anni 80! Ascoltando questo brano possiamo solo immaginare la band divertirsi ballando in stile dance music con parruccone e zeppe. “Survival”, brano conosciuto molto bene per essere stato l’inno delle passate Olimpiadi, ha una buona corposità di suono ed è molto ritmica. Ricorda molto qualche canzone dei Queen e sinceramente non so se hanno fatto bene a tranne “spunto” da una band di questo calibro.
Da “Follow Me” l’album prende una strada diversa. Si riconosce di nuovo lo stile dei Muse, ovvero grande impatto all’inizio, chorus di livello medio-alto e finale discendente. Parlando di “Follow Me” devo ammettere che è stata un ottima idea mettere come sottofondo il battito cardiaco del figlio di Matthew Bellamy accompagnandolo da una melodia e da un testo difficile da dimenticare. Si passa poi ad “Animal” dove si nota una somiglianza con il brano dei Radiohead “InRainbows” ma di grand lunga migliore delle precendi tracce. “Explorers” è intensa e davvero un’ottima prova e live, a mio avviso, sarà un brano perfetto per vivere il lato dei Muse maggiormente coinvolgente. Altro ritorno al passato con “Big Freeze”, “Save Me” e “Liquid State” dove in quest’ultimi ultimi due vediamo una prova canora di Chris Wolsthenholme. L’album, infine, si conclude con “Isolated System” dove la traccia sembra una vera e propria colonna sonora di un film, di una scena particolarmente intensa e importante, in un crescendo che alla fine si spezza facendo si che l’ascoltatore cada da un dirupo con uno scossone inaspettato.
Cosa poter dire di questo album? Per alcune tracce meriterebbe una votazione molto alta anche se ho notato che il disco è molto sconfusionato: gli manca il filo conduttore per unire tutte le canzoni così diverse tra loro.
I Muse sanno fare dischi da Oscar, basta citare Origin of Symmetry ma è anche vero che l’evoluzione di un gruppo è inevitabile. Sperare o meglio desiderare che il trio sia quello degli inizi è una vana illusione. Di certo ci troviamo davanti ad una delle migliori band al mondo, da cui ci si aspetta sicuramente di più…
Lascia un commento